Recensione Una Cella in Due

Salvi e Battista galeotti della risata

Recensione Una Cella in Due
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È un momento d'oro per le commedie italiane al cinema: la scorsa stagione ha segnato svariati record di incassi e presenze per le risate “made in Italy”, trainate da pellicole come Che bella giornata e Benvenuti al sud. Un carrozzone che, naturalmente, in molti stanno tentando di seguire, anche con un certo successo. Ecco dunque l'ennesima proposta in tal senso, stavolta per mano del regista Nicola Barnaba, al servizio di una sceneggiatura originale di Enzo Salvi e Luca Biglione. Riuscirà Una cella in due a resistere alla fisiologica flessione del trend positivo, dovuta anche al sovraffollamento in sala del genere?

Buffi galeotti

Diversi, eppure accomunati nella disgrazia: sono Romolo Giovagnoli (Enzo Salvi) e Angelo Zingoni (Maurizio Battista). L'uno, rampante avvocato, arricchitosi nel ramo commerciale tramite la gestione allegra di fondi neri e società di comodo; l'altro, disperato bonaccione sommerso dai debiti e costretto così a tentare una rapina. Entrambi incensurati ma inequivocabilmente colpevoli, finiscono per dividere la stessa cella in un penitenziario romano assieme al bizzarro Manolo (Massimo Ceccherini), psicotico sospettato di omicidio. La convivenza forzata sarà fonte di ulteriori guai, soprattutto quando i due si ritroveranno nella condizione di evasi involontari...

Semplice e leggero

Dal trailer, il film di Barnaba (non certo un novellino, dietro la macchina da presa, anche se qui all'opera per la prima volta in una regia tutta sua) non prometteva per niente bene: le aspettative erano decisamente bassissime. Eppure, pur non uscendone trionfante, Una cella in due si rivela inaspettatamente decoroso. Intendiamoci: il film non vale un briciolo di opere come quelle citate nell'introduzione, ed è consigliabile unicamente a chi voglia passare un'oretta e mezza in modo spensierato, senza pretesa alcuna dal punto di vista tecnico o della sceneggiatura.
Ciononostante c'è da ravvisare una volontà, da parte dei realizzatori, di evitare di plasmare un film solo sulle classiche volgarità da cinepanettone e su una sequela interminabile di gag di repertorio, cosa che i due comici romani, dall'alto della loro esperienza cabarettistica, avrebbero potuto fare con estrema facilità e nonchalance. Invece la (flebile) trama verte maggiormente sulle situazioni, gettando un occhio a certe dinamiche di coppia che ricordano, in più di un'occasione, i classici di Fanco Franchi e Ciccio Ingrassia, e inseguendo anche il miraggio di inserire un contesto umano alla vicenda, in parte poi riuscito. Si prefigura quindi come un prodotto spiccatamente nazional-popolare, quasi “per famiglie” vista la quantità di sketch dedicati al pubblico infantile. Non fosse, naturalmente, per il quantitativo di belle donne e generose inquadrature a loro dedicate, con grande cura, da Barnaba. Per il resto, anzi, Salvi è ben lontano dagli eccessi di er cipolliana memoria, lasciando la rozzaggine perlopiù in mano al 'solito' Ceccherini e al cameo di Massimo 'Affrappè' Marino.
Il problema dunque è, chiaramente, il dover far fronte alle esigenze di realizzazione con un budget estremamente modesto, e gli accorgimenti in tal senso sono palesi, product placement selvaggio compreso (il mega spot ad un noto parco acquatico laziale è da antologia).
Per il resto, romanità a palate (il film è costellato di apparizioni di personaggi sportivi/radiofonici/televisivi noti più che altro nell'urbe) e la promessa, da parte di Salvi, di nuovi exploit nel genere sia come sceneggiatore che come attore protagonista, dopo un passato da spalla: un nuovo Christian De Sica, nel bene e nel male?

Una Cella in Due Una cella in due è indubbiamente un prodotto mediocre e dalla qualità altalenante: sono innegabili, tuttavia, alcuni accorgimenti che quantomeno lo elevano dal livello medio del cinepanettone, nonostante sia stato realizzato con mezzi molti più ristretti. I due interpreti principali poi salvano la baracca con interpretazioni misurate ad hoc, tra belle donne e situazioni assurde. Non è certo cinema d'autore, e neanche brillante o sagace: però il grosso del pubblico in sala, alla fine, è la risata leggera che cerca. E Una cella in due riesce nel suo scopo: accontentare il suo pubblico.

5.5

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