Everycult: Il Ritorno dei Morti Viventi di Dan O'Bannon

L'Everycult di questa settimana è dedicato a Il Ritorno dei Morti Viventi, seminale commedia horror scritta e diretta nel 1985 da Dan O'Bannon.

Everycult: Il Ritorno dei Morti Viventi di Dan O'Bannon
Articolo a cura di

Tutto iniziò nel 1968, con George A. Romero, John Russo e La Notte dei Morti Viventi. I due autori della sceneggiatura dell'horror movie che aveva inventato dal nulla un nuovo sotto-genere (quello legato agli zombie, che così come li conosciamo oggi nacquero dalle menti di questi signori) furono soverchiati dal successo inimmaginabile che ebbe la pellicola, che con un budget irrisorio (114.000 dollari) arrivò a incassare oltre 30 milioni di dollari, diventando non solo uno dei più grandi successi commerciali di sempre (tenuto conto dell'inflazione) ma anche un vero e proprio fenomeno culturale: quei morti viventi, lenti, goffi, famelici, apparentemente senza nulla di umano... eravamo noi, coi nostri difetti, la nostra miopia (nei confronti degli aspetti importanti della vita), la nostra fame, il nostro vagare alla ricerca di un senso e di un posto nell'universo.
Romero e Russo quel senso lo trovarono in un'aula di tribunale, quando si imbarcarono in una faida legale che avrebbe dovuto stabilire i diritti sulla proprietà intellettuale del campione di incassi, gallina dalle uova d'oro in bianco e nero dalle potenzialità infinite. Il lascito de La Notte dei Morti Viventi perdura ancora oggi, del resto, quindi non è difficile comprendere perché l'amicizia fra i due cineasti si incrinò, trasformandosi in una guerra senza esclusione di colpi.

Zombi

Nel '78, dopo qualche film di discreto successo (leggi: La Città Verrà Distrutta all'Alba e La Stagione della Strega), Romero si rese conto di avere mezzi, possibilità e idee per riprendere l'idea del suo film d'esordio e allargarla ancora di più, renderla ancora più universale, attaccare il capitalismo, la globalizzazione e l'avido, piccolo, stupido essere umano: lo avrebbe fatto con quello che sarebbe diventato il suo capolavoro, Dawn of the Dead (in Italia conosciuto come Zombi).
Anni prima il tribunale americano, come un Ponzio Pilato a stelle strisce, aveva deciso di accontentare entrambe le parti, spezzando il titolo del film a metà e concedendo la proprietà lessicale dell'idea, piuttosto che l'idea in se per se.

Ecco quindi che The Night of The Living Dead, da allora, apparteneva a Romero per la metà "of the dead" (e infatti i suoi film successivi si sarebbero chiamati Day of the Dead, Land of the Dead, Diary of the Dead, Survival of the Dead) e a Russo per la metà "living dead": memore di ciò e geloso del successo del nuovo Dawn of the Dead dell'ex amico e ora rivale, Russo, che non era un regista, rispose a Romero tramite l'unica arte che conosceva, ovvero la scrittura.

Nelle librerie uscì quindi il romanzo Il Ritorno dei Morti Viventi (Return of the Living Dead), che vantava in copertina il nome di John Russo, autore della sceneggiatura de La Notte dei Morti Viventi. Era un sequel di quel film? Ne era un rifacimento? L'opera attirò l'attenzione del produttore Tom Fox, stuzzicò l'interesse della neonata compagnia di produzione Orion Pictures e perfino quello del regista Tobe Hooper, autore acclamato che veniva dal successo di Quel Motel Vicino alla Palude e che soli quattro anni prima aveva sconvolto l'America bene con Non Aprite Quella Porta. Tutto, insomma, sembrava pronto a partire: le stelle si erano allineate e stavano per far resuscitare i morti ancora una volta.
Naturalmente non se ne fece nulla, perché il cinema è capriccioso e a volte va così. Poi passarono gli anni e arrivò il 1985.

"Hai mai visto il film La Notte dei Morti Viventi?"

La domanda la pone il Frank di James Karen al giovane Freddy di Thom Matthews nelle fasi iniziali del film, e subito ci pare chiaro come Dan O'Bannon - al quale, dopo le vicissitudini narrate nel paragrafo precedente, fu finalmente dato il via libera per realizzare il film - volesse agire su un piano completamente diverso rispetto a quello della faida Romero vs Russo: un po' meta-cinematografico e sicuramente molto istrionesco, Il Ritorno dei Morti Viventi è sia sequel che remake non autorizzato de La Notte dei Morti Viventi, ma ha poco in comune anche col romanzo che Russo aveva scritto anni prima e che avrebbe spinto la Orion a interessarsi al filone degli zombie.
Quando, col passare degli anni, Hooper aveva abbandonato il progetto per dedicarsi ad altro, la palla era finita nel giardino di Dan O'Bannon, che aveva iniziato la sua carriera hollywoodiana nel 1974 come sceneggiatore di Dark Star, film d'esordio di un John Carpenter che si divertiva a parodiare 2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick.
Dal '79 però O'Bannon si ritrovò inaspettatamente sulla cresta dell'onda quando Ridley Scott prese la sua sceneggiatura di Alien e la trasformò in uno dei film più rivoluzionari e iconici della storia del cinema, e questo succedeva appena due anni dopo la chiamata di George Lucas, che l'aveva reclutato per curare gli effetti speciali del primo Guerre Stellari.

