Rubrica Lady Gaga's Trilogy

Lord Maxwell ci parla della sola, vera trilogia dei nostri giorni.

Rubrica Lady Gaga's Trilogy
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You've got style, that's all the girl say. Così cantava (o meglio ululava in una scala musicale solo vagamente riconducibile a quella che tutti conosciamo) una cotonatissima Madonna a metà degli anni 80. Bene, è meglio che vi dimentichiate di tutto questo. Siamo nell'era post-Sex and the City. Patricia Field, stylist delle 4 newyorkesi più amate di tutti i tempi, ha inferto il colpo di grazia ad ogni concetto di stile facendo incedere Carrie, scricchiolante d'artrosi, in puro stile Moira Orfei nell'ultima locandina di Sex and the city. Fate un ulteriore piccolo sforzo e ora scordatevi che esista una sia pur remota connessione tra glamour e buon gusto. Lo sa bene Lady Gaga (al secolo Stefani Germanotta), l'ultima icona glamour. Sin dal suo debutto nell'empireo del puttan-pop miss Germanotta ha saputo cavalcare l'onda del kitsch più delirante incatenandoci ad un inferno di tulle, nude look e capi unici degni della collezione Derelict di Mugatu, indimenticato couturier di Zoolander. Ha anche voluto che il tutto fosse immortalato dall'obiettivo più raffinato del terzo millennio, quello di David LaChapelle, fotografo e regista di capolavori del minimalismo come Milkshake di Kelis (non ve lo ricordate? Ma come, quel videoclip in cui i frullatori del titolo alludevano, con delicatissimi sottintesi, ad un'eiaculazione). Anche se a noi piace ricordarlo soprattutto come autore del patinato calendario di Valeria Marini, un fondativo mix di volgarità yankee e pecoreccio nostrano che avrebbe sicuramente deliziato Gaga. La quale, dopo essere stata fotografata dal guru LaChapelle, ha collaborato con più o meno tutto il Gotha della moda e della fotografia (da Francesco Vezzoli ad Alexander McQueen) fino ad approdare al sodalizio con Jonas Åkerlund (suo il clip di Ray of light di Madonna), autore dei primi due pannelli (Paparazzi e Telephone) di una trilogia (e figurati se dopo il Signore degli anelli e Guerre stellari non si sentiva il quintessenziale bisogno di una trilogia pop) che ancora non si è capito se abbia trovato la sua conclusione in Alejandro (firmato però da Steven Klein) o sia ancora sospesa in un to be continued.

Lord Maxwell è tra noi.

Non sappiamo esattamente chi si nasconda dietro il taffetà, le piume di struzzo e il trucco alla Gloria Swanson di Lord Maxwell. Tutto quello che possiamo fare è lasciarvi alla lettura di questa nuova rubrica curata dalla penna cinica e glitterata del suddetto Lord. Questa volta, il signore del salotto di Everyeye ci parla di quella che, secondo lui, è l'unica trilogia degna di essere analizzata dalla sua penna glam-pop.

Paparazzi

La trilogia si apre con Paparazzi la cui trama vede la nostra eroina vendicarsi del fidanzato Alexander Skarsgård (sì proprio l'Eric di True blood, ma per le ragazzine ormai, si sa, tira più un canino che un carro di buoi) somministrandogli, da novella Caterina de' Medici, del veleno, dopo essere stata defenestrata dal suddetto, bramoso di celebrità. Ma chi se ne frega della trama!! In questo delirio kitch in cui si parla persino svedese, l'importante è l'orgia. Che sia di immagini o di corpi poco importa. Tanto a Lady Gaga interessa solo take a ride on your disco stick. E allora giù smanazzamenti con efebi androgini, neanche fossimo ad un raduno emo, di quelli, per intenderci, in cui tra un "quanto sto male"e un "la vita fa schifo" si è già arrivati in terza base. E tra una pomiciata ora a lui ora a lei (sempre attenti a non impigliarsi nel naso pre-restyling di Stefani) c'è sempre tempo per un balletto: qui Gaga dà davvero il meglio di sé producendosi in una coreografia non immemore di Ballo Ballo della Carrà con tanto di scossa platinata nel momento culminante. Il tutto naturalmente condito da inserti noir e haute couture, a cominciare dalla patinata fotografia per finire con i corpi esanimi delle modelle-domestiche sparse per la villa neocoloniale che fa da scenografia all'orgia. Questo è un pastiche ragazzi! Già perché il vero genio di Lady Gaga rifulge nel crossover tamarro, nell'amalgama sfacciato di glamour e porno, un po' come se Anne Wintur organizzasse un tè danzante nella mansion di Hugh Heffner.

