Everycult: The Twilight Samurai di Yoji Yamada

L'Everycult della settimana è The Twilight Samurai: Il crepuscolo del samurai, dramma di Yoji Yamada interpretato da Hiroyuki Sanada.

Everycult: The Twilight Samurai di Yoji Yamada
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Se Gli spietati di Clint Eastwood ha rappresentato, dopo L'uomo che uccise Liberty Valance di John Ford e prima de L'assassinio di Jesse James di Andrew Dominik, il trionfo dell'anti-drammaticità e dell'anti-mitizzazione del western, The Twilight Samurai di Yoji Yamada fa la stessa cosa ma sulle latitudini e le longitudini spazio-temporali del jidai-geki.
Non a caso l'azzeccato titolo italiano, Il crepuscolo del samurai, fa riferimento a quella fine di un'era che è anche per certi versi il tramonto di un genere cinematografico storicamente associato alla rappresentazione di un periodo storico ben circoscritto (l'età Tokugawa, dal 1603 al 1868) e che il film di Yamada citerà esplicitamente nei suoi attimi finali (menzionando la Guerra Boshin, scoppiata proprio nel 1868) per riassumere sommariamente il destino del suo protagonista.
Vagamente ispirato al racconto The Bamboo Sword di Shuhei Fujisawa, The Twilight Samurai alla sua uscita riscosse un notevole successo non solo in Giappone (dove vinse ben 12 Academy Award nazionali, tra cui miglior film, miglior regista, miglior attore, miglior attrice e miglior sceneggiatura, sfiorando lo storico record di 13 di Shall We Dance?) ma anche a livello internazionale, ottenendo una prestigiosa nomination agli Oscar (di Hollywood) per il miglior film in lingua straniera.

La fine dell'eroismo

La storia al centro del film è quella di Saibei, un povero samurai rimasto vedovo e oggi costretto a vivere e a mantenere i suoi figli con un misero stipendio di 50 pacchi di riso all'anno: è un uomo fuori dal suo tempo, l'ambientazione storica è quella di un Giappone nel quale ormai i samurai non hanno più valore, il prestigio e il potere dei secoli precedenti e perfino i duelli sono proibiti. La loro spada non suscita più il rispetto che emanava prima, e l'unica occupazione di Saibei è oggi quella di lavorare come impiegato nell'ufficio del suo clan.
La sua condizione di vedovo lo estrania anche dal piccolo gruppetto di scanzonati colleghi di lavoro, che spesso lo deridono perché declina sempre i loro inviti a bere sake: dopo l'orario d'ufficio, il protagonista deve tornare a casa per accudire la madre malata e le due figlie. Un giorno però l'amico di lunga data Rin-no-Jo gli confida che sua sorella Tomoe, della quale Saibei è sempre stato innamorato (e ricambiato) ha deciso di divorziare dal marito e tornare a casa.

Il ritorno della donna è anche quello simbolico dell'affetto di Saibei e sembra aprire a tante possibilità future, la vita pare tornare a rianimare la dimora del protagonista quando la donna comincerà a dare una mano in casa ma il destino della loro storia d'amore appare segnato: la donna ha infatti un nuovo e più promettente pretendente al suo seguito, e soprattutto Saibei sarà richiamato dai propri doveri da samurai quando il suo clan entrerà in conflitto con un samurai dissidente.

Il crepuscolo del samurai

Narrato in retrospettiva dalla figlia adulta del protagonista, il cui voice-over mai invadente scandisce l'incedere della trama e poi la chiude su una nota di ineluttabile amarezza tutta giapponese, The Twilight Samurai è un film profondamente umano sull'amore corrisposto ma impedito dalle circostanze, tutto giocato su un senso pudicissimo del romanticismo e sulla gravità della violenza, mai cinematografica ma essenziale e realistica anche grazie all'uso reiterato della profondità di campo, che dona alle scene prossimità ma anche distacco.
Tributo agrodolce ed eloquente al cinema giapponese tout-court, andrebbe quasi letto come il film di samurai che Yasujiro Ozu non ha mai girato (non a caso ne fu assistente di regia) piuttosto che come una rilettura dell'epica di Akira Kurosawa dal punto di vista di una sensibilità più moderna.
Tutto com'è incentrato su un uomo piegato (ma mai schiacciato) sotto il peso dei suoi doveri, sia istituzionali che privati, sia professionali che affettivi, è un'opera che della figura del samurai esalta la disciplina ma anche la dolcezza, la poesia, un'opera in grado di aggiungere sempre qualcosa in più ai propri personaggi con ogni dialogo o sguardo: che sia un'emozione o un pensiero, un timore o una diffidenza, Yamada è attentissimo a trasmettere sensazioni e aspettative attraverso ogni inquadratura.

Ben più interessato ai sentimenti che all'azione (un genere che il regista della leggendaria serie di Tora-san non ha mai affrontato), Yamada delinea un'epica del quotidiano e un'esaltazione della vita - anche di fronte alla morte - senza trascurare nulla dell'esistenza (anche banale) di un uomo, dai grandi rimpianti alle piccole gioie, dalle fatiche alle leggerezze.
Arriva addirittura a tratteggiare - con estrema padronanza del mezzo filmico - un passato sempre fuori campo e un futuro già scritto che però non si vedrà mai, cosa che conferisce al film quell'aura da "frammento" di una vita più estesa.

Il regista poi questa sua rilettura del mito del samurai l'avrebbe continuata anche negli immediatamente successivi The Hidden Blade (2004) e Love & Honor (2006), film che insieme a The Twilight Samurai sarebbero andati a comporre una trilogia tematica nella quale la spettacolarizzazione del mito giapponese avrebbe lasciato il posto a una drammaticità fatta di dubbi, incertezze, passioni più o meno celate, incentrata soprattutto sul peso dell'onore.

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