Queste tre voci - Dark Star, Guerre Stellari e Alien - finiranno in un modo o nell'altro ne Il Ritorno dei Morti Viventi, insieme a qualche elemento dell'horror Morti e Sepolti, film che O'Bannon aveva scritto nel 1981 per la regia di Gary Sherman. O'Bannon, che nel corso della sua carriera avrebbe diretto soltanto un'altra opera (l'inquietante The Ressurrected, ispirato al racconto Il Caso di Charles Dexter Ward di H.P. Lovecraft), prese la satira dell'esordio carpenteriano, il gusto per gli effetti visivi pratici della Lucasfilm e le atmosfere raccapriccianti dell'horror/sci-fi con Sigourney Weaver e le re-immaginò per il mondo creato da Romero e Russo.
Ma siccome un film è sempre il figlio del suo creatore, e in questo caso, nonostante le tante influenze, il suo padre spirituale aveva le idee ben chiare, alla sua uscita Il Ritorno dei Morti Viventi non aveva uguali: ora sornione ora spaventoso, ora scaltro ora terribilmente gore, un po' sexy e parecchio squilibrato, disarmante e disgustoso, capace sia di una tagliente satira sociale che dello splatter più sfrenato all'insegna del divertissement; nell'era del Grand Guignol e dell'horror all'italiana (Lucio Fulci con Zombi, 1979) nessuno aveva avuto l'idea di trattare con mano tanto smitizzante il filone del cinema zombie, e fu da quel momento che il film di O'Bannon divenne l'apripista di tantissimi epigoni.

Come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare gli zombie

Kubrick, al quale O'Bannon aveva guardato per la stesura di Dark Star, spunterà prepotentemente anche nei minuti finali de Il Ritorno dei Morti Viventi, con il famoso sgancio della bomba H che chiudeva la commedia satirica Il Dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba, che qui viene riciclato e mutuato per impedire all'epidemia zombie di diffondersi oltre i confini della città (leggi: idea che sarà riproposta nel videogame Resident Evil 2).
Fortunatamente questo contagio, cinematograficamente parlando, non venne mai arginato, anzi con l'uscita del film nelle sale nacque il filone della zom-com (commedia zombie), che Edgar Wright avrebbe reso mainstream nel 2004 con L'Alba dei Morti Dementi. Senza spingersi così in là nel futuro, già all'epoca gli effetti della pandemia scatenata da O'Bannon fece vedere i suoi effetti, con esempi di horror slapstick sulla figura dello zombie che emergevano uno dopo l'altro, come C.H.U.D. II di David K. Irving e Splatter - Gli Schizzacervelli di Peter Jackson.

Ispirato dai successi commerciali degli horror-comedy La Casa e Un Lupo Mannaro Americano A Londra (senza dimenticare il videoclip Thriller, sempre di John Landis, chiaramente omaggiato da O'Bannon), il regista aveva completamente ribaltato il genere creato vent'anni prima da George Romero: la critica sociale di The Night of the Living Dead e Dawn of the Dead era diventata una ribellione punk rock, un energico grido di rivoluzione sociale (gli zombi, una volta risorti, metteranno in piedi un vero e proprio moto sovversivo nei confronti delle autorità) chiaramente figlio degli strascichi delle proteste anti-Vietnam.

Mangiatori di cervelli (e non di carne umana in generale), in grado di parlare (non solo per architettare divertenti trappole ma anche per comunicarci la sofferenza dell'essere morti) e soprattutto iperveloci, frenetici e strategici, questi morti viventi sono più simili a dei drogati in cerca di una dose (i cervelli fanno sparire il dolore) rispetto a quelli tipicamente ciondolanti di romeriana memoria.
Danny Boyle avrebbe riutilizzato il concetto in 28 Giorni Dopo (2001), portando lo zombie movie nel XXI secolo. Ironicamente, questo aspetto dello zombie-corridore avrebbe influenzato Zack Snyder nel dirigere L'Alba Dei Morti Viventi (2004), remake ufficiale del Dawn of the Dead di Romero (1978): a differenza del film originale, questa volta i morti correvano a perdifiato per inseguire le loro prede... come pensato da O'Bannon. L'allievo aveva superato il maestro. Forse.

Quanto attendi: Il Ritorno dei Morti Viventi

Hype
Hype totali: 4
100%
nd