Recensione Venere in Pelliccia

Torna Roman Polanski, per rivisitare lo scandaloso romanzo di Leopold von Sacher-Masoch

Recensione Venere in Pelliccia
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A neppure due anni di distanza dall’apprezzato Carnage, trasposizione del successo teatrale di Yasmina Reza, il grande regista polacco Roman Polanski, che ha da poco festeggiato il traguardo degli 80 anni, torna ad intrecciare i linguaggi del cinema e del palcoscenico con la sua nuova opera, Venere in pelliccia, accolta dal consenso pressoché unanime della critica al Festival di Cannes 2013. Il punto di partenza, in questa occasione, è costituito dall’omonimo, ‘scandaloso’ romanzo pubblicato nel 1870 dallo scrittore austriaco Leopold von Sacher-Masoch (dal cui nome sarebbe poi stato coniato il termine “masochismo”), a sua volta alla base della pièce dell’americano David Ives, che ha curato la sceneggiatura del film in collaborazione con Polanski (ma tra le ‘influenze’ del libro di Sacher-Masoch, come non ricordare lo storico brano Venus in furs dei Velvet Underground?). Un film aperto, non a caso, dalla medesima epigrafe del romanzo: «E l’Onnipotente lo colpì, e lo consegnò nelle mani di una donna», in cui l’ironia misogina costituisce il preludio di un’implacabile “guerra dei sessi”.

Tra realtà e finzione

A combattere la suddetta guerra, sul palco di un teatro parigino dei giorni nostri, sono unicamente due personaggi: Thomas, drammaturgo nonché regista al debutto, impegnato a cercare l’interprete adatta per la sua nuova commedia, Venere in pelliccia, adattamento del testo di Sacher-Masoch; e Vanda, una piacente attrice di mezza età che, per una strana combinazione del destino, condivide il nome con la protagonista del romanzo. Lui, in procinto di lasciare il teatro ormai vuoto, è disperato perché non è riuscito a trovare la donna giusta fra le numerose candidate chiamate a sostenere un provino («Metà sono vestite da puttane, l’altra metà da lesbiche»), mentre lei, con il suo aspetto discinto e l’atteggiamento in apparenza volgare, non fa altro che accrescere l’irritazione di Thomas. Eppure, nel momento in cui Vanda si cala nel personaggio ed inizia a recitare le battute del copione, Venere in pelliccia comincia miracolosamente a prendere vita: sotto gli occhi via via sempre più meravigliati di Thomas, la donna che ha di fronte si trasforma nella Vanda di Sacher-Masoch, incarnandone di scena in scena tutti gli aspetti e, cosa ancor più sorprendente, trascinando lo stesso Thomas in questo ambiguo gioco al confine fra realtà e finzione.

LETTERATURA, CINEMA E (META)TEATRO

Ad impersonare Thomas è uno dei più talentuosi interpreti del cinema francese, Mathieu Amalric, del quale colpisce inoltre la notevole somiglianza fisica con lo stesso Polanski. Vanda, invece, è un’ammirevole Emmanuelle Seigner, moglie del regista polacco fin dal 1989, e occasionalmente anche sua compagna di set: e in Venere in pelliccia, la 47enne Seigner regala forse la migliore performance della propria carriera, in magistrale equilibrio fra charme, seduzione, aggressività ed energia. Nello spazio circoscritto del palco, fra le luci e le ombre disegnate di volta in volta dai riflettori, i due attori si muovono con padronanza e grande maestria, mentre la macchina da presa - mobilissima - di Polanski fa sì che questo Kammerspiel non rimanga intrappolato nei limiti del “teatro filmato”. Al contrario, il regista di Rosemary’s baby e Chinatown tramuta la pièce di Ives nel veicolo di una riflessione sul metateatro che, giocoforza, è al contempo anche una riflessione metacinematografica volta a indagare i rapporti fra l’arte, la letteratura e la “vita vera”, ovvero la nostra capacità di rispecchiarci nei personaggi partoriti dalle pagine di un libro.

La dea del massacro

Il risultato è il consueto (per tutti gli estimatori di Polanski) ma pur sempre godibilissimo gioco al massacro fra vittima e carnefice, condito da frecciate di pungente ironia, in cui le componenti della passione amorosa e delle pulsioni (o perversioni?) sessuali giocano un ruolo fondamentale; e da questo punto di vista, è facile cogliere in Venere in pelliccia un’ampia serie di rimandi stilistici e tematici all’intera filmografia di Polanski, dai primissimi Il coltello nell’acqua e Cul-de-sac al meno riuscito Luna di fiele (sempre con la Seigner) fino al recente Carnage. Mai come in questo caso, però, il regista polacco mostra uno specifico interesse per l’incessante compenetrazione fra arte e vita che ricorda l’ultima produzione di Alain Resnais (in particolare il bellissimo Vous n’avez encore rien vu, del 2012): e così Polanski acuisce la tensione nel reciproco gioco delle parti, sfiora il divertissement intellettuale e conclude i 96 minuti di spettacolo tramutando la sua Venere / Vanda in una sadica baccante che danza nuda e feroce al cospetto dell’inerme Thomas, legato ad un cactus posticcio dalle ridicole sembianze di un fallo.

Venere in Pelliccia Il grande regista Roman Polanski rivisita Venere in pelliccia, lo scandaloso romanzo di Leopold von Sacher-Masoch, dando vita ad un gustoso gioco di ruoli fra vittima e carnefice, ambientato interamente sul palcoscenico di un teatro; mattatori assoluti di questa pungente commedia sulla passione e sull’Eros, i bravissimi Mathieu Amalric ed Emmanuelle Seigner.

7.5

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