Recensione Vizio di forma

Paul Thomas Anderson restituisce sul grande schermo la densità narrativa e lo humor dissacrante delle pagine di Thomas Pynchon

Recensione Vizio di forma
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La storia di Vizio di forma si svolge a Gordita Beach, California, nel 1970. L’investigatore privato Larry Sportello (Joaquin Phoenix), detto Doc, vive in una casa sulla spiaggia. Doc, che ha un aspetto piuttosto trascurato e un debole per l’erba e altre droghe, riceve la visita di una sua ex ragazza, Shasta Fay Hepworth (Katherine Waterston), la quale ha bisogno del suo aiuto per sventare un complotto ai danni del proprio amante, Mickey Wolfmann (Eric Roberts), un ricco agente immobiliare, la cui vita potrebbe essere in pericolo a causa della subdola moglie Sloane (Serena Scott Thomas). Doc, che prova ancora dei sentimenti per Shasta, accetta l’incarico; le sue indagini lo portano ad un presunto centro massaggi che è in realtà un bordello, dove qualcuno lo tramortisce con una mazza da baseball. Doc si risveglia accanto al cadavere di una delle guardie del corpo di Wolfmann e viene fermato dal burbero detective Christian F. Bjornsen (Josh Brolin), soprannominato Bigfoot, intenzionato a torchiarlo; in suo aiuto sopraggiunge però l’avvocato Sauncho Smilax (Benicio del Toro). Rilasciato dalla polizia, Doc viene contattato dalla giovane tossicomane Hope Harlingen (Jena Malone), che gli chiede di rintracciare suo marito Coy (Owen Wilson)...

PAUL THOMAS ANDERSON RILEGGE THOMAS PYNCHON

“Vizio di forma”, ovvero la mancanza di uno degli elementi formali prescritti a pena di invalidità di un atto legale. È l’inherent vice in cui rischia di imbattersi Doc Sportello nel corso di una detection a dir poco magmatica, con innumerevoli fili narrativi che si intrecciano in un garbuglio inestricabile, in cui la supposta “verità” è un concetto talmente labile ed illusorio che perfino gli appunti segnati da Doc sul suo taccuino risultano annotazioni ridicole e senza senso. Del resto, non poteva essere altrimenti considerata la materia narrativa di Vizio di forma, ad oggi il penultimo romanzo di un autore, l’elusivissimo Thomas Pynchon, che da quarant’anni è ritenuto il campione indiscusso della letteratura postmoderna. A cimentarsi con un’impresa tanto ardua, ovvero la traspozione del romanzo pubblicato da Pynchon nel 2009, è uno fra i massimi cineasti del panorama contemporaneo, Paul Thomas Anderson (che grazie all’adattamento del libro di Pynchon si è guadagnato la nomination all’Oscar). A due anni di distanza da quello che rimane probabilmente il suo maggiore capolavoro, The Master, Anderson ritrova Joaquin Phoenix (ingaggiato dopo la rinuncia di Robert Downey Jr), formidabile nei panni di questo detective lurido e stropicciato che, nell’arco di due ore e mezza, si aggira in un microcosmo - l’immaginaria cittadina californiana di Gordita Beach - in cui la sola, inesorabile dominante sembra essere il Caos.

UN’INDAGINE DEL CAOS

E Vizio di forma è innanzitutto questo: una ricognizione del Caos in cui le uniche coordinate più o meno certe del trip di Doc sono quelle pronunciate, con tono sornione, dalla voce narrante di Sortilège (Joanna Newsom), una delle compagne di letto di Doc. Fra parentesi buffonesche e una fugace citazione blasfema de L’ultima cena di Leonardo, il film di Anderson riprende il modello cristallizzato del poliziesco hard boiled e del noir per smontarlo dall’interno: se nel 1973 Il lungo addio di Robert Altman (nume tutelare di Anderson) si proponeva come il veicolo del disincanto rispetto agli stilemi di un cinema ormai tramontato, Vizio di forma porta ancora più all’estremo la demolizione dei suddetti archetipi, desaturati attraverso quell’umorismo grottesco proprio anche delle black comedy dei fratelli Coen (Il grande Lebowski in primis). Ad offrire l’indispensabile cornice alle disavventure di Doc è la California agli albori degli Anni ’70, sede della controcultura hippie e caratterizzata dalle tinte vivaci della fotografia di Robert Elswit, mentre il percorso erratico e scanzonato del private eye di Joaquin Phoenix è scandito dalla sapiente colonna sonora del fido Johnny Greenwood, in cui si alternano (What a) Wonderful World di Sam Cooke ed Any Day Now di Chuck Johnson, suggestioni jazz e l’inedita Spooks dei Radiohead; mentre a far trapelare un soffuso, impalpabile sentimento di malinconia contribuiscono due ballate folk del primo Neil Young, Harvest e Journey Through the Past: «Will your restless heart come back to mine / on a journey thru the past? / Will I still be in your eyes and on your mind?».

Vizio di forma Rilettura ironica dei canoni e delle convenzioni del noir aggiornati all’epoca del postmodernismo, Vizio di forma restituisce sullo schermo la densità narrativa e lo humor dissacrante delle pagine di Thomas Pynchon, in un giallo dalla struttura frammentaria in cui lo stralunato detective interpretato da Joaquin Phoenix si muove all’interno di un variegato microcosmo, nel quale fanno capolino i volti di Benicio del Toro, Reese Witherspoon, Owen Wilson, Martin Short, Eric Roberts e di un impagabile Josh Brolin.

7.5

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