Everycult: Effetto Notte di François Truffaut

L'Everycult della settimana è dedicato a Effetto Notte, commedia del 1973 scritta e diretta da François Truffaut.

Everycult: Effetto Notte di François Truffaut
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Effetto notte, day by night, nuit américaine: qualunque lingua si scelga per riferirsi al capolavoro di François Truffaut si finisce col parlare quella del cinema. Perché nella poetica del leggendario critico francese divenuto regista rivoluzionario, ma nato cinefilo incallito, le pellicole sono vita e quello è il loro linguaggio.
Dopo quattordici anni passati a inseguire la forza iconoclasta del suo esordio I 400 Colpi e il successo vibrante di Jules e Jim, fra quasi-sequel delle sue hit e tentativi ossessivi di bilanciare il crescente successo mainstream con lo sperimentalismo di quella Nouvelle Vague che gli diede i natali, con Effetto Notte Truffaut immortalò l'impeto del riprovare e l'apoteosi del riuscire, il godimento del fare arte, del generare, del veder nascere qualcosa di eterno dal sudore della fronte e dalla passione.
Vincitore dell'Oscar come miglior film straniero nel '74 e poi nominato a miglior regia, sceneggiatura (e attrice a Valentina Cortese) nella cerimonia del '75, è un'opera che trabocca d'amore per la Settima arte.

Vi presento Pamela

Il film che Effetto Notte racconta è Vi presento Pamela, nuova opera del regista Ferrand che già dal titolo ma perfino nell'intreccio ricorda molto da vicino alcuni dei precedenti lungometraggi dello stesso Truffaut (chiaramente interprete di Ferrand). Lo spettatore è reclutato - o per meglio dire trascinato, termine che più si presta alla natura da "mockumentary" dell'opera - a visitare il finto set di Vi presento Pamela, che è in realtà quello vero di Effetto Notte.
Dagli studi della Victorine a Nizza, segue la vita e il lavoro degli attori, della troupe cinematografica e tutto il loro circondario fatto di parenti, conoscenti, comparse, membri della stampa.
C'è anche Georges Delerue, autore delle straordinarie musiche di Effetto Notte, che però come vera e propria estensione di una colonna sonora extradiegetica non si vedrà mai davvero: Ferrand/Truffaut lo contatterà sempre al telefono, chiamandolo addirittura per nome, e stabilendo un punto di contatto tra quella realtà vera e quella falsa che danzano costantemente in scena e il cui rapporto costituisce l'ossatura dell'opera.
Naturalmente niente andrà come previsto, dal primo all'ultimo giorno delle riprese stabilite con la produzione ogni cosa che potrà andare a rotoli lo farà ben volentieri, con i problemi della lavorazione del film che si alterneranno al giro di vite dei tanti mestieranti e artisti presenti sul set: Effetto Notte è sia il film di Truffaut che un film di tutti, una pellicola corale.

C'è Alphonse, giovane attore di grandi speranze interpretato da quel Jean-Pierre Léaud che col cinema di Truffaut ci è letteralmente cresciuto, innamorato della stagista Liliane ma forse non più ricambiato; ci sono le vecchie star Alexandre (Jean-Pierre Aumont) e Séverine (Valentina Cortese, che citerà espressamente Federico Fellini), conosciutisi anni prima a Hollywood sul set di un altro film, che a sua volta era stato testimone della loro tresca amorosa dopo la quale si erano persi di vista (perché tutto accade solo sui set per Truffaut); c'è la star del momento Julie Baker (Jacqueline Bisset), un'inglese di grande fama a Los Angeles; e poi ancora la segretaria d'edizione Joëll (Nathalie Baye), il direttore della fotografia Walter, la truccatrice Odille, l'attrezzista e tuttofare Bernard, la controfigura, il microfonista, le sarte, i macchinisti, i tecnici audio, gli assicuratori, i finanziatori, perfino i visitatori e i curiosi.
Senza contare quelli che non ci sono ma che Truffaut coinvolge comunque, da Alfred Hitchcock a Orson Welles, dall'amico-nemico Godard a Buñuel, da Dreyer a Rossellini: tutti citati su celluloide e anche su carta stampata, in preda a un raptus feticista per i libri in quanto oggetti tangibili che sembra a sua volta una citazione di Fahrenheit 451.

