Recensione Un mercoledì da leoni

John Milius dirige con Un mercoledì da leoni un'opera cult al cui termine di dramma sportivo sta assai stretto, tanti sono i profondi significati sul senso della vita in essa contenuti.

Recensione Un mercoledì da leoni
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Viene difficile pensare come film ad oggi considerati cult flopparono alla loro uscita nelle sale: a questa lista, più lunga di quanto si possa pensare, appartiene anche Un mercoledì da leoni, opera generazionale firmata dal grande John Milius nel 1978. Vero e proprio titolo iconico della cinematografia sportiva, ma non solo, il film incassò all'epoca la misera cifra di 4.5 milioni di dollari, dovendo attendere qualche anno per il vero successo di pubblico tramite le trasmissioni televisive e la distribuzione home video. Ispirata parzialmente alla giovinezza dello stesso regista, che non ha mancato di caratterizzare i personaggi su persone realmente conosciute, la pellicola viene ricordata nell'immaginario comune in particolar modo per le strepitose scene surfistiche quando in realtà nasconde all'interno della sua narrazione una molteplicità di riflessioni sull'allora, precedente e contemporanea, società americana.

Un'estate al mare

Estate 1962: Jack, Matt e Leroy sono tre inseparabili amici che condividono la passione per il surf, che praticano sulle spiagge della natia California. La loro vita procede tranquilla tra feste, fidanzamenti e viaggi in Messico sino a quando gli Stati Uniti decidono di intervenire in Vietnam. Matt e Leroy riescono a farsi riformare mentre Jack si trova costretto a partire per il fronte. I tre si ritrovano successivamente negli anni a venire, ma in occasioni sempre più sporadiche; l'occasione per rinsaldare nuovamente la loro amicizia arriverà nel 1974, quando è prevista una mareggiata di grandi proporzioni che metterà nuovamente alla prova le loro abilità sulla tavola da surf.

Onda su onda

Racconto di formazione e di crescita ambientato nell'arco di dodici anni, Un mercoledì da leoni è soprattutto un film sulla vita e sull'amicizia che, pur convivendo entrambe con continue difficoltà, sono destinate entrambe a vincere. Opera sfaccettata che anche dietro le pagine più apparentemente goliardiche nasconde intenti satirici e critici contro la guerra (irresistibili gli assurdi metodi per cercare di essere riformati) capaci di lasciare il segno, giocando con l'amarezza e con l'ironia in un raffinato gioco d'equilibrio tra emozioni ed epica. Epica che John Milius è sempre stato capace di elevare nella sua filmografia (solo tre anni dopo arriverà il leggendario Conan il Barbaro) e che qui raggiunge apici di lirica poesia visiva nelle eccezionali sequenze "marine", nelle quale i Nostri si trovano ad affrontare onde di proporzioni gigantesche, riprese magnificamente in tutta la loro carica solenne tramite inquadrature sia ravvicinate che non. Non è un caso che due dei tre protagonisti (Jan-Michael Vincent e William Katt) fossero già esperti della disciplina, mentre Jake Busey (in ruolo contraltare anni dopo in Point Break) la imparò poco tempo prima di girare: la loro reale presenza nel cavalcare le onde ammanta il senso di realismo dell'intera operazione.

Un mercoledì da leoni La definizione di dramma a sfondo sportivo non basta a spiegare il profondo significato di un film come Un mercoledì da leoni, opera profonda e intrisa di un'epica di formazione che raggiunge, nella spettacolare mareggiata finale, un vero tripudio di emozioni. John Milius dirige con spunti autobiografici la storia di un'amicizia che viene messa a dura prova dalle circostanze della vita, guerra del Vietnam inclusa, ma che ritrova infine il proprio senso originario con un epilogo che, riprendendo una scena cardine del prologo, si fa denso di malinconia. Perché se gli anni passano inesorabili, tra gioie e dolori, una passione condivisa può divenire nuovo simbolo di comune rinascita.

8.5

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