Yado, la recensione del film con Arnold Schwarzenegger e Brigitte Nielsen

In attesa del remake, ancora in fase embrionale, andiamo a riscoprire la prima incursione sul grande schermo del personaggio fantasy di Red Sonja.

Yado, la recensione del film con Arnold Schwarzenegger e Brigitte Nielsen
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Sonja, una giovane donna dai capelli rossi, viene violentata e abbandonata morente dai soldati della regina Gerdren, una tiranna il cui potere è destinato ad aumentare sempre di più. La despota infatti è entrata in possesso di un talismano, prima protetto da un ordine di sacerdotesse, dotato di immenso potere.
In Yado la reliquia è finita nelle mani di Gerdren che, dopo aver massacrato le custodi (tra le quali figurava anche la sorella di Sonja), intende usarlo per soggiogare il mondo intero ai propri voleri: l'oggetto ha infatti la peculiarità di poter essere toccato, e quindi usato, solo da membri del gentil sesso.
Sonja, che ha perso gli affetti più cari (oltre alla consanguinea anche i genitori e il fratello sono stati brutalmente uccisi dalla sua nemesi), è sopravvissuta grazie all'intervento della dea Scathach, invocata dalla richiesta di vendetta della ragazza, che le ha donato incredibili abilità nell'arte del combattimento affinché compia giustizia.
Ad aiutarla nella improba missione un potente guerriero, Kalidor, la cui reale identità sarà svelata in seguito, e un principe bambino (sovrano di un impero decaduto) in compagnia del suo inseparabile servo Falkon.

Guerriere future e passate

Del remake se ne parla fin dal 2008, quando Robert Rodriguez doveva essere al timone dietro la macchina da presa, e forse è finalmente arrivata la volta buona con l'annuncio della sostituzione di Bryan Singer (accreditato fino a qualche mese fa come regista prescelto, ma in un periodo non semplice della sua carriera per le accuse di molestie sessuali) con Jill Soloway, al suo esordio in un progetto di tale portata. E non è un caso che proprio una donna sia salita in carreggiata, sia per evitare qualsiasi polemica post MeToo che per tentare di imitare il successo di operazioni al femminile come Wonder Woman e Captain Marvel.

E già nell'originale, datato 1985, la carica femminista - almeno sulla carta - doveva essere assai più marcata rispetto alle altre produzioni sword & sorcery del periodo, nonostante la presenza di Arnold Schwarzenegger, non il reale protagonista, fosse reclamizzata il più possibile per attirare il pubblico di riferimento, ai tempi prevalentemente maschile.
La versione italiana del film ha ulteriormente accentuato questa dinamica con il titolo di Yado, personaggio interpretato dall'erculeo attore austriaco (ma il cui vero nome è in realtà Lord Kalidor) spacciato erroneamente come figura centrale del racconto.

Le origini della leggenda

Una genesi quindi travagliata per questa pellicola basta sull'eroina fantasy dei fumetti creata da Roy Thomas e Barry Windsor-Smith, a sua volta ispirata a Red Sonya of Rogatino, personaggio creato da Robert E. Howard in una storia breve negli anni '30. Così come le avventure di Conan il cimmero anche Yado è ambientato nell'era Hyboriana, e le similitudini coi due film interpretati dal futuro The Governator non si fermano qui: dietro la macchina da presa infatti troviamo Richard Fleischer, artigiano dei generi, che solo qualche mese prima aveva dato alla luce proprio Conan - Il distruttore (1984), secondo episodio del relativo dittico.
I punti in comune tra i due film sono evidenti non solo per il tono più leggero e scanzonato ma anche per l'artigianalità del set, con ambientazioni spoglie e di simil-cartapesta che rendono anche i passaggi potenzialmente più spettacolari una fiera del "vorrei ma non posso" all'insegna del più ingenuo divertimento a tema.

I novanta minuti di visione vivono proprio su questa frivolezza di messa in scena che svuota la potenziale epica alla base di qualsiasi fondamento, a cominciare dal prologo che introduce con fulminei passaggi (tra scritte in sovrimpressione e flashback dell'entità divina) il background della fulva amazzone, catapultandoci di colpo sul palcoscenico naturale delle infinite e spoglie colline dove poco dopo troviamo Kalinar a cavallo, segno che giocherà un ruolo importante ai fini degli eventi.

Limiti evidenti

La sceneggiatura è quanto di più elementare e forzato si potesse chiedere a un'operazione di questo tipo, con una villain caratterizzata sugli eccessi e un nugolo di comprimari improbabili per attirare anche spettatori più piccoli: non si spiega altrimenti l'importanza data alla figura del Principe Tarn, spesso fastidiosa e al centro di un superficiale coming-of-age non richiesto. Tra profezie apocalittiche, maghi dai folti baffi e dalle mille pozioni, trappole, passaggi segreti e ragni giganti usati come animali da compagnia (trovata perlomeno simpatica nella sua gratuita stramberia) Yado procede per inerzia, con decine di duelli all'arma bianca contro individui umani o scontri a mani nude con creature meccaniche/mostruose, arrivando così a un finale tra i più scontati e prevedibili, che ricorda l'ideale chiusura di una scampagnata tra amici.

Le performance del cast non migliorano di molto la situazione, con uno Schwarzenegger svogliato e una Brigitte Nielsen, allora reduce da esperienze da modella e al suo esordio assoluto sul grande schermo, dal fisico statuario ma dall'espressività nulla anche nelle fasi ipoteticamente più intense.

Yado Più scult che cult, nonostante il personaggio dall'iconico carisma alla base e la presenza di Arnold Schwarzenegger, qui in un ruolo da comprimario ricalcato su quello del Conan interpretato nei due film dedicati al cimmero. Proprio il regista del secondo episodio delle "avventure barbariche", Robert Fleischer, siede dietro la macchina da presa di questa revenge-story in salsa sword & sorcery che vede come assoluta protagonista (a dispetto del titolo italiano e delle locandine omocentriche) un'eroina amazzone dai capelli rossi che non si fida degli uomini, salvo trovarsi a lottare al loro fianco per sconfiggere un'altra donna. Un protofemminismo all'acqua di rose, prontamente castrato da un'inutile sottotrama platonica all'interno di un contesto dozzinale, con scene d'azione mal coreografate ed effetti speciali di basso livello che vanno di pari passo con le caratterizzazioni dei personaggi e le relative interpretazioni del cast. Nonostante tutto Yado riesce a divertire a tratti, non sempre volontariamente, proprio grazie ai succitati limiti, oggi impreziositi da un fascino vintage che ci riporta a un cinema sicuramente imperfetto ma a suo modo pacchianamente gradevole. Il film andrà in onda mercoledì 3 luglio alle 21.15 su MEDIASET ITALIA 2.

5.5

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