Recensione Un corpo da reato

Un'irresistibile Liv Tyler mangiauomini è l'oggetto del desiderio di Matt Dillon, John Goodman e Paul Reiser nella divertente commedia di Harald Zwart, prodotta da Michael Douglas.

Recensione Un corpo da reato
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La sensualità di Liv Tyler è esplosa sin dal film che la lanciò, l'indimenticabile Io ballo da sola di Bernardo Bertolucci. Forse però le sequenze più bollenti della sua carriera sono da ricercare in Un corpo da reato, primo film della Furthur, l'allora neonata casa di produzione di Michael Douglas, che si ritaglia per l'occasione un gustosissimo ruolo secondario. Diretta dal norvegese Harald Zwart, in seguito regista de La pantera rosa 2 e del reboot di Karate Kid, e sceneggiata con istinti autobiografici da Stan Seidel (morto prima dell'uscita, e alla cui memoria è questi dedicata), la pellicola vede gironzolare intorno alla sexy protagonista mangia-uomini un trio di attori/caratteristi ben noti al grande pubblico quali Matt Dillon, John Goodman e Paul Reiser.

Profumo di donna

Randy era il barista del McCool, un affermato locale, ma ora ha perso tutto: la causa, l'incontro fortuito con una ragazza, Jewel, che l'ha condotto ben presto alla rovina. Per questo ha deciso di incontrare un killer a pagamento e raccontargli la sua storia. Allo stesso modo il cugino di Randy, l'avvocato Carl, si reca dalla psicologa per cercare di guarire dalla sua folle ossessione proprio per Jewel, che aveva conosciuto qualche sera prima. Nel frattempo il Il detective Dehling si confida ad una sacerdote poiché, dopo le indagini su un omicidio avvenuto guarda caso al McCool, è finito per innamorarsi anch'egli dell'avvenente fidanzata di Randy.

Tutti pazzi per Liv

Sembrerebbe eccessivo scomodare addirittura il Rashomon di Akira Kurosawa per introdurne l'analisi narrativa, ma Un corpo da reato sfrutta con le dovute proporzioni lo stesso espediente: i tre racconti che si intrecciano infatti cambiano di sostanza e forma a seconda dei punti di vista dell'io narrante. E se i cambiamenti si limitano comunque a diversi sguardi e battute, il racconto ne guadagna sicuramente nella carica di sorpresa, pur mantenendosi sui classici binari della commedia parodica. Zwart dirige un film forse superfluo ma non per questo privo di un insano divertimento, sfumato da tocchi di erotismo patinato che vedono irresistibile star una Liv Tyler alla quale ben si addice il titolo italiano. Condito da un grottesco edulcorato che rende accessibili anche le scene di sesso e morte ad un pubblico di minori, il racconto si perde un po' nella parte centrale ma ritrova una genuina vis comica nella mezzora finale, con tanto di spudorata e voluta citazione a Un giorno di ordinaria follia, cult indiscusso interpretato molti anni addietro proprio dal produttore Michael Douglas. Le risate quindi non mancano, complici anche le gigioneggianti performance di Dillon, Reiser e Goodman, quest'ultimo in particolare in ennesimo stato di grazia. Di buon effetto e tempismo filmico anche la colonna sonora che si apre sui titoli di testa con Wanted Man di Johnny Cash e si esalta, in una delle scene madri, con Y.M.C.A. dei Village People.

Un corpo da reato Commedia semi-parodica spruzzata da un sottile erotismo, Un corpo da reato è soprattutto un film di attori: e se per un'egregiamente svampita Liv Tyler parlano anche i succinti panni in cui è (s)vestita, il trio di protagonisti maschili (senza dimenticare il gustoso personaggio di Douglas Jr.) si presta con la corretta dose di simpatia e bravura all'improbabile gioco di seduzione. Divertimento assicurato nonostante qualche ingenuità e forzatura narrativa che non snaturano comunque il piacere della visione.

6.5

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