Recensione Venuto al mondo

Sergio Castellitto traspone al cinema il romanzo Venuto al mondo della moglie-scrittrice Margaret Mazzantini

Recensione Venuto al mondo
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Dopo la (non convincente) parentesi nella commedia, Sergio Castellitto torna al genere che gli è evidentemente più congeniale (sia come attore sia come regista). Non solo. Al suo fianco, oltre alla moglie e compagna di lavoro Magaret Mazzantini, Castellitto ritrova le prorompenti sensualità e bravura di Penelope Cruz, con la quale nell'oramai lontano 2004 aveva realizzato l'intenso dramma Non ti muovere. Anche stavolta, come allora, il punto di partenza è un romanzo della Mazzantini. Si tratta di Venuto al mondo, un libro che incrocia diverse peripezie umane sullo sfondo del cruento conflitto bosniaco in una Sarajevo sempre più irriconoscibile, sempre più a pezzi. Un cast con due nomi di risonanza internazionale come la già citata Penelope Cruz e l'attore americano Emile Hirsch (noto soprattutto per le sue memorabili interpretazioni di Into the Wild e Milk), e i volti di due attori bosniaci ancora poco noti ma destinati a fare strada, costruiscono il quartetto umano di esistenze coinvolte nel complesso incastro di tematiche contrastanti (la nascita e la morte, l'amore e la guerra, il senso di perdita e quello del riscatto) che nutrono ogni inquadratura di questo film.
La riduzione filmica di un romanzo (come sottolineato anche dalla stessa Mazzantini) è sempre inevitabilmente un processo di perdita, un accurato lavoro di selezione in cui alcuni tasselli vengono preferiti a discapito di altri, che si perdono invece nel lavoro di trasposizione. Una scelta necessaria, dettata dalla mancanza di disponibilità e profondità narrative del mezzo visivo e che invece contraddistinguono le opere di scrittura. Nel caso specifico, il lavoro è reso ancora più arduo dalla congerie di soggetti e tematiche sottese al testo e che costituiscono l'ossatura della storia di Venuto al mondo. Castellitto fa un buon lavoro di regia (sostenuto senza dubbio dall'ottimo coro di attori, in cui spiccano i due emergenti attori bosniaci Adnan Haskovic e Saadet Aksoy) mantenendo il dramma asciutto e nel complesso privo di digressioni melense dal potere ricattatorio. È invece dal punto di vista prettamente narrativo che Venuto al mondo si perde, attraverso una descrizione a tratti troppo stereotipata dei temi portanti e la struttura a scatole cinesi che il film sceglie, lasciando poco spazio (e tempo) al vero processo di empatizzazione. Il risultato è un lavoro composito che attraversa momenti di verismo così come sentieri di sterile rappresentazione.

Storie di vita, di morte, di amore e di guerra

Gemma (Penelope Cruz) vive a Roma con suo figlio Pietro (Pietro Castellitto) e suo marito Giuliano (Sergio Castellitto). Ricontattata a sorpresa dall'amico e poeta bosniaco Gojko, a distanza di molti anni Gemma torna con il figlio Pietro nella Sarajevo della guerra e luogo dove conobbe il suo grande amore Diego, talentuoso artista del quale (ora) è stata allestita una mostra di fotografie. Un ritorno che scatenerà in Gemma il lungo processo di rielaborazione di un tempo andato e del quale lei ancora non conosce ogni verità. A quel passato condito di amore per un uomo poi divenuto irraggiungibile nella disperazione della scoperta della sua sterilità, Gemma è legata in maniera inscindibile dalla figura di suo figlio Pietro, nato dal ventre di un'altra, eppure disperatamente suo. Una serie di rivelazioni attendono Gemma e Pietro alle soglie di una Sarajevo trasformata dal tempo e dalle ferite di una guerra così recente da essere parte integrante dell'esistenza del giovane Pietro, ragazzo italiano che non sa quanto nel suo corpo batta in realtà un cuore veracemente bosniaco.

Venuto al mondo È un peccato che nonostante l’impegno e l’onestà intellettuale che avvolgono il film e tutta la rosa attoriale, Venuto al mondo si riveli infine un lavoro poco riuscito. Forse una serie di scelte poco azzeccate (come la distanza anagrafica tra Gemma e Diego, o la decisione di far interpretare Pietro a Pietro Castellitto accanto al suo vero padre, o ancora l’eccessivo movimento geografico e temporale cui deve sottostare il racconto) e la scelta di seguire comunque i tanti binari esistenziali costruiti dal libro, incide negativamente sul prodotto finale che soffre (visibilmente) il suo essere trasposizione. Di sicuro un film realizzato con grande impegno e dedizione che non riesce, suo malgrado, a valicare i confini della storia narrata e a farsi emozione.

6

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