Telephone

Per soddisfare la curiosità di chi si fosse interrogato sul destino della nostra eroina alle prese con la perdita della saponetta nelle docce del carcere, il duo Åkerlund -Germanotta, arruolando anche miss Beyoncè Knowless per l'occasione, gira il seguito di Paparazzi, Telephone. E lo stile cambia sensibilmente. E con esso il naso di Stefani. Sempre comunque più simile al profilo di Federico da Montefeltro che a quello di Audrey Hepburn, il viso di Gaga si assottiglia per permetterle di interpretare la classica (very, very) bad girl di un film di Tarantino. Ma anche in questo caso Tarantino non è il solo cui strizza l'occhio (proprio come fa la protagonista in direzione delle lesbo-guardie giurate) il dinamico duo: in mezzo ci sono i cartoon, Russ Meyer, Thelma e Louise e tanti altri esempi della cultura underground made in Usa (anche se c'è più di un sospetto di Tomas Milian). Ah, e poi naturalmente l'orgia. Impagabile la slinguazzata di Stefani con la detenuta durante l'ora d'aria, mentre le altre signore (?) del carcere si mettono in fila perché, si capisce, la nostra eroina non risparmierebbe nessuna se non fosse richiamata dall'altoparlante per andare a rispondere all'odioso telephone. Che poi sarebbe anche il titolo della canzone. Ma chi se ne frega della canzone, quando si può scorrazzare nella pussywagon con la versione nigga di Betty Page per compiere stragi gastronomiche (la versione cooking mama di Miss Gaga è veramente priceless) in un qualunque fast food in mezzo ad un non meglio precisato deserto! Poi arriva il frame capolavoro. Chiunque negli anni novanta abbia sognato di attraversare il deserto in completo e cappelliera leopardati dando 2 di picche a destra e a manca a tutti i lunatici profittatori del Colorado sulle note di That don't impress me much, troverà finalmente coronato il suo sobrio sogno di gloria. Eccole: le veline del Texas intabarrate in chiffon vicino al wagon fuori uso. Questa è classe ragazzi!!!

Alejandro

Di fronte a tanta munificenza era francamente impossibile fare di meglio. Infatti...arriva Alejandro. L'incauta Germanotta arruola Steven Klein, tanto artista per carità, ma che ammanta di noia l'ultimo clip della nostra eroina. Quello che nei sogni più proibiti del fan sarebbe potuto essere un sublime mix tra il disastro turistico di Pedro, pedro, pedro pè sicuramente il meglio di santa fè e la fuga lasciva in una Isla Bonita, diventa un superglamour prodotto surgelato che, chissà, farà tanto arte contemporanea, ma produce gli unici sussulti quando Stefani torna a vestire gli abituali abiti camp e decide di assomigliare a Ornella Muti in quel capolavoro del cinema d'essay che è Flash Gordon. Il resto fa molto Klein e niente Gaga. Una Spagna anticonformista e sadomaso, un occhio a Madonna e l'altro alla Madonna (decidete voi chi delle due sia la divinità). Il risultato in ultima analisi cita troppo da vicino la videografia di Miss Ciccone (da Take a Bow ai lavori con Klein) per essere davvero un prodotto originale. E la canzone. Chi se ne frega della canzone? Già magari...Il fatto è che Alejandro, già francamente noiosa in versione originale, viene dilatata troppo per l'umana sopportazione e contribuisce a mettere a dura prova la pazienza dell'ascoltatore.

Gossip Lord Speriamo solo che Lady Gaga non finisca per diventare l’ennesima epigona di Miss Ciccone, la quale è diventata una sorta di Crono del puttan-pop, pronta a fagocitare chiunque abbia generato il suo corpo ormai divenuto OGM. Allora la domanda sorge perentoria: You’ve got style, Stefani? La risposta nel mese di febbraio. Del calendario di Valeria Marini by LaChapelle.