Speciale All Is Lost: sopravvivere in mare

Breve excursus tra i film dedicati alle disavventure marine

Speciale All Is Lost: sopravvivere in mare
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Il mare è una delle cose più meravigliose che l'uomo possa vedere, nel corso della sua esistenza.
Il mare è la culla della vita, ma al contempo può smettere di essere placido e rigoglioso e portare morte e distruzione. Oltretutto, è incredibile pensare che l'uomo è arrivato sulla Luna e sta esplorando il cosmo ma non è ancora riuscito ad esplorare i fondali marini più profondi.
Della forza e del mistero del mare e degli oceani si è spesso nutrita la letteratura e, di riflesso, il cinema, che ha visto avvicendarsi sullo schermo innumerevoli storie, spesso tragiche o comunque avventurose, ambientate in alto mare.
L'ultimo film di questo genere a vedere la sala è il nuovo lavoro del regista J.C. Chandor, All is Lost - Tutto è perduto, un thriller che si svolge, per l'appunto, in mare aperto, in cui un uomo disperso nell'oceano a seguito del naufragio della sua barca a vela dovrà lottare e contare sulle sue sole forze per sopravvivere. L'attore premio Oscar Robert Redford è il protagonista assoluto di questa incredibile disavventura, da ieri nei cinema italiani. Vi abbiamo già proposto la nostra recensione e la nostra esclusiva video-intervista al regista, ma oggi vogliamo intraprendere un piccolo excursus nel genere dei sea survival movies, alla ricerca delle origini e dello sviluppo della tematica al cinema.

Da dove partire? Ma dal fondo degli abissi, naturalmente! 20.000 leghe sotto i mari, il classico di Jules Verne che è stato più volte portato al cinema, fin dagli albori della Settima Arte. A quanto pare il primo a filmare le avventure del Nautilus e del Capitano Nemo fu Wallace McCutcheon già nel 1905, seguito dal padre del cinema d'avventura, Georges Méliès, due anni più tardi. Ma si trattava in entrambi i casi di due corti di meno di venti minuti: per il primo vero e proprio lungometraggio bisognerà attendere, dieci anni dopo, Stuart Paton, seguito poi da tanti epigoni, tra cui la celebre versione Disney del '54 ad opera di Richard Fleischer.
E parlando di abissi cinematografici è naturale parlare di Abyss (The Abyss), uno dei grandi classici di James Cameron, uscito nel 1989 dopo una produzione lunga, faticosa e assai dispendiosa. Nel film, che vede protagonisti Ed Harris, Mary Elizabeth Mastrantonio e Michael Biehn, si parla del tentativo di recupero lampo, da parte dell'esercito statunitense, di un “oggetto natante non identificato” incrociato da un sottomarino americano. Una missione delicatissima che un commando di Navy SEAL dovrà portare a termine in condizioni proibitive.

E sempre Cameron regalerà al suo pubblico uno dei più grandi successi della storia del cinema di tutti i tempi: quel Titanic uscito nel '97 e vincitore di 11 premi Oscar che ha portato Leonardo DiCaprio al suo primo, vero successo internazionale. La storia, ispirata al disastroso evento accorso nel 1912, vede intrecciarsi la tragedia e la storia d'amore, portando Cameron per l'ennesima volta (e definitivamente) nell'Olimpo dei registi più importanti di Hollywood. Certo, non si trattava del primo film sulla tragedia (anzi, il primo uscì a poca distanza dall'avvenimento!) e di certo non sarà l'ultimo, ma è sicuramente quello che è rimasto più impresso nella memoria collettiva.
Ma parlando di grandi navi alla deriva viene alla mente anche Poseidon di Wolfgang Petersen, che nel 2006 si presenta come il remake de L'avventura del Poseidon, del 1972, che era stato adattato anche l'anno precedente in un'altra pellicola da John Putch, sempre a partire dagli scritti di Paul Gallico.
Del resto, trattasi di un argomento molto trattato dal cinema di genere: in La settima onda (conosciuto in USA come Seven Waves Away, Abandon Ship! e Seven Days From Now), del 1957, Tyrone Power si ritrova non solo disperso nell'Oceano insieme a pochi sopravvissuti dal naufragio di una nave: deve anche decidere, in maniera spietatamente pratica, chi ha più possibilità di farcela e aiutare il gruppo a sopravvivere e chi, invece, è solo una bocca in più da sfamare a bordo dell'affollatissima scialuppa di salvataggio. Temi drammatici esacerbati dalla lotta per la sopravvivenza e dall'egoismo insiti nell'essere umano: un esempio di diffidenza e scelte difficili che ritroviamo anche in un classico di Alfred Hitchcock del '44: Prigionieri dell'oceano (Lifeboat), nel quale un transatlantico americano affonda e i pochi superstiti devono cercare di far rotta verso la terraferma, tra sospetti e diffidenza, nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale.

