Recensione Tutto sua madre

Dalla Francia una commedia frizzante che affronta il tema di una confusione 'esistenziale' spesso indotta dal contesto famigliar

Recensione Tutto sua madre
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Ultimo (perlomeno in ordine di integrazione famigliare) di tre figli, Guillame (il trasformista Guillame Gallienne che interpreta qui ben due ruoli, oltre a quello di regista) non è affatto portatore della ‘mascolinità' che contraddistingue il padre e i fratelli, inclini allo sport e alle imprese avventurose; una diversità riconosciuta così palesemente dalla madre da indurla a chiamare i figli a tavola con il discriminante: "Ragazzi e Guillaume, a tavola!". E la vita del ragazzo è d'altronde plasmata proprio attorno alla figura di quella madre elegante, annoiata, e onnipresente, che con il suo carisma e il suo charme avvolge e riempie lo spazio reale e onirico del confuso Guillame. Il processo simbiotico tra madre e figlio aumenterà di giorno in giorno quella differenza nei gusti e nelle movenze portando Guillame a essere con sempre maggiore convinzione la donna mai nata, quella presenza femminile che forse la madre aveva - tempo addietro - tanto invocato. Una distinzione mentale risultata poi (di fatto) nella decisa inclinazione di Guillame alle ‘delicatezze' e ai gusti del mondo femminile, e dunque alla sua naturale associazione al mondo omosessuale. Un'omosessualità data dunque per certa e mai discussa, ma anzi riaffermata attraverso le varie esperienze di vita del ragazzo: in Spagna (dove apprenderà ogni segreto del ballo della Sevilla - ma quella ballata dalla donna), in un collegio parigino per soli uomini (luogo di traumatiche esperienze di bullismo), e infine in un collegio inglese (dove vivrà l'amore platonico verso un suo compagno dai modi - a suo vedere - incredibilmente garbati). Un percorso di consapevolezza sessuale (ed esistenziale) tutto in salita, affiancato da quella decisa inclinazione a un gusto raffinato e alla predilezione per figure femminili eleganti e solide proprio come sua madre, o la principessa Sissi e l'Arciduchessa Sofia di Baviera; donne che Guillame adora immaginare e inscenare nella solitudine della sua stanza e della sua mente. Un amore, anzi forse vera una propria ossessione per le donne che (a partire da sua madre) hanno con il loro incedere e i loro ‘respiri' sempre mutabili, interamente ispirato e plasmato la sua vita, tanto da non avere egli altro punto di riferimento se non il trucco, i sussurri e le gonne con volant. Eppure, passata attraverso numerosi lettini di psicoterapeuti, le traumatiche ‘cure' di una clinica del benessere, e perfino i potenzialmente pericolosi ménage di locali omosex, l'identità sessuale di Guillame è ancora lungi dal palesarsi. Tutto ciò che manca (in fondo) nella sua vita di giovane uomo e acerbo artista, è una figura di riferimento nuova, che possa in qualche modo ‘domare' o spostare (almeno in parte) dal piedistallo la fisionomia di una madre onnicomprensiva, fonte di grande ispirazione ma anche di eterna insicurezza.

Don’t leave me now, all alone in this crazy world

Una pièce teatrale, autobiografica che diventa film può essere una sfida non facile da affrontare, sia per i diversi tempi che i due prodotti artistici possiedono sia (come in questo caso) per la delicata quanto singolare tematica trattata, ovvero l'affermazione di un'identità sessuale che procede in senso inverso a ciò che comunemente accade. La storia di un outing eterosessuale è un'idea di indubbia originalità che ci spinge a riflettere come i pregiudizi (di qualsiasi tipo essi siano) possano alimentare la confusione esistenziale dell'uomo. Ma il film, diretto e interpretato da Guillame Gallienne, va visto e decodificato soprattutto da un altro punto di vista, ovvero quello del messaggio d'amore - incondizionato - verso i nostri affetti più cari (la figura di una madre in questo caso), e verso l'arte, unica forma capace di concedere a sofferenze e frustrazioni un segno positivo, trasformandole (se incanalate sul giusto binario) in un potenziale creativo senza pari. Racconto autobiografico e ispirazione teatrale lavorano qui al servizio di una storia ribelle, quasi eversiva nel suo essere fuori dagli schemi, ma proprio per questo a suo modo affascinante. E se il film nella prima parte (introduttiva) può risultare a tratti macchinoso e ridondante, è soprattutto nella seconda parte che riesce a dare sfogo a pieni polmoni alla sua voglia di vita, accettazione, amore, necessità di riparo dalla solitudine (Don't leave me now dice Gallienne attraverso i Supertramp). Siamo di fronte a quel genere di film in cui la storia (in senso stretto) svanisce al confronto con i suoi protagonisti, in questo caso un solo attore che veste e sfila panni multipli con estrema facilità e magistrale ironia. Ragazzo, uomo, donna, uomo che si crede donna, donna che gioca a fare l'uomo, attore, ma anche e soprattutto regista, Guillame Gallienne è tutto in questa sua personalissima opera prima, e il palcoscenico (poi divenuto schermo) alla fine è tutto per lui: che piaccia o meno resta inconfutabile la forza che si sprigiona dal suo travestitismo umano e artistico.

Tutto sua madre Già vincitore al Festival di Cannes 2013 dell'ART Cinema Award e del Prix de la SACD nella selezione "Quinzaine des réalisateurs" nonché protagonista ai botteghini francesi (si parla di 7.000.000 di euro nelle prime due settimane di programmazione) arriva anche da noi Tutto sua madre (titolo originale Les Garçons et Guillaume, à table!). Lavoro raffinato anche se non sempre all’altezza di rappresentare in maniera equa le tematiche affrontate, Tutto sua madre è un film ispirato ma di certo non per tutti, fondato sulla peculiarità di un sentimento che fatica a diventare universale. Eppure, la straordinaria verve camaleontica di un protagonista capace di interpretare sé stesso e il prossimo con mille registri e mille sfumature diverse, rende questa pellicola capace di racchiudere al suo interno delle piccole grandi epifanie sul senso del teatro, della vita e delle loro (in)sondabili interconnessioni.

6.5

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