Yaksha recensione: una spy-story in salsa coreana su Netflix

Un onesto procuratore e un rude leader delle forze speciali sono coinvolti in un complotto internazionale nel film diretto da Na Hyeon.

Yaksha recensione: una spy-story in salsa coreana su Netflix
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Il termine Yaksha viene usato per riferirsi a figure divine, siano queste benevole oppure portatrici di disgrazie. Se in alcuni casi infatti possono essere assimilate a degli spiriti senza pace che divorano l'anima delle persone, nella maggior parte dei casi sono identificate come esseri protettori di foreste e villaggi, in poche parole della terra abitata dagli uomini.

Non è un caso che sia questo il soprannome del protagonista di questo film omonimo, battente bandiera sud coreana. L'origine della parola è infatti connotato nella tradizione buddista e la storia finisce per coinvolgere buona parte dei Paesi asiatici: se la maggior parte dell'azione si concentra su lidi cinesi, la stessa Corea del Sud e anche il Giappone sono al centro di una battaglia geo-politica determinante ai fini della complessa narrazione.

Solo pochi giorni fa gli abbonati ad Amazon Prime Video hanno visto l'arrivo nel catalogo de La cena delle spie (ecco qui la nostra recensione de La cena delle spie) e ora un altro titolo con una spy-story al centro del racconto fa capolino, questa volta su Netflix: Yaksha è infatti tra i film Netflix di aprile 2022 - e sin dalle sue premesse riesce già ad attirare l'attenzione di un pubblico amante di suddette atmosfere.

Yaksha: Tutti contro tutti

Ji-Hoon è un rampante procuratore che proprio all'apice della sua carriera si è visto crollare il mondo addosso dopo che, per un vizio di forma, un caso sul quale lavorava da mesi si è concluso con un nulla di fatto. Dimessosi dall'incarico, l'uomo cerca di "ripartire dal basso" per redimersi e ottenere nuovamente credibilità: assunto per investigare sul Black Team gestito dal rude Kang-In, Ji-Hoon si trova coinvolto in una serrata partita tra spie senza esclusione di colpi.

Kang-In è un leader senza mezze misure, spesso osteggiato dai suoi stessi superiori per via dei suoi metodi violenti. Ma allo stesso tempo è rispettato dagli uomini della sua squadra, che sarebbero pronti a dare la vita per lui. E quando la figlia di un ex collaboratore passato al "nemico" giapponese diventa elemento determinante per una possibile escalation tensiva in grado di coinvolgere l'intero continente, Ji-Hoon e Kang-In dovranno unire le forze nonostante la notevole diversità di vedute tra loro.

Solido al punto giusto

Sin dal prologo, con il dedalo dei vicoletti di Hong Kong a fare da sfondo ad una sequenza d'azione di notevole intensità - sia a piedi che su quattro ruote - si intuisce la cifra stilistica dell'operazione, che si inserisce nel copioso filone degli action/thriller coreani che ormai dagli inizi del nuovo millennio dettano legge anche sul mercato internazionale. E forse proprio per questo Yaksha rischia, in alcuni passaggi, di soffrire di un leggero manierismo, quasi che il richiamo ai classici sia più un atto dovuto che realmente necessario ai fini degli eventi: chi brama l'originalità a tutti i costi difficilmente troverà pane per i suoi denti, ma chi è in cerca di un solido titolo di genere non resterà deluso.

Nelle sue due ore di visione, infatti, il film ha il giusto polso e, tra colpi di scena più o meno prevedibili e dinamiche adrenaliniche che giocano tra testosterone e ironia, il sano intrattenimento a tema è garantito. Merito anche della marcata caratterizzazione dei personaggi, sia principali che secondari, che proprio nelle loro "storie nette" e nei relativi comportamenti rispecchiano i vari topoi, dal procuratore ligio alle regole al cane sciolto pronto a tutto per il bene dei suoi uomini e del suo Paese. Un patriottismo non fine a se stesso ma che tira in ballo anche la sempre auspicata - ma utopica - riunificazione delle due Coree e dove il male viene visto in forze esterne che non trarrebbero alcun vantaggio da una nazione unica.

Il regista Na Hyeon, una lunga esperienza da sceneggiatore e al secondo lavoro dietro la macchina da presa dopo l'esordio con The Prison (2017), dirige con una certa sicurezza e il cast - che include anche Hiroyuki Ikeuchi, il nipponico villain del primo storico Ip Man (2008) - si cala nei ruoli con la giusta incisività.E con un finale che lascia le porte aperte ad ulteriori sequel, le possibilità che Yaksha diventi un franchise vi sono tutte: d'altronde sia la formula che i relativi protagonisti incarnano al meglio questo gradevole fiera degli archetipi, abile nel riprodursi spesso in saghe più o meno lunghe.

Yaksha Un gioco di spie dell'estremo Oriente che si danno accesa battaglia, senza esclusione di colpi. Yaksha è un action thriller che si inserisce pienamente nella tradizione coreana recente e offre un sano intrattenimento a tema nel corso delle due ore di visione. Pur al netto di qualche ingenuità, o meglio forzatura in fase narrativa, il film di Na Hyeon funziona grazie all'eterogeneo e solido cast - che vanta volti più o meno conosciuti del cinema asiatico di diversi Paesi - e ad una trama che, suddette imprecisioni a parte, imbastisce un ordito geopolitico di sicuro appeal sul pubblico appassionato.

6.5

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