I film sono magia

Alphonse, il giovane, viziato e lagnosissimo attore interpretato da Léaud, non fa che andare in giro per i set e i corridoi degli hotel in cui la troupe pernotta chiedendo se le donne non siano magia.
Le risposte saranno variegate, a volte anche contraddicenti, ma sotto gli strati narrativi sembra chiaro che la domanda non abbia a che fare davvero con le donne quanto col cinema stesso.
Il sesso femminile e tutto ciò che gli gravita intorno è sempre stato uno dei soggetti fondamentali del cinema di Truffaut, e in più di un senso la figura del regista è associabile a quella della donna: anche gli artisti del resto mettono al mondo qualcosa, hanno il potere di creare, ed è di questa magia di cui i registi sono portatori che parla Effetto Notte.

Ma quello del cinema è un incantesimo artificiale, un trucco che acquisisce i suoi poteri sovrannaturali solo sul grande schermo: nel dietro le quinte dei film, in quel controcampo anti-classico che la cinepresa solitamente non compie mai perché guarderebbe al di qua dello schermo per rivelare l'industria invisibile tra l'opera e lo spettatore, la magia non esiste e la si fabbrica procedendo per tentativi ed espedienti.
La famosa immagine iniziale, la celeberrima gru che fluttua mostrando i movimenti della vita di un'intera piazza cittadina solo per poi farli ripetere con un secondo take, già stabilisce tutta la falsità che il cinema in quanto artificio supremo si porta inevitabilmente dietro.
In una chiave romanticamente enfatizzata dalla passione che Truffaut prova per il risultato di quegli artifici, è la medesima riflessione che sempre nel 1973 faceva Orson Welles con F come Falso, che però il documentario estremizzava ed esasperava per ridicolizzare il rapporto tra verità e arte.

Ecco quindi che la verità stessa sul set di un film scompare, o per lo meno si assottiglia. Può capitare che la porta di un corridoio sia indistinguibile da quella di uno sgabuzzino, come accade nell'esilarante sequenza con Valentina Cortese, nella quale Truffaut si concede una "tirata d'orecchie" a Fellini e al modo tutto italiano di doppiare gli attori dopo le riprese (una battuta simile la farà Quentin Tarantino con C'era una volta a Hollywood, che a Effetto Notte deve molto).
Può anche succedere che la finestra al terzo piano di un palazzo sia semplicemente una finestra ritagliata in uno spazio che non esiste, un costrutto tirato su nel giro di mezz'ora per permettere alla cinepresa di guardare verso la (vera) finestra del (vero) palazzo di fronte.
Ma di fronte a cosa? Al nulla e al tutto, al cinema, all'industria invisibile che crea senza essere vista.
Esemplare in questo senso la scena di montaggio in cui vediamo Alphonse recitare camminando come niente fosse tra i binari del carrello sul quale la camera lo inquadra con un movimento a precedere.

Truffaut solleva il velo e ci mostra l'immagine nella sua interezza, noi possiamo vedere tutto (Jean-Pierre Léaud nei panni di Alphonse e Alphonse nei panni del protagonista di Vi presento Pamela, mentre l'operatore di macchina lo inquadra nel compimento del suo lavoro) con un livello di dettaglio quasi pornografico ma anche volontariamente ridicolo, in grado di spiegare quanto non ci sia proprio nulla di magico nella costruzione di un film, la magia semmai arriva dopo.
Per dirla à la John Huston, uno che faceva camminare molto spesso i suoi attori tra i binari dei carrelli: "Se il personaggio scavalca i binari allora i binari non esistono, se i binari non esistono allora non esiste la cinepresa, e se la cinepresa non esiste allora tutto diventa reale".

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