Quanti naufraghi ha visto il cinema, d'altronde? Storicamente, il più famoso è Robinson Crusoe, il personaggio nato dalla penna di Daniel Dafoe e portato su celluloide, per la prima volta, da Méliès nel 1902, per poi tornare tante e tante volte, tra cui una grazie al grande Luis Buñuel, nel 1952. Nel 2012 è uscito Vita di Pi, diretto da Ang Lee sulla base del romanzo omonimo di Yann Martel. Pi sopravvive miracolosamente a un naufragio solo per ritrovarsi, in “compagnia” di una tigre, a vagare in mezzo all'oceano su una scialuppa, vivendo un'incredibile avventura che poi sarà solito narrare molti anni dopo.
A differenza del film di Lee, realizzato con gran dispendio di risorse, sono diversi i film avventurosi ad ambientazione marina girati a basso costo: Open Water (2003) ad esempio, scritto e diretto dal regista Chris Kentis sulla base di fatti realmente accaduti, nel quale si racconta di una coppia di sub che perde il suo appuntamento con la loro nave di appartenenza, ritrovandosi non solo sperduti e da soli in mezzo all'oceano, ma in balia della pericolosa fauna ittica locale.
In proposito di naufragi e avventure ittiche impossibile non citare Tom Hanks, che di disavventure in mare aperto, perlomeno cinematografiche, è oramai un esperto: in Forrest Gump (1994) è celebre la scena della tempesta: tempesta che tornerà protagonista in Cast Away (2000), dove ritroveremo Hanks, per l'appunto, nei panni di un naufrago. E i guai marini, per Hanks, non finisco qui: giusto nel 2013 esce Captain Phillips - Attacco in mare aperto.

Arriviamo dunque a storie di pescatori e gente di mare in balia dello stesso: e qui torniamo a parlare di Wolfgang Petersen, che sei anni prima di Poseidon realizza La tempesta Perfetta, con protagonista George Clooney, a capo di un peschereccio che finisce al centro di una devastante turbolenza. Poco conosciuto al vasto pubblico ma grandemente apprezzato dalla critica, The Deep (Djúpið) film del 2012 diretto da Baltasar Kormákur, che racconta la storia vera e “leggendaria” di un normalissimo pescatore, unico sopravvissuto di un disastro navale nelle gelide acque dell'isola di Vestman, che riuscì a cavarsela anche se in condizioni disperate.
E parlando di pescatori la mente vola subito anche a Moby Dick, il romanzo di Herman Melville adattato più volte al cinema (la prima nel 1930 da Lloyd Bacon). Inoltre, dalle balene possiamo fare un abbinamento mentale non troppo azzardato passando a Lo squalo (1975), un grande classico della filmografia giovanile di Steven Spielberg.
Le insidie al comando di una nave e nell'ambiente acquatico, comunque, si prestano alle più svariate ambientazioni: da quelle fantasy delle saghe di Pirati dei Caraibi e Le Cronache di Narnia a quelle fantascientifiche del Waterworld (1995) di Kevin reynolds e Kevin Costner, passando per il verosimile Master & Commander - Sfida ai confini del mare (2003) di Peter Weir.
Il mare, quindi, come veicolo di vita e di morte, di disperazione e salvezza: possiamo notarlo, ad esempio, nel catastrofico 2012 di Roland Emmerich, uscito nel 2009 sulla scia delle catastrofiche profezie sulla fine del mondo, nel quale una piccola parte dell'umanità si salva dell'estinzione grazie ad un'arca ipertecnologica. Arca evidentemente ispirata a quella biblica di Noè, che è stata protagonista di diversi film, ultimo dei quali il prossimo di Darren Aronofsky, con protagonista Russell Crowe, Noah.

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