Everycult: Strange Days di Kathryn Bigelow

L'Everycult della settimana è dedicato a Strange Days, thriller fantascientifico del 1995 scritto da James Cameron e diretto da Kathryn Bigelow.

Everycult: Strange Days di Kathryn Bigelow
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Era il 7 marzo 2010, il giorno prima della festa della donna, quando l'Academy Awards consegnò a Kathryn Bigelow la statuetta per la miglior regia. In oltre cento anni di storia quella era la prima volta che il tanto ambito Oscar veniva alzato da una regista donna e l'onore fu doppio, perché spettò alla filmmaker che aveva esordito nel 1987 con un film di vampiri a basso budget (Il Buio Si Avvicina, con Adrian Pasdar e Jenny Wright, recuperatelo perché perderselo sarebbe un vero peccato): la svolta fu epocale.
La Bigelow quell'anno fece piazza pulita, con il suo The Hurt Locker che finì con l'aggiudicarsi anche la statuetta per il miglior film dell'anno, battendo la concorrenza di opere forse anche migliori che fra molti anni saranno ricordate ben più vividamente rispetto al dramma bellico con Jeremy Renner: nella lista di nominati, che per la prima volta fu allungata da cinque a un massimo di dieci a causa della clamorosa snobbatura riservata l'anno precedente a Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan, comparivano infatti titoli come A Serious Man dei fratelli Coen, District 9 di Neill Blomkamp, Bastardi Senza Gloria di Quentin Tarantino e Avatar di James Cameron, film ancora oggi insuperato a livello di realizzazione tecnica che avrebbe segnato il corso dei blockbuster a lui successivi.

Proprio Cameron, con l'eleganza che lo ha sempre contraddistinto (per lo meno fuori dal set) aveva pronosticato la vittoria della sua ex moglie Kathyn qualche ora prima della cerimonia, durante una delle rituali interviste dall'iconico tappeto rosso: i due si erano sposati nel 1989, e nel 1991, mentre Cameron presentava al mondo quello che sarebbe diventato il più grande successo commerciale del suo tempo, Terminator 2: Il Giorno del Giudizio, avevano collaborato alla realizzazione di Point Break, terza regia di lei prodotta da lui.
Nello stesso anno arrivò il divorzio ma i rapporti non furono troncati di punto in bianco, anzi. Entrambi firmarono un contratto multi-milionario con la Lighstorm Entertainment e la 20th Century Fox, compagnie che misero a disposizione dei due ex coniugi 100 milioni di dollari per la produzione di due film. Cameron, che aveva appena regalato alla major la gallina dalle uova d'oro con protagonista Arnold Schwarzenegger ("Hasta la vista, baby"), potè attingere da quella fonte per la bellezza di 70 milioni di dollari per le riprese del suo action True Lies, recentemente citato in Captain Marvel. I restanti trenta milioni furono destinati alla produzione del quarto film della Bigelow, intitolato Strange Days.

Strange Days Have Found Us

Era il 1967 quando Jim Morrison cantava di "giorni strani che stanno andando a distruggere le nostre gioie casuali", ed esattamente vent'anni più tardi, nel 1987, James Cameron iniziava a scarabocchiare idee per una storia ambientata in un futuro prossimo, nell'anno 1999. A sedici anni dalla morte del frontman dei The Doors, Cameron scrisse la sceneggiatura di Strange Days, un noir postmoderno che sulla falsa riga di Blade Runner immaginava una società del prossimo futuro, meno distante da quella attuale (fine anni '80) ma che proprio di quella diventava un riflesso oscuro ed estremizzato, inquietante e frenetico.
C'era la fantascienza, c'era il tema della memoria e dei ricordi, c'era la realtà virtuale e lo snuff movie, una storia d'amore tormentata, tanto erotismo, un'indagine intricata volta alla risoluzione di una trama crime e un anti-eroe tipico della narrativa noir. L'impalcatura filmica dell'opera di Ridley Scott era anche fin troppo evidente, ma quando Cameron parlò alla Bigelow del suo copione, lei ne rimase affascinata. Il divorzio non aveva scalfito le ambizioni lavorative di nessuno dei due, e così mentre Cameron promuoveva True Lies, che si preparava a diventare il suo ennesimo campione d'incassi, la Bigelow si mise a lavoro per revisionare la sceneggiatura di Strange Days.

