Wonder Woman Recensione: il cinecomic può essere donna

È finalmente arrivato nelle sale italiane il primo film della golden age dei cinecomic tutto al femminile, tra girl power e sentimento.

Wonder Woman Recensione: il cinecomic può essere donna
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L'avvento nelle sale cinematografiche di un cinecomic degno di questo nome tutto dedicato a una supereroina donna è quasi da considerare un evento storico, per l'altra metà del cielo i cui (super) alter ego fino ad oggi si erano limitati ad essere protagonisti di film decisamente poco riusciti, come l'Elektra dell'omonimo film di Rob Bowman o la Cat Woman di quello di Pitof. Dopo anni di superomismo imperante in cui, tolta l'Harley Quinn di Suicide Squad, le figure femminili nei blockbuster di questo genere hanno avuto poco più di una mera funzione di contorno, la Wonder Woman di Gal Gadot, già dal suo esordio in Batman v Superman, aveva fatto capire che il vento stava cambiando e lo ha confermato nel film stand-alone tutto incentrato di lei, nonostante alcuni errori di scrittura propri purtroppo di tutti i lungometraggi finora usciti del DCEU.

Wonder Gal

Diretto da Patty Jenkins, Wonder Woman è il miglior film che per ora l'Universo Cinematografico DC abbia prodotto, e questo è dovuto principalmente al fatto che Gal Gadot è perfetta nel duplice ruolo di Principessa delle Amazzoni e di Dea, suo malgrado, tra gli uomini. Sia sul campo di battaglia, dove si trova sempre a suo agio, che nei momenti in cui il sentimento che l'attrice deve mostrare è quello di stupore, la Gadot è credibile nella parte di Amazzone tenera ma tenace, guerriera innamorata del diverso e dell'umanità. Lo stesso personaggio è scritto divinamente e ha un percorso all'interno della pellicola squisitamente epico (nel senso letterale del termine) e molto coerente dall'inizio alla fine. Il film, infatti, fondamentalmente è un racconto di formazione in cui lo spettatore segue, passando dalla bellezza di Themyscira all'orrore della Prima Guerra Mondiale, il cambiamento di Diana che conosciamo bambina e lasciamo donna.

Le origini del mito (potrebbe contenere spoiler)

La trama di Wonder Woman ripercorre, grazie a un flashback della protagonista, le origini del personaggio: Diana è una semidea, figlia amata e tanto voluta di Ippolita, plasmata nell'argilla e portata in vita da Zeus. Fin da piccola la madre fa di tutto per proteggerla ed evitare di addestrarla come un'amazzone ma il destino della giovane si compie nel momento in cui, con l'arrivo sull'isola di Steve Trevor (Chris Pine), la Principessa andrà via dal paradiso in cui è nata e vissuta nel tentativo di salvare l'umanità nel bel mezzo del primo conflitto mondiale. Nel suo viaggio, a cui si aggregheranno altri bizzarri personaggi purtroppo non sempre funzionali, Diana conosce il lato più feroce dell'essere umano e attraverso i suoi occhi vergini di orrore anche noi spettatori, purtroppo assuefatti ormai a certe visioni di dolore, riscopriamo l'atrocità della guerra.

Una donna alla regia

Oltre ad essere il primo film della golden age dei cinecomic ad essere incentrato totalmente su un personaggio femminile, Wonder Woman è anche il primo lungometraggio di questo genere ad essere diretto da una donna. Come in ogni cinecomic parlare di regia non è semplice, ma che vi sia un occhio femminile a seguire le gesta di Diana Prince è palese soprattutto dal fatto che, nonostante la bellezza della Gadot, non vi sia alcuna oggettivazione del suo corpo durante tutto l'arco della pellicola. La Jenkins se l'è cavata bene a gestire questo blockbuster, enfatizzando con slow motion ad hoc le scene di battaglia essenziali rese ancor più potenti dalla colonna sonora. Nonostante il buon lavoro della cineasta e degli interpreti, Wonder Woman non è un film privo di difetti a causa di una sceneggiatura non sempre lineare, un finale decisamente banalizzante e, soprattutto, alcuni errori storici nella ricostruzione narrativa della Prima Guerra Mondiale che possono essere (solo) in parte perdonati, in virtù del fatto che non siamo davanti a un war movie ma a una pellicola di puro intrattenimento.

Femminista il giusto

Wonder Woman è nata come icona femminista, il suo "papà" (oltre Zeus) è infatti il teologo William Moulton Marston ed è per questo che fa piacere vedere che anche la versione cinematografica della supereroina punti, fortunatamente con ironia, su questa caratteristica. Alcuni dei dialoghi meglio riusciti e più divertenti del film infatti tendono a dissacrare l'eroe maschile Steve Trevor e anche il rapporto tra la Principessa delle Amazzoni e le altre donne è gestito in modo da sottolineare la possibilità di un sodalizio al femminile, tanto che è un peccato che il personaggio di Etta Candy (Lucy Davis) interagisca per così poco tempo con la protagonista. A differenza di molti cinecomic che ultimamente si sono avvicendanti sul grande schermo, Wonder Woman è uno dei pochi di cui si sentiva il bisogno ed il motivo, in questo periodo storico, è purtroppo uguale a quello che Marston ha dato nel 1941, quando ha spiegato il perché si fosse sentito in dovere di creare un'eroina come Diana Prince: "Il miglior rimedio per rivalorizzare le qualità delle donne è creare un personaggio femminile con tutta la forza di Superman ed in più il fascino di una donna brava e bella".

Wonder Woman Wonder Woman è il miglior film che l'Universo Cinematografico DC abbia finora portato sul grande schermo in quanto, al di là di alcune pecche di sceneggiatura non sempre perdonabili, Gal Gadot è perfetta nel ruolo della supereroina, tanto da reggere sulle sue spalle un intera pellicola e le sue imperfezioni. Il lungometraggio è un percorso di formazione, l'epica nascita di un'eroina, di una Dea tra gli uomini e dalla parte degli uomini. Un inno alla femminilità, alla forza oltre il genere e al contempo un doloroso e profondo attacco all ferocia dell'essere umano che troppo spesso si tramuta in guerra.

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