Victoria, la recensione dell'one-shot film di Sebastian Schipper Recensione

Una ragazza spagnola finisce invischiata in una rapina insieme a quattro coetanei tedeschi in Victoria, film girato in un unico piano sequenza.

Victoria, la recensione dell'one-shot film di Sebastian Schipper Recensione
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Sono pochi i film ad appartenere alla categoria "one shot", ossia girati interamente in un unico piano sequenza senza stacchi di sorta. Ogni cinefilo che si rispetti conoscerà bene Arca Russa (2002), capolavoro di Alexander Sokurov, e poche settimane fa la tecnica è stata utilizzata in un vero e proprio esperimento in diretta da Woody Harrelson per Lost in London (2017). A questa ristretta lista appartiene anche Victoria, film tedesco del 2015 che dopo i plausi della critica si appresta ora ad uscire anche nelle nostre sale. La sceneggiatura, curata dallo stesso regista Sebastian Schipper, è incentrata sul personaggio di Victoria, una ventenne spagnola trasferitasi da qualche mese a Berlino che dopo una serata passata in discoteca conosce quattro ragazzi del posto, i quali si offrono di mostrarle il vero volto della città. Tutto sembra procedere per il meglio almeno fino a quando il bad-boy del gruppo, un duro dal cuore d'oro, scopre di dover ripagare da lì a brevissimo un vecchio debito d'onore risalente al periodo in cui era dietro le sbarre; la ragazza finirà così coinvolta nella preparazione di una rapina alla banca allo scoccare dell'alba.

Prima dell'alba

Un magnifico personaggio femminile a dominare le due ore e rotti di un film straniante, sospeso tra i respiri del più ispirato romanticismo e gli istinti ferali degni dei migliori heist-movie. Victoria utilizza il mezzo dell'unico piano sequenza (riuscito al terzo e ultimo tentativo possibile, con una versione "segmentata" pronta di riserva in caso di fallimento) per immergerci in una storia intensa e drammatica, solcata da una naturalezza istintiva e coinvolgente che emerge nella gestione attoriale degli interpreti, il cui via libera all'improvvisazione ha lasciato ampi margini per dar vita ad un quadro umano verosimile e maledettamente empatico. Nei primi minuti si respira un'ansia a tratti disturbante nell'assistere all'incontro tra la protagonista e i quattro "berlinesi veri" (come amano definirsi Sonne e i suoi amici), pensando il peggio nel vedere una giovane sola, anche se non ingenua, alla possibile mercé di quattro sconosciuti visivamente ubriachi; ben presto però il timore viene meno giacché questi altro non erano che agnelli travestiti da lupi, e il rapporto tra le due parti si fa sincero e palpabile. Agnelli costretti però dagli eventi a trasformarsi effettivamente in predatori quando la rapina "si ha da fare", destabilizzando nuovamente il mood ora quieto in un'escalation di pura e asfissiante tensione che nella seconda metà di visione lascia senza fiato in più occasioni. Il cameraman Sturla Brandth Grøvlen segue Victoria per tutti i 138 minuti non abbandonandola un solo secondo, rimanendo attaccato ai suoi sguardi e alle sue reazioni sempre alla giusta distanza, salvo allontanarsi simbolicamente nell'unico epilogo possibile. Gran merito di un'operazione magnetica, che ci mostra come le strade del Cinema siano davvero infinite, va sicuramente attribuito al cast e in particolare alla bella e brava Laia Costa, capace di costruire senza momenti di stanca una figura complessa, timida e sveglia al contempo e in grado di prendere le redini della situazione nei momenti più difficili di una notte impossibile da dimenticare.

Victoria Una giovane ragazza spagnola a Berlino da pochi mesi conosce quattro coetanei del luogo e finisce invischiata in una rapina che avrà luogo di lì a breve: in Victoria, titolo di Sebastian Schipper girato in un unico piano sequenza di 138 minuti, niente è quello che sembra e dopo le ansie iniziali le atmosfere poi quiete e vagamente romantiche lasciano spazio ad un un tourbillon altamente tensivo nella realizzazione del crimine, deflagrando in una crudezza emotiva che non lascia un attimo di respiro. Non un semplice esercizio di virtuosismo stilistico ma un film magnifico nel suo attaccamento alla vicenda e ai personaggi, interpretati con la giusta e febbrile intensità dall'ottimo cast (il risultato definitivo è quello ottenuto al terzo e ultimo tentativo possibile) la cui richiesta improvvisazione ha donato alla vicenda quella dose di credibile naturalezza necessaria alla completa riuscita dell'operazione.

8.5

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