Recensione Vuoti a Rendere

Riscoprire la vita a 60 anni

Recensione Vuoti a Rendere
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Lavoro in famiglia

Si conclude la trilogia "familiare" degli Sverak, padre e figlio. Il primo, Zdenek, attore e sceneggiatore, il secondo, Jan, regista acclamato dalla critica. Dopo Scuola elementare e Kolja ecco il terzo capitolo della loro collaborazione. Questa produzione ceco-britannica, dal titolo anglofono Empties e in Italia denominata Vuoti a rendere, che una volta tanto non ne snatura l'essenza, giunge nel Belpaese distribuito da Fandango in un numero esiguo di sale, vista la sua anima non commerciale. I pochi che avranno la fortuna di vederlo al cinema, in attesa dell'uscita per l'home video, si troveranno davanti a un film interessante e delizioso, seppur a tratti fin troppo ridondante in certe situazioni. Una storia che più semplice non si può, e che narra le "avventure" di Josef Tkaloun (Zdenek Sverak) , un simpatico professore in pensione che cerca di trovare nuovi stimoli nella sua apparente, nuova, noiosa vita da casalingo. Il rapporto coniugale con la moglie Eliska (Daniela Kolárová), già di per sè teso viste anche le continue fantasie sessuali di lui, lo spinge a trascorrere più tempo possibile fuori casa. Cerca così prima lavoro come "pony express" in bicicletta per le strade di Praga, ma in seguito a un incidente si trova costretto ad abbandonarlo. Trova l'occupazione adatta per puro caso, e finisce per lavorare in un supermercato. Il suo scopo è quello di ritirare i vuoti di bottiglia portate dai clienti, affinchè vengano riutilizzati, in cambio di crediti per la spesa (intelligente pratica utilizzata in molti paesi dell'est e nord Europa). Qui fa la conoscenza di molte persone, dai colleghi, tra cui figurano un ex colonnello militare reo del tentato omicidio della moglie e un giovane ragazzo dai problemi sentimentali. Allo stesso tempo diventa anche amico e confidente degli avventori del negozio, e trova in uno di essi il possibile nuovo compagno di sua figlia, appena uscita da una dolorosa separazione. Osservando lo scorrere degli eventi e le sorprese, buone o infauste che la vita può regalare alla gente comune, Zdenek capirà quali sono per lui i valori importanti e cercherà in ogni modo di rimettere a posto i cocci della sua vita in frantumi.

Una "nuova" vita

Il personaggio di Josef è l'epicentro da cui si scatenano scosse telluriche di entità più o meno grave. Da lui partono le scintille che portano al cambiamento dell'esistenza di molte persone, le quali a loro volta finiranno per mostrargli il lato più vero del vivere. Lo stile di Jan Sverak, fatto di piccole pennellate atte a dipingere gag o personaggi, è assolutamente perfetto per l'atmosfera giocosamente malinconica insita nella storia, e rende di una simpatia irresistibile la figura del protagonista. Il padre del regista è riuscito a imprimere un'umanità toccante nelle più grevi sfumature, e a trasformare un uomo imperfetto in un essere reale e perciò quanto mai vicino all'umano spettatore. Le sue continue fantasie erotiche, sempre più ampliate dalla sue nuove "conoscenze" femminili, per quanto ripetute e fin troppo simili tra loro, e quindi prevedibili, lo rendono totalmente "normale", così come il tentativo di riconciliazione con la moglie affranta da una storia addormentata da troppo tempo. Un uomo in grado di amare e imbrogliare, simpaticamente, sia a fin di bene sia per l'abitudine dell'erede di Adamo a sbagliare continuamente. E' una pellicola sulla vecchiaia, ma anche sul suo esatto opposto: sulla voglia di rimanere sempre giovani, di non arrendersi allo scorrere del tempo ma di lottare per mantenere quel fuoco che aiuta a vivere. E nel finale, forse un pò affrettato, si condensano tutti i significati narrati nei minuti precedenti, fautori di un tempo che in poco più di novanta minuti finisce per raccontarci la storia di tutta una vita. Una vita che è specchio di ognuno di noi, giovani o vecchi, uomini o donne. E che da questo "ritratto" di celluloide esce più luminosa e pulsante che mai.

Vuoti a Rendere Forse il fatto che il regista e l'attore protagonista siano, rispettivamente, figlio e padre, li ha aiutati a creare una storia di estrema naturalezza. Rimane il fatto che, grazie a piccole e appassionate pennellate, ci si trova davanti a un film pregno di malinconia, ma anche di una voglia di vivere forte e intensa. Attraverso gag e situazioni di indubbio fascino, ironico o più drammatico, si trascorrono novanta minuti piacevoli e rilassanti, su di un cinema che indaga nell'animo umano e che ne cattura la più vera essenza.

7

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