Recensione Turbo

E se una lumaca volesse correre la 500 miglia di Indianapolis?

Recensione Turbo
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Anche gli esseri più piccoli possono permettersi di fare dei grandi, davvero immensi, sogni. Sembra essere questo il messaggio principale dei film di animazione che fanno capolino nella programmazione cinematografica di agosto nelle sale italiane. Ha cominciato, infatti, Monsters University, nel quale Mike, piccolo mostro preso da tutti in giro per le sue dimensioni ridotte e il suo aspetto davvero poco spaventoso, decide di divenire il più grande spaventatore di tutti i tempi, e lo segue, ad alta velocità, Turbo. Nel nuovo lavoro DreamWorks, infatti, il protagonista è una lumaca, una comunissima lumaca da giardino, con il sogno di divenire un corridore e gareggiare un giorno al fianco del suo eroe, il campione mondiale delle gare automobilistiche. Curioso è vedere come i due progetti, nonostante partano da un presupposto molto simile, raggiungano una morale finale davvero diversa... che sia il segno della direzione che gli Studios vogliono percorrere per i loro lavori futuri o solo il più classico diverbio di opinione su uno stesso tema?

L’imbarazzo di seguire i propri sogni

Si possono dire moltissime cose, e non tutte carinissime, sul carattere di Turbo, ma non si può negare che sia uno che ama sognare in grande. Completamente insoddisfatto dai normali ritmi di vita di una lumaca, ambisce, con una invidiabile determinazione, a vivere ad alta velocità. Sa di essere una lumaca e di avere, ovviamente, un sogno che sulla carta somiglia più che altro a un controsenso, ma si allena incessantemente, misurando i suoi progressi con un righello. Il suo record? Percorrere la pista, lunga poco più di un metro, in soli 17 minuti! Il suo sogno è quello di riuscire a gareggiare, un giorno, nella corsa più importante del mondo: la 500 miglia di Indianapolis. Abbandonata la piantagione di pomodori nella quale lavora con suo fratello Chet, Turbo viene sbalzato nella valvola di aspirazione di un'auto sportiva: il protossido di azoto esplosivo carica ogni atomo del suo corpo, alterandone la struttura molecolare. Questo incidente regala alla lumaca una velocità incredibile: ora può raggiungere le 200 miglia orarie e il suo sogno sembra molto più vicino.

Non si può fare tutto da soli

Quando all'inizio del film ci viene presentato il personaggio di Turbo, è una sorta di emarginato all'interno della piccola comunità delle lumache con le quali vive nella piantagione. Non ha nulla in comune con loro e non fa altro che scontrarsi con uno stile di vita così banale e ripetitivo, rappresentato alla perