50 Sfumature di Nero: il vero masochista è lo spettatore

Anastasia Steele e Christian Grey e le patiche sadomaso? Nemmeno per idea. La vera perversione sta nel recarsi al cinema a vedere il film

50 Sfumature di Nero: il vero masochista è lo spettatore
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Sono in tanti che ormai da due anni attendono l'arrivo nelle sale di 50 Sfumature di Nero e finalmente (?) il secondo atto cinematografico della trilogia hot che ha stregato il mondo è nelle sale. Parlare male di questo lungometraggio sembra quasi obbligatorio per chi di critica ci vive, ma dovete fidarvi se vi dico che in questo momento io sono la vostra migliore amica, e non un'amica intellettuale e snob bensì un'amica che per gaudio i libri dell'ormai famosissima scrittrice britannica li ha letti tutti, apprezzandone con stima la furbizia stilistica. La stessa amica che al cinema a vedere 50 Sfumature di Grigio ci è andata senza preconcetti. E ha anche riso molto, tanto che ha voluto bissare l'esperienza recandosi a vedere anche il sequel, pur sapendo cosa l'avrebbe aspettata una volta varcato l'ingresso della sala. Perchè del tanto sbandierato sadomasochismo presente in 50 Sfumature di Nero non vi è traccia o quasi. La vera perversione allora è quella dello spettatore, un voyeur alle prese col proprio guilty pleasure.


Un se(x)quel svogliato

Sono tre fondamentalmente i motivi per i quali il libero arbitrio porta una persona a voler investire i soldi in un biglietto del cinema e due ore del suo tempo in un'opera squisitamente mainstream come 50 Sfumature: la curiosità para-sessuale, la voglia di leggerezza e l'innata passione per le favole (torbide) che, crescendo, può virare - anche - verso un sano voyeurismo. Ma se 50 Sfumature di Grigio pur non essendo di certo da annoverare tra i capolavori erotici della settima arte è comunque un film mediamente godibile, il suo seguito è davvero un'opera svogliata che ha tutti i difetti propri di quelle produzioni consapevoli che qualunque cosa propineranno al pubblico saranno comunque incassi cospicui e certi. Ed è questo forse il motivo più fastidioso per il quale 50 Sfumature di Nero non è un film che va premiato. Anzi - va decisamente sconsigliato. E ancor di più va sconsigliato il voler insistere su una saga così insulsa.

Un po' (poco) porno

Considerare le donne esseri emancipati vuol dire mettere in conto che una ragazza può anche scientemente scegliere di intraprendere una relazione con un uomo bello e ricco e decidere - se le va e se la sua sessualità risponde a certi stimoli - anche di essere trattata da lui come un oggetto, come una "schiava". È questo il motivo per il quale Anastasia è una figura per nulla anti-femminista, e non sarà certo la sua subordinazione nei confronti dell'omuncolo alfa Christian Grey ad essere annoverata tra i (miei) motivi per non guardare il film. Detto ciò però posso tranquillamente inserire tra le ragioni per i quali 50 Sfumature di Nero non è il film che vi aspettate di vedere il fatto che, nonostante le pressanti premesse, la pellicola non è affatto erotica. Dimenticatevi infatti di ritrovarvi davanti alle acrobazie del primo lungometraggio, dimenticatevi le scene di sesso, quello intenso e privo di limiti e di ragione, in questo secondo capitolo ce n'è davvero poco e l'empatia tra Jamie Dornan e Dakota Johnson è solo un lontano ricordo risvegliato da qualche sculacciata stanca e da una buona dose di cunilingus che, a intervalli regolari, risvegliano gli spettatori e lo sguardo spento della Johnson i cui seni - insieme al sodo lato B del suo partner - sono i veri protagonisti di ogni amplesso "alla vaniglia" di tutto il film.

La trama, questa sconosciuta

50 Sfumature di Grigio si era concluso con la temporanea fine della relazione tra Christian e Anastasia e il suo sequel si apre con un Ana in carriera che, tempo qualche minuto, ricade tra le braccia del suo sadico amore. Per tutte le due ore della pellicola la ragazza entra in continue crisi, complici un paio di donne che non si esimono dal ricordarle che lei non è in grado di dare a Grey quello di cui ha bisogno. Ma da brava figlia della generazione Candy Candy cede ogni volta davanti al suo miliardario, che con tanto di faccia da cane bastonato si gioca sempre al momento giusto la carta dell'"ei fu" un povero orfano. Il film è una lentissima sequela di tira e (quasi) molla lentissimi che danno vita a una trama inesistente e priva di qualsiasi forma di pathos. Una storia (lunga 118 minuti!) che si sarebbe potuta risolvere in poco più di un quarto d'ora, magari come incipit di 50 Sfumature di Rosso la cui trama potrebbe riservare qualche piacevole sorpresa. O almeno così ci piace credere, perché forse adoriamo auto-infliggerci punizioni corporali solo per poterci poi lamentare.


Una ridicola svolta thriller

Senza entrare troppo nei particolari per non rovinare la sorpresa a chi - testardo - deciderà di andare a vedere 50 Sfumature di Nero, va detto che il film prova a tingersi di thriller attraverso un paio di momenti drammatici (che si risolvono in pochi secondi) e la presenza di un villain. Il tentativo però, apprezzabile sullo schermo ma ben più solido nel libro della James, è gestito con fretta tanto che invece di dare, toglie anche quel labile barlume di credibilità a una pellicola che di apprezzabile ha solo la fotografia e altro non è che la patinata istantanea della noia.

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