Zanna Bianca, la recensione del film di Alexandre Espigares

Il premio Oscar per il miglior cortometraggio animato Alexandre Espigares esordisce nel lungometraggio adattando il celebre romanzo di Jack London.

Zanna Bianca, la recensione del film di Alexandre Espigares
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Al netto di tantissime serie televisive a cartoni animati, ci sono voluti ben 112 anni per far si che qualcuno traesse da Zanna Bianca un lungometraggio d'animazione. Ci ha pensato il lussemburghese di origini spagnole Alexandre Espigares, che in questo lasso di tempo è nato, cresciuto, ha avviato una carriera nel mondo del cinema (esce dal Lycée technique des Arts et Métier di Limpertsberg e finisce a lavorare alle animazioni di Happy Feet e perfino agli effetti speciali di Iron Man 3) e vinto un premio Oscar (al miglior corto animato nel 2014, per l'opera steampunk Mr. Hublot).
Prima di lui erano arrivati in tantissimi, a cominciare dallo statunitense David Butler e dal russo Aleksandr Zguridi, che come a voler inscenare un'anticipazione cinematografica della Guerra Fredda si erano sfidati rispettivamente nel 1936 e nel 1946 a portare sullo schermo il seminale romanzo d'avventura di Jack London.
Da allora nell'impresa si cimentarono Lucio Fulci e Franco Nero, in Zanna Bianca del 1973 e il suo sequel diretto Il Ritorno di Zanna Bianca, e poi ci riprovarono gli americani: prima con il regista di Grease, Randal Kleiser, che nel 1991 diresse Zanna Bianca - Un Piccolo Grande Lupo (con protagonista un giovane Ethan Hawke) e poi con Ken Olin, che tre anni più tardi realizzò il sequel La Leggenda di Zanna Bianca (con Alfred Molina).

Per una delle strane coincidenze del cinema, questa prima versione animata di Zanna Bianca arriva nella stessa settimana di un altro remake di un remake di un remake, quell'A Star is Born col quale Bradley Cooper si è assicurato un'ampia presenza alla prossima notte degli Oscar... dove, chissà, potrebbe incontrare il film di Espigares, che a differenza dei suoi illustri predecessori è riuscito a rendere giustizia al testo di London in tutto e per tutto, realizzando un'opera che - come il romanzo originale - è asciugata da ogni fronzolo, cruda quando serve e soprattutto in grado di rappresentare con naturalezza le tante difficoltà del mondo, animale e non.
Era questo il punto del romanzo Zanna Bianca (1906) ed Espigares ne ha fatto il fulcro del suo film (2018): non solo una grande avventura ma prima di tutto una profonda riflessione sulla natura e sull'uomo, che vale oggi come valeva all'inizio del secolo scorso.

Una storia senza tempo

Per quelli che non hanno mai letto il libro di Jack London, visto uno dei film sopracitati o mai sentito parlare della serie televisiva degli anni '90 con un giovane Karl Urban, la storia di Zanna Bianca racconta la vita e le avventure dell'omonimo lupo con un quarto di sangue di cane nelle vene che abita le terre innevate nel Grande Nord alla fine dell'800.
Tratta dalle esperienze vissute dallo scrittore americano nel Klondike, regione del territorio dello Yukon in cui London lavorò come cercatore d'oro, la vicenda suscitò subito un grande interesse per il modo in cui la prosa descriveva in modo dettagliato e obiettivo la violenza del mondo selvaggio, non troppo dissimile dal cosiddetto mondo civilizzato.
È a questa obiettività che mira Espigares, e per portarla sullo schermo si affida a immagini in CGI che ricordano molto l'animazione 2D (come faceva il motore grafico dei videogame della TellTale Games) e alla voce del narratore fuori campo (che nel doppiaggio italiano è quella di Toni Servillo), usata alla perfezione perché mai d'intralcio al senso visivo. In questo modo il film non racconta se stesso, descrivendoci verbosamente quello che sta già accadendo davanti ai nostri occhi, al contrario ci accompagna lungo l'avventura del personaggio.

Rispetto al romanzo originale cambia il punto di vista (London per la maggior parte raccontava quello degli animali, qui Espigares tende a "immedesimarsi" negli umani) ma poco altro: un cucciolo di lupo si addentra nelle foreste canadesi insieme alla mamma, scoprendo via via un regno ambivalente fatto in parti uguali di meraviglie e pericoli.
Madre e figlio si imbatteranno in Castoro Grigio, capo di una tribù di pellerossa che anni prima aveva incrociato la sua strada con la lupa madre. Adotta entrambi, e dà al piccolo il nome di Zanna Bianca, introducendolo al mondo degli uomini.
Ben presto il cane lupo scoprirà che, esattamente come la foresta, anche la civiltà può avere due facce, quella amorevole di Castoro Grigio e quella brutale di Smith, un delinquente che gli insegnerà la sottomissione a colpi di bastone, con l'obiettivo di trasformarlo in un cane da combattimento.

Un western da lupi

Non è Due Calzini del Balla dei Lupi di Kevin Costner ma un po' gli somiglia questo Zanna Bianca, splendidamente illustrato dalla tecnica di animazione mista composta in parti uguali da motion capture, key frame e pittura, che conferisce a ogni singola immagine un tocco artistico di rara bellezza.
La narrazione, rarefatta nelle atmosfere e poetica nelle battute, è giustamente ben lontana dal tipico prodotto per bambini: è quasi un western crepuscolare nelle intenzioni, con animali per protagonisti al posto di cowboy disillusi, e infatti questo film di Espigares tanto deve ai paesaggi de Il Grande Silenzio e Django di Sergio Corbucci, o a quelli di Corvo Rosso Non Avrai il Mio Scalpo di Sidney Pollack, con l'indimenticabile Robert Redford nei panni del cacciatore ed esploratore Jeremiah Johnson.
Il pregio migliore in assoluto di questa "versione Espigares" è senza dubbio l'unicità che il regista infonde a questa storia così famosa, raccontandola non solo come se fosse lui il primo a farlo al cinema, ma proprio come se a lui si dovesse la paternità dell'opera letteraria. Il regista ha infuso nel suo lungometraggio d'esordio un amore e una cura per ogni aspetto dell'opera che va ben al di là della perizia professionale, è qualcos'altro; rispetto, senza dubbio, ma anche passione.
Passione per questo tipo di cinema e per questi personaggi, per lo scrittore che li ha inventati e per i film che ha ispirato. E, tornando indietro di oltre cent'anni, è riuscito ad arrivare al cuore dell'opera ricavandone il miglior adattamento possibile.

Zanna Bianca Alexandre Espigares esordisce nel lungometraggio dopo un Oscar nel corto, adatta un romanzo stra-abusato al cinema e famoso come quello di Jack London e non solo ne esce vincitore, ma addirittura sforna la miglior versione possibile per un Zanna Bianca cinematografico. Un'opera che brilla anche grazie a una tecnica di animazione mista composta in parti uguali da motion capture, key frame e pittura, che conferisce a ogni singola immagine un tocco artistico di rara bellezza.

7.5

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