Everycult: Aliens - Scontro finale di James Cameron

L'Everycult della settimana è dedicato ad Aliens - Scontro Finale, sci-fi del 1986 scritto e diretto da James Cameron.

Everycult: Aliens - Scontro finale di James Cameron
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James Cameron una volta definì Ridley Scott come il regista che sperava di diventare, e a metà degli anni '80 - subito dopo il successo ottenuto con il primo Terminator - la possibilità di dirigere il sequel di Alien non deve essergli sembrata vera. Oggi Aliens - Scontro Finale, oltre a essere uno dei film preferiti del Peter Parker del Marvel Cinematic Universe, è anche sinonimo di sequel in quanto espansione e reinvenzione totale del film originale, un concetto che Cameron avrebbe esaltato nuovamente con Terminator 2 e che si sta preparando (da anni) a rivoluzionare con Avatar 2 e figli.
Ambientato 57 anni dopo gli eventi del primo Alien di Ridley Scott - come sarebbe successo a Captain America, Ellen Ripley è rimasta ibernata nell'ipersonno nel quale entrò dopo aver sconfitto lo xenomorfo - Aliens, con la sua 's' esplicativa di pluralità aggiunta al titolo originale, rilegge da cima a fondo ciò che aveva decretato il successo del cult del 1979, partendo dalla messa in scena per arrivare fino alle sue tematiche.
Ancora oggi è portato come classico esempio in ogni manuale dei sequel che si rispetti, e riesce anche in tutto e per tutto a stabilire le differenze che separano il cinema di Ridley Scott da quello di James Cameron.

L'ascensore per l'inferno è in discesa

Se il film originale di Ridley Scott che aveva lanciato Sigourney Weaver riprendeva la tradizione dello slasher per farne grande fantascienza matura, oscura, profondamente horror nella sua claustrofobia e artisticamente artigianale nella messa in scena, una fantascienza radicata all'interno di metafore capitalistiche sulla società e simbolismi primordiali sulla nascita e l'inseminazione, il sequel di James Cameron si appoggia alla spettacolarizzazione del war-movie per parlare di petto di colonizzazione e genitorialità.
Cameron è ossessionato dal progresso scientifico e vuole mostrarci tutti i traguardi raggiunti dall'uomo nell'universo narrativo creato da Ridley Scott, a sua volta più interessato alla forza pionieristica del futuro: se Ellen Ripley e i suoi colleghi in Alien erano dei viaggiatori, degli esploratori, in Aliens ci vengono descritti come colonizzatori.
Prima come coloni di un mondo già dominato (il pianeta del prequel è già abitato da anni, quando Ripley ci tornerà) e poi come conquistatori in guerra (un elemento che sarà riproposto in Avatar).
Una società che sembra diversa perché in costante evoluzione (un tema fondamentale del cinema di Cameron), così come in costante evoluzione ci appare la protagonista. Non a caso la special edition (quella contro-firmata dal regista con venti minuti di scene aggiuntive tagliate dai produttori nella versione cinematografica) ci racconta Ellen Ripley come una madre, menzionando una figlia cresciuta e morta senza di lei durante la sua ibernazione tra le stelle.

Il rapporto madre-figlia che la protagonista di Sigourney Weaver stabilisce con la piccola Rebecca "Newt" Jorden (una bambina che Cameron scelse dopo oltre cinquecento provini) enfatizza il tema del concepimento del primo Alien e si riflette in quello distorto, animalesco e "alieno" rappresentato dalla Regina degli xenomorfi.
A un certo punto, addirittura, il film proverà a "umanizzare" gli alieni, una cosa impensabile nell'opera di Scott, notando quanto siano uniti nella sopravvivenza rispetto agli umani e anticipando ancora una volta le tematiche di Avatar.

Alieni dalle pareti

Ma la più profonda e affascinante differenza che distingue Aliens da Alien e quindi James Cameron da Ridley Scott, oltre l'ovvia appartenenza a due generi totalmente contrapposti di rappresentazione filmica della suspense (molto più squisitamente action nel 1986), è la raffigurazione dell'intelligenza artificiale.
Ridley Scott sia nel franchise di Alien (con Prometheus e Covenant) e in quello di Blade Runner vede nei suoi replicanti delle macchine desiderose di rimpiazzare l'uomo, in grado di sostituirlo e spesso intenzionate a farlo.

Per Cameron invece la macchina è sempre subordinata all'uomo, è uno strumento fedelissimo tramite il quale l'essere umano può compiere cose altrimenti impossibili, e il loro avvicendamento è fisiologico e "naturale". Il suo cinema è sempre stato volto alla sostituzione del corpo-carne in favore di un corpo-altro, simbolo dell'impossibilità della società contemporanea di vivere al di fuori della tecnologia e della necessità di evolversi di pari passo con essa.
Per estensione lo stesso fanno i suoi film, non solo quelli narrativi ma anche i troppo spesso ignorati documentari, entrambi portatori di grandi innovazioni tecnologiche al servizio dell'industria cinematografica. In Avatar sarebbe arrivato alla sublimazione di questo concetto ma già in Aliens il personaggio di Bishop è emblematico.
La stessa Ripley trasale quando scopre dell'esistenza di un nuovo androide a bordo della nave (memore del tradimento di Ash, perfetto figlio della concezione di Ridley Scott) ma grazie a James Cameron la protagonista cambierà la sua opinione fino ad arrivare a considerare Bishop un amico.
E il duello finale, che vede l'eroina "potenziare" il suo corpo mortale grazie all'ausilio di un esoscheletro (altro elemento che, ancora una volta, tornerà in Avatar), è il perfetto simbolo della comunione tra uomo e macchina che Cameron si auspica, sogna e vuole costantemente rappresentare appena sotto la superficie spettacolare del suo cinema.

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