Zoe, la recensione dello sci-fi con Ewan McGregor disponibile su Amazon Video

In un prossimo futuro dove le intelligenze artificiali sono in tutto e per tutto simili all'uomo, lo scienziato Cole si innamora della bella Zoe.

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Cole è un rivoluzionario scienziato a capo di un progetto che ha cambiato per sempre la concezione di I.A. In un prossimo futuro, queste si sono evolute ad un livello tale da poter interagire con gli umani, grazie a un corpo sintetico in tutto e per tutto simile al nostro. Alcune di loro possono essere vendute come perfetti compagni di una vita e sono prodotte da una società che ha sviluppato anche un'altra tecnologia, in grado di calcolare la compatibilità di una coppia.
Tra i selezionatori di questo particolare programma, che funziona attraverso delle domande fatte da una macchina, vi è la bionda e bella Zoe, che coltiva da tempo un forte sentimento proprio per Cole, nel frattempo alle prese con lo sviluppo di un nuovo, avveniristico, modello di androide, ulteriore step evolutivo nel relativo settore. E quando la ragazza decide di testare la sua affinità con l'uomo, va incontro ad un'incredibile verità che ribalterà tutto ciò in cui aveva sempre creduto.

La libertà di esistere

Sono passati sette anni dal folgorante Like Crazy (2011), vincitore del Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival, ma il canadese Drake Doremus sembra non aver ancora perso la voglia di stupire il pubblico con produzioni sempre nuove e originali, capaci di rivitalizzare generi in cui si è detto tutto o quasi. E così, a tre anni di distanza dal sottovalutato Equals (2015), rivisitazione moderna delle distopie orwelliane in cui Kristen Stewart e Nicholas Hoult erano alle prese con un amore impossibile in una società vietata alle emozioni, il regista si addentra di nuovo nella fantascienza umanista con un altro film romantico ambientato in un futuro alternativo. Un futuro dove le intelligenze artificiali sono già una realtà prossima ad un ulteriore stadio evolutivo, come ben si evince dal colpo di scena che avviene nei primi minuti di visione.
Ma ancor prima della sua appartenenza al filone, Zoe (esclusiva Prime Video) è soprattutto un racconto sulla mancanza, sia questa delle emozioni che di una persona cara, e sul modo di affrontare il dolore della perdita in un mondo dove i sentimenti sono sempre più svuotati della loro essenza, tanto che la droga più diffusa è in grado di far innamorare due persone mai conosciute ma soltanto per qualche ora, rapporti effimeri in cui ritrovare almeno per un momento un pizzico di fittizia gioia.

Sogni e realtà

Doremus osa fin da subito in fase narrativa, riuscendo con brevi ma incisivi passaggi espositivi ad introdurci nel relativo background filmico, lasciando volutamente in secondo piano le figure secondarie. L'unica eccezione è Ash, un androide maschile d'ultima generazione che risulta quale potenziale terzo incomodo nonché come paradossale coscienza morale di Cole, uomo ossessionato dal lavoro e incapace di affrontare le proprie paure, destinato ad un'eterna e non scontata rincorsa verso l'auspicata felicità. La messa in scena si muove su toni fluidi e soavi, ben sottolineati dalla colonna sonora di matrice indie che avvolge dolcemente lo spettatore nella visione di quest'atipica love-story tra i due protagonisti, ottimamente interpretati da Ewan McGregor e Léa Seydoux, entrambi capaci di sfumare con la corretta intensità le rispettive controparti.
E tra influenze da cult recenti del filone d'appartenenza, in primis il britannico The Machine (2013) e lo spagnolo Eva (2011), nonché il Perfect Sense (2011) che vedeva per protagonista lo stesso attore britannico, la storia procede spedita per la sua strada, diluendo saggiamente le scene madri. Queste sono realizzate con una notevole sobrietà d'intenti e assolutamente idonee allo stile parzialmente minimale dell'intero insieme, cruciale veicolo per l'esposizione evolutiva di un rapporto che si apre a più tonalità, nell'incedere semplice e al contempo stratificato del racconto.
E come un'esteta emozionale il cineasta sa cogliere tempi e modi e, pur correndo a tratti il rischio di una placida monotonia, i cento minuti di visione trovano soluzioni ardite che proprio nella loro velata verve citazionista risultano più un omaggio ad altri capisaldi del filone che un'involontaria latitanza d'originalità.

Zoe Le intelligenze artificiali sono sempre più simili a noi, per aspetto e intelligenza, nel nuovo film di Drake Doremus, esteta delle emozioni che dopo il sottovalutato Equals (2015) torna alla fantascienza con un'altra storia romantica dalla difficile e complicata evoluzione, laddove i confini tra umano e sintetico diventano sempre più labili in attesa di un vero e proprio miracolo che possa riportare il tutto a più lieti lidi. Zoe non si perde in gratuitismi di sorta e rischiando pur una parziale lentezza nella gestione di una storia, elementare e complessa in egual misura, sa come trovare le vie emozionali giuste per trascinare lo spettatore nell'atipica love-story tra i due protagonisti, magnificamente interpretati da Ewan McGregor e Léa Seydoux, centellinando le scene madri in favore di una costruzione organica e sibillina capace di centrare il bersaglio con avvolgente, tenera e dolorosa, naturalezza d'intenti.

7.5

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