Recensione Woman in gold

Simon Curtis dirige Woman in gold, ovvero la storia del celebre Ritratto di Adele Bloch-Bauer di Gustav Klimt, saccheggiato dai tedeschi e poi reclamato nel corso di una spinosissima battaglia legale dalla sua legittima erede Maria Altman.

Recensione Woman in gold
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Maria Altman nacque a Vienna nel 1916, nove anni dopo che il celebre pittore austriaco Gustav Klimt ebbe completato l'opera d'arte raffigurante sua zia Adele. Un capolavoro inizialmente intitolato alla propria protagonista (ritratto di Adele Bloch Bauer), e poi passato invece ai posteri con l'appellativo di Woman in gold (ovvero la dama in oro), un titolo di palese richiamo alla forte presenza di ori e gioielli e alla forte connotazione erotica e sfarzosa del quadro; quello stesso mix che Adele Bloch Bauer aveva saputo incarnare così bene e che il genio di Klimt aveva fotografato nella bellezza del dipinto a lei ispirato. Solo un paio di decenni dopo, però, la florida comunità ebraica di cui facevano parte anche i Bloch-Bauer fu costretta a lasciare l'Austria, indotta alla fuga (nella migliore delle ipotesi) dalle persecuzioni naziste. I possedimenti, i beni, così come tutte le opere appartenenti alle facoltose famiglie ebraiche, vennero così saccheggiati dai nazisti, e agli originari proprietari di tutti quei beni non restò nulla. La stessa identica sorte toccò infatti anche al celebre dipinto Woman in gold. Nel 1998, però, oramai da tempo cittadina naturalizzata statunitense, Maria Altman decise di riappropriarsi di un bene appartenuto da sempre alla famiglia e che pure racchiudeva in sé una specie di contatto con quella zia speciale, un'immagine ancora viva nella sua memoria. Sostenuta dunque dall'appoggio di un giovane e promettente avvocato (Randy Schoenberg, interpretato da Ryan Reynolds), anch'egli legato alla comunità ebrea viennese in quanto nipote del celebre compositore Arnold Schoenberg, Maria Altman ingaggerà una battaglia legale divenuta in tutto e per tutto una lotta di Davide contro Golia, e che porterà la donna finanche dinanzi alla Corte Suprema e poi a un arbitrato interno in Austria. Una lotta che porterà avanti quel principio di familiarità e appartenenza alle proprie origini del quadro in questione, generando poi un'accesa e spinosissima questione di diritto internazionale.

Storie di Donne

Dopo Marilyn (2011), film che ripercorreva la settimana d'oro del neolaureato Colin Clark sul set de Il Principe e la ballerina e a stretto contatto con la 'dea' Marilyn Monroe, Simon Curtis sceglie ancora una storia di donna, in un ritratto intimo in cui s'intravede però anche il profilo cruento delle persecuzioni, qui narrato solo in sottotesto attraverso il racconto di una comunità privata in 'un attimo' e per intero di ogni ‘cosa'. La sempre brava Helen Mirren veste con il suo tipico aplomb ultra-british i panni sofisticati di una donna forte, la sua Maria Altman è una donna che sa quel che vuole e come ottenerlo, pur nel suo restare fragile vittima di un passato orribile e profondamente ingiusto. Il ricordo di una famiglia distrutta e di una vita annegata nei ricordi, diventano così l'altro filo temporale che corre parallelo a quello della battaglia legale (presente) per riavere ciò che è stato - a suo tempo - ingiustamente tolto. Ed è forse proprio nell'uso sistematico e non sempre fluido di questi due piani temporali che il film di Curtis tende a non essere sempre a fuoco, incisivo, incapace di fondere appieno la dimensione storica del racconto con quella umana, fatta di sentimenti alla ricerca di un loro riconoscimento - e risarcimento. Un doppio filo narrativo quindi non sempre efficace che perde in qualche modo di vista l'unitarietà filmica, e che impedisce all'opera di raggiunge quella pienezza narrativa ed emotiva che avrebbero, di contro, fatto la differenza.

Woman in gold Il regista britannico Simon Curtis porta al cinema la ricostruzione cinematografica della battaglia legale (vera) fatta da Maria Altman per riavere il famoso quadro di Klimt ritraente la zia Adele e appartenuto da sempre alla sua famiglia, ovvero Woman in gold. Un film per molti aspetti rigoroso ma che alla lunga si perde nel tentativo di fondere i due aspetti complementari di questa vicenda: il sottotesto storico della persecuzione nazista e del loro folle saccheggio agli ebrei, e la dimensione umana di una donna spogliata delle proprie origini e che tenta in ogni modo di riappropriarsene. Nel cast spicca la sempre brava Helen Mirren, anche se la sua Maria non assume mai quella pienezza narrativa ed emotiva che ci saremmo potuti aspettare.

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