Recensione Vicky Cristina Barcelona

I mille volti dell'amore e dell'insicurezza nella solare Barcellona di Allen

Recensione Vicky Cristina Barcelona
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Te quiero Barcelona

Ogni nuovo film di Woody Allen porta inevitabilmente con sé tutto uno strascico di aspettative e conseguenti, quasi inevitabili, polemiche da parte sia del pubblico che della critica, che ormai da anni si divide nel giudizio su questo eclettico autore/attore/regista.
Dopo un trittico di pellicole dense di nebbie londinesi e fumose metafore anglofone, è ora il turno, di muoversi alla volta dell’Europa più viva e solare: si comincia con la Spagna catalana, e si proseguirà, secondo quanto detto da Allen stesso, con la Francia e l’Italia.
Vicky Cristina Barcelona è un film particolare: dopo i mezzi passi falsi de Cassandra's Dream e Scoop, si torna alla commedia sentimentale, senza tingerla di giallo o thriller (tranne che in una sparuta occasione volta solo ad amplificare l’umanità di un personaggio) regalandoci un caleidoscopio di immagini e sensazioni riferite all’amore per la vita, i sentimenti, e le cose belle. Per la passione in tutte le sue possibili manifestazioni, in pratica.

Barcelona es poderosa

Vicky (Rebecca Hall) e Cristina (Scarlett Johansson): due grandi amiche, ma contemporaneamente due modi di vivere la vita e l'amore completamente contrapposti. L'una, seria e pragmatica, ben sa cosa vuole dall'esistenza e come ottenerlo: è sempre in cerca di stabilità e sicurezze, e trova la realizzazione alle sue aspirazioni nell’adorabile (e per questo motivo noioso) fidanzato; l'altra, gioviale fino all'incoscienza, è sempre in cerca di avventure e di qualcosa che le faccia battere il suo romantico cuoricino.
Un fortunoso soggiorno a Barcellona è destinato però a rimescolare le carte in tavola e a sconvolgere le loro certezze, scuotendole nel profondo e trasformandole inaspettatamente. Il fattore scatenante di questo effetto domino sulle loro vite sarà l'incontro con Juan Antonio (Javier Bardem), fascinoso, schietto e tormentato artista spagnolo, ancora invischiato nella ragnatela del suo precedente matrimonio con la bellissima quanto psicologicamente instabile Maria Elena (Penelope Cruz).
Allen sviluppa, nel corso del film, un rapporto assolutamente particolare fra i protagonisti, andando a sfiorare ritmi e situazioni quasi da telenovela, visto il complicato intreccio di relazioni sentimentali che si viene a creare, tra romantiche serate a lume di candela e continue escursioni per i luoghi della movida, della cultura e dell’arte della città spagnola. Il tutto innaffiato da enormi bicchieri di vino rosso sempre pieni, e con il sottofondo delle stupende chitarre gitane, che vanno degnamente a sostituire, in questo film, il jazz solitamente tanto amato da Allen.

Que bonito seria tu mar si supiera yo nadar

Non ci sentiamo di appoggiare pienamente le due critiche più comuni a questo film, ovvero il fatto che Allen si sia “svenduto” alla pro loco spagnola che ha co-finanziato il film, e la mancanza di mordente che caratterizzerebbe l’intera pellicola.
Se, infatti, è vero che il film sia stato quasi “commissionato”, questo non vuol dire che sia solo poco più di un documentario sulle bellezze della città, né si può certo dire che non sia stato un film sentito da Allen, vista l’acutezza di certe riflessioni (lasciate volutamente aperte), o la cura con cui ha scelto cast e situazioni da rappresentare. Probabilmente il buon Woody non si è fatto sfuggire la possibilità di costruire una storia intrigante su un contesto pieno di vita come quello di una città europea colorata, artistica e cosmopolita come Barcellona, un ambito molto diverso dalla grigia Inghilterra dei suoi ultimi film e anche dalla tanto amata New York. E bisogna comunque dire che, se anche la “pubblicità” è presente in maniera massiccia, è inserita (è il caso di dirlo) ad arte, e sicuramente è molto più gradevole da vedere un tramonto visto dalla celebre cattedrale di Gaudì che i soliti loghi di automobili, orologi o cellulari sbandierati senza ritegno dal protagonista di turno.
Per quanto riguarda la presunta inconsistenza di fondo dell’opera, logorroica e farcita secondo alcuni di discorsi autoreferenziali, noi vogliamo riconoscere ad Allen la bravura di continuare a saper riconoscere, analizzare, interpretare (ma non giudicare) tutte le contraddizioni e le paranoie insite nell’animo umano, aiutato, in questo, da un ottimo cast di attori e da una colonna sonora azzeccatissima e pienamente in linea col senso del film.
Il testo della bella canzone di Giulia Tellarini che ci accompagna per buona parte della pellicola, infatti, è ricco di metafore e sembra affermare e confermare quello che lo stesso Allen vuole dire: Barcellona è una città dove si può cercare sé stessi e gli altri, ma come nella ricerca dei sentimenti, c’è una molteplicità di vedute che a volte è impossibile da far conciliare, ma, al tempo stesso, è meravigliosa proprio per questo.
E’ molto interessante vedere come tutti i personaggi, nonostante la propria indole teoricamente incrollabile e le proprie “sicurezze”, si ritrovino, prima o poi, spaesati, insicuri, assolutamente incompleti. Desiderosi di quel qualcosa che sentono mancar loro ma che non riescono in alcun modo ad identificare. Allen sembra voler dire, tramite anche la sottovalutata figura del padre di Juan Antonio e le teorie di Maria Elena (che nonostante la presunta schizofrenia appare spesso come il personaggio più acuto e sensato del film), che l’essere umano è costantemente votato all’infelice e autodistruttiva ricerca di quello che non ha o che non è, e destinato a non trovare mai quel “centro di gravità permanente” cantato anche da Battiato molti anni fa.
Perché la felicità non è semplicemente un matrimonio “perfetto” con una persona stupenda, come nel caso di Vicky, né la libertà sfrenata e disinibita che Cristina si concede alla ‘corte’ di Juan Antonio.
Altra riflessione interessante è quella sul maschio che, di qualunque indole sia, finisce sempre per cedere al proprio bisogno di avere accanto la donna amata. Che siano di potere, ricchi o affascinanti, la sicurezza degli uomini crolla in mancanza dell’elemento femminile. Elemento femminile che, anche con tutte le sue incertezze e paure, fa da sempre girare il mondo.

Un cast ottimo come un rosso catalano

Parlando del cast, quelle che saltano subito all’occhio sono naturalmente le tre protagoniste, tre bellezze differenti come le parti che interpretano. Sia la Hall, che la Cruz che la Johansson se la cavano egregiamente: la Johansson (qui alla terza collaborazione con Allen) entra bene nella parte della piccola Peter Pan in cerca della personale Isola che non c’è, riuscendo ad essere incredibilmente dolce e sensuale allo stesso tempo.
La Cruz conferma le sue ottime doti drammatiche rendendo il personaggio di Maria Elena molto più che una macchietta destinata a comparsate isteriche, e anche lei sprizza erotismo quasi inconsapevole da ogni piccola occhiata, o atteggiamento. Degna di nota Rebecca Hall (collega di Scarlett Johansson anche in The Prestige, che rischiava di essere messa in ombra dalle sue due ben più note colleghe, e invece stupisce per intensità e tensione di un personaggio che è convinto di dover vivere la sua vita nel “migliore dei modi” e a cui sembra assurdo sprecare la propria consolidata posizione per un capriccio, ma invidia la spregiudicatezza della propria migliore amica, che critica ma in fondo ammira.
Bardem, dal canto suo, si ritrova a interagire con questo trittico di primedonne in maniera semplice quanto efficace e soprattutto convincente. Tipico artista e ancor più tipico latin lover, sconclusionato ma al contempo pratico, razionale, ma, al tempo stesso, romantico, e ad ogni modo dipendente dal rapporto con la ex moglie.
Un plauso va anche a Chris Messina, che risulta assolutamente credibile nelle vesti dell’innamoratissimo, perfettino ed innocente Doug, promesso sposo di Vicky.

Vicky Cristina Barcelona Vicky Cristina Barcellona non è un probabilmente un film perfetto né certamente il miglior Allen di sempre, ma è una storia che, vista al di là di tutte le polemiche, mostra appieno l’insicurezza e l’irrequietezza dell’animo umano, in una splendida cornice naturale e architettonica, e con ottimi attori a rappresentarla. E proprio come la Barcellona cantata nella colonna sonora, se saprete apprezzarlo scoprirete il suo “calore che vi congela dal di dentro”.

8

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