A quel punto gli anni '90 stavano per passare la prima metà e la fine del secolo descritta da Cameron nella sceneggiatura era ormai sempre più prossima. L'idea era ormai invecchiata di nove anni, eppure - come se a legare l'album dei Doors e il film ancora incompiuto ci fosse stata una sorta di profezia destinata ad avverarsi - gli Stati Uniti d'America del 1995 stavano davvero vivendo dei giorni strani: nel '91 c'era stato il caso Rodney King, cui erano seguite nel '92 le rivolte di Los Angeles, l'anno prima dell'uscita del film, nel '94, la moglie dell'attore ed ex campione NFL O.J. Simpson, Nicole Brown, era stata ritrovata morte insieme all'amico Ronald Goldman (nel '95, quando Strange Days era nei cinema, Simpson fu clamorosamente prosciolto) mentre l'anno dopo, nel settembre del '96, uscendo da Las Vegas dopo aver assistito a un incontro di pugilato fra Mike Tyson e Bruce Saldon, il rapper Tupac Shakur veniva misteriosamente assassinato all'età di venticinque anni.
Le strade d'America erano una polveriera: il XXI secolo stava arrivando troppo velocemente, qualcuno vociferava che internet sarebbe morto e che l'intera società mondiale sarebbe sprofondata in un tipo di abisso addirittura peggiore rispetto a quello in cui stava lentamente affogando.
La Bigelow, che nel '94 non poteva sapere di essere sul punto di realizzare il suo più grande capolavoro (naturalmente l'Academy fece finta di non aver mai sentito parlare né di lei né del suo film agli Oscar del 1996), prese lo script dell'ex marito e ne fece un calderone di idee, concependo un'opera viva e pulsante, ancora oggi stupefacente, agghiacciante e attuale.

"Questa cravatta non si intona col blu!"

Questa sopra è una delle battute più divertenti dell'irriverente e sornione Lenny Nero (un Ralph Fiennes all'epoca appena candidato all'Oscar per Schindler's List - La lista di Schindler di Steven Spielberg), ex poliziotto della polizia di Los Angeles ora riciclatosi spacciatore di clip, esperto di filo-viaggi e soprattutto mago dello SQUID, che sta per "Dispositivo d'Interferenza del Superconduttore Quantum".
Il concept prevede che, tramite gli SQUID, le persone possano registrare alcuni momenti della loro vita, memorizzarli in appositi nastri e poi rivenderli per dare la possibilità a qualcun altro di vivere quelle esperienze in prima persona: splendida l'idea della Bigelow di rendere in POV le scene relative ai ricordi SQUID (mutuando le stesse lenti e la stessa tecnica utilizzata già in Point Break, in maniera cinematograficamente ancora più calzante), singolare e indimenticabile l'eccentricità di Lenny. Questa simpatica canaglia dal cuore d'oro di cui è facile non fidarsi ma alla quale si vuole un gran bene (sempre commovente la scena del suo amico senza gambe al quale lui fornisce SQUID incentrati sul piacere della corsa, idea forse dalla quale sarebbe nato il Jake Sully protagonista di Avatar), un eroe romantico tipicamente cameroniano che si muove in un mondo fetish, fatto di corpi e ricordi, di punti di vista e memorie interscambiabili, con tutte queste cose insieme che vengono ingurgitate senza pietà da una società che prevede razzismo, omofobia e differenze di classe. Poi c'è il ruolo della femme, sia fatale che angelica, con Angela Bassett e Juliette Lewis che incarnano la doppia personalità di un'unica figura cinematografica - la dama del noir - qui sapientemente capovolta a livello subliminale (la donna bianca rappresenta il male, la donna nera è il bene)

A questi elementi si mescolano poi la paranoia e l'isteria sociale di una Los Angeles retrofuturista - la più bella dai tempi di Blade Runner - sull'orlo di una crisi di nervi, che ha poco a che fare con Pedro Almodovar ma molto a che vedere con le rivolte e le sommosse dei più deboli contro la prepotenza dilagante delle forze dell'ordine, qui descritte quasi come totalitarie e spietate quanto quelle storicamente veritiere di Detroit (2017), opera biografica sugli scontri che nel 1967 vessarono la metropoli del Michigan e che la Bigelow non avrebbe potuto realizzare se non fosse prima passata attraverso lo specchio oscuro e deformante di Strange Days.
È stato definito "techno-thriller", "tech-noir" e anche "thriller-futuristico-erotico" (forse la definizione più azzeccata, vista la gran quantità di materiale sessuale), ma oltre ogni cosa il film della Bigelow è un'opera sperimentale, che sfida le convenzioni hollywoodiane di identificazione (nel protagonista) e coinvolgimento (nella vicenda) cercando sempre nuovi mezzi espressivi, impianti innovativi e guizzi di esagerata creatività. Paradossalmente in grado di essere voyeurista e femminista allo stesso tempo, Strange Days è anche e soprattutto un grido al valore fondamentale dell'identità, personale e sociale, e in ultima analisi un'opera mastodontica che vent'anni fa ci ha detto cose di cui solo oggi iniziamo a renderci conto davvero. Se chi di dovere l'avesse riconosciuto all'epoca, forse oggi i nostri giorni non sarebbero così strani.

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