Vortex Recensione: viaggio nella vecchiaia con Gaspar Noé e Dario Argento

Françoise Lebrun e Dario Argento sono i protagonisti di una pellicola dura e sfiancante, come Vortex di Gaspar Noé.

Vortex Recensione: viaggio nella vecchiaia con Gaspar Noé e Dario Argento
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Dalla musica costante e le melodie stordenti di Climax, l'autore Gaspar Noé è passato senza alcun intermezzo al silenzio pesante e alla lentezza siderale di Vortex, presentato allo scorso festival di Cannes (scoprite il programma del Festival di Cannes 2022. Un passaggio dalla giovinezza alla vecchiaia, da lunghe inquadrature coreografate e danzate - riscopritele nella nostra recensione Climax - all'improvvisazione libera e impreparata degli attori Françoise Lebrun e Dario Argento. L'eccesso in un modo che sfocia nell'opposizione di qualcosa di altro e rende le due pellicole discordanti e incredibilmente lontane. L'arte dell'esagerare è sempre stata però la prerogativa del regista e sceneggiatore di Irréversible e Enter The Void. Scuotere e scioccare non rimanendo fissi su di un punto, ma fare del proprio prossimo lavoro un nuovo tentativo di affondare la carne negli angoli più ossessivi legati all'umano essere e a tutta la schiera di sensazioni che è in grado di poter affrontare.

Lo split screen della vecchiaia

Visioni che diventano estreme e che oramai preparano in anticipo lo spettatore ogni volta che c'è da avvicinarsi ad un'opera inedita dell'autore che, nell'impossibilità di poter trovare i grigi all'interno del suo cinema, catapulta nelle proprie fobie e nella propria brama il pubblico.

Se la colonna sonora di Climax era perciò protagonista principale del film circoscritto nelle stanze e nei corridoi di una psichedelica palestra, è la placidità tesa di una casa abitata da due anziani a perforare i timpani del pubblico, che dal loro tacere o semplice borbottare percepisce la difficoltà fisiologica del poter comunicare. L'insofferenza dei personaggi di Lebrun e Argento riflette una terza età che Noé riporta nella più cruda delle maniere: confusa, lenta, esasperante, come ci si augura di non dover invecchiare e che invece arriva e fa soccombere gli esseri umani sotto il suo giogo mortale. Quella a cui il regista si approccia con Vortex è la rappresentazione indelicata, come l'esistenza delle persone sa esserlo, dell'avanzamento degli anni che conducono a condizioni di demenza senile e di attacchi di cuore. È il caos di una mente che non riconosce più le vie del proprio quartiere, che si aggira senza senso logico e destinata a dimenticare il proprio nome, il proprio ruolo, chi si è stati e chi si ha accanto.

È una situazione di disagio che il cineasta non edulcora e non abbellisce, non poeticizza né accarezza, ma che inquadra a seconda dei suoi protagonisti dividendola in uno split screen che è insieme effetto ottico affascinante e suddivisione della doppia e speculare vecchiaia che i personaggi stanno affrontando.

Una simmetria nelle immagini che non sempre viene rispettata perché costretta a sottostare alla briglia sciolta che il regista concede ai suoi attori, ma che molto spesso trova contrasti o corrispettivi nelle due finestre in cui permette di far affacciare lo spettatore, che riconosce così il gusto estetico di Gaspar Noé oltre all'acutizzazione di un racconto sfiancante perché a tratti reale.

I racconti della terza età

Vortex diventa così la versione logorante di un già intollerabile film quale Amour, che prende dall'eleganza naturale e dolorosa dell'opera di Michael Haneke, vincitrice dell'Oscar, e ne riporta la propria variante escludendo l'accuratezza delle inquadrature e sostituendo ai momenti da camera fissa il continuo pedinamento dei suoi personaggi. Uno stesso tema che avvicina l'autore austriaco a quello argentino e a cui i due registi applicano il medesimo procedimento: quello di inglobarlo totalmente nel proprio cinema e lasciare che sia la loro personale verve artistica a riportarlo. Maneggiare l'argomento evitando la cautela, così da presentarne la durezza che vorremmo nascondere di quell'età, ma di fronte a cui gli autori vogliono portarci.

Pellicole distanti nella propria realizzazione pur decise entrambe ad applicare un tocco che possa contraddistinguere il loro cinema. La vecchiaia come specchio di una lucidità che non appartiene più ai personaggi, ma solamente a coloro che senza pietismi decidono di riportarla. Sfiancando intenzionalmente il pubblico, non dando alcuna tregua ai protagonisti e restituendo la pesantezza di un momento davanti a cui ci si ritrova inermi, con Vortex si è incollati agli ultimi aneliti di vita che Gaspar Noé rende sfibranti, non abbandonando mai la sofferenza nemmeno negli istanti decisivi. L'essere cosciente di aver scavato in un'angoscia di cui lo spettatore dovrà farsi portatore, non desiderando affatto l'idea di dover invecchiare, ma cosciente che prima o poi bisognerà farlo.

Vortex Gaspar Noé rappresenta a proprio modo la vecchiaia in Vortex. Allontanandosi dal baccano e dalla chiassosità del precedente Climax, il regista fa del silenzio il rumore costante che mette così in contemplazione lo spettatore di fronte alla sua opera. Una pellicola che non risparmia esasperazione, crudezza e sofferenza: quelle che provano i personaggi sullo schermo e che il cineasta vuole far sentire anche al pubblico.

7

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