Lucas e Clayderman sono dei truffatori che si guadagnano da vivere cercando di spillare più soldi possibili alle loro vittime. La loro amicizia si è incrinata, come spesso accade, per via di una donna, la bella Veronica, che ha deciso di seguire il secondo dei due, ora pianista in una lussuosa nave da crociera dove lei stessa lavora come cantante. Quando a bordo scoprono che si è imbarcato l'anziano Antonio, un mite panettiere che ha visto la propria vita cambiare in seguito alla vincita di 160 milioni di euro al lotto, entrambi gli uomini cercano di mettere le mani sull'ingente gruzzolo.
Lucas si finge così un passeggero reduce dalla tragica scomparsa della moglie e con una figlia gravemente malata, mentre Clayderman tenta di avvicinarsi in ogni modo possibile all'obiettivo. La contemporanea presenza degli ex-soci getta nuovamente il dubbio in Veronica su chi scegliere, mentre il povero Antonio riceve le attenzioni di una coetanea e la famiglia del milionario ne combina di tutti i colori nella speranza di sfruttare il fresco patrimonio paterno.
In Yucatán il viaggio in nave si trasforma così in un'incredibile avventura nella quale, tra tradimenti e colpi di scena, chiunque si troverà a fare i conti con il proprio passato e con crisi di coscienza.
La nave più pazza del mondo?
Grande successo nei cinema nazionali, la nuova commedia di Daniel Monzón (conosciuto anche dal pubblico italiano per il prison-movie cult Cella 211) tenta di rinvigorire il filone dei titoli ambientati a bordo di navi da crociera dalle riprese realmente avvenute su una di queste in giro per il mondo, con i passeggeri paganti utilizzati come comparse. Dopo un inizio accattivante, con la sfida tra due ladri/truffatori divisi per l'amore di una donna, il film si perde però su un eccessivo accumulo di personaggi e situazioni che portano la durata complessiva a oltre due ore di visione, con diversi tempi morti che vi fanno capolino all'interno. Tra cinismo all'acqua di rose e leggerezza, Yucatán (disponibile nel catalogo di Netflix come originale) si risolve in una serie di cliché che conducono all'inevitabile lieto-fine, pur condito da parziali note amare, e il moralismo a prova di grande pubblico ne esce ancora una volta vincitore.
Acque calme
Non mancano certo momenti divertenti all'interno di questa storia sui generis, con diverse citazioni ad altri classici del cinema (da Titanic a Non aprite quella porta) rivisitati in chiave parodica, ma il senso d'insieme viene castrato dalla mancanza di una maggiore cattiveria che avrebbe potuto donare ulteriori sfumature a un racconto che, a conti fatti, è solo l'ennesima riproposizione di una storia già vista e rivista in decine di produzioni a tema. E così, tra sfide alla roulette russa, improbabili rapimenti, corse a rotte di collo su scassati pullman e diatribe amorose sempre più forzate e improbabili, Yucatán si rivela una sorta di operazione copia/incolla priva della necessaria personalità, risultando più anonimo delle aspettative. A infondere un po' di carisma agli stereotipati personaggi ci pensa l'ottimo ed eterogeneo cast capitanato da Luis Tosar, attore feticcio del regista e vera e propria star della scena iberica: i suoi duetti/schermaglie col rivale Rodrigo de la Serna o con la bella Stephanie Cayo rimangono tra i momenti migliori di una pellicola che si adagia sui leit-motiv di genere senza mostrare il coraggio adatto per raccontare qualcosa di nuovo.
Una nave da crociera, due truffatori un tempo soci e ora divisi per amore di una donna e un anziano milionario, fresco vincitore della lotteria, da ingannare a ogni costo: su una base narrativa relativamente semplice, il regista spagnolo Daniel Monzón tenta di rinverdire il filone dei titoli ambientati a bordo di un'imbarcazione ma, nonostante il fresco e accattivante cast, il risultato cede a diverse banalità nell'accumulo di situazioni dove il numeroso gruppo di personaggi si trova impegnato. Tra una leggerezza a prova di grande pubblico, pur con una manciata di passaggi effettivamente divertenti, e prevedibili colpi di scena, Yucatán soffre inoltre dell'eccessiva durata, con oltre due ore di visione che avrebbero necessitato di una sfoltita di almeno mezz'ora per risultare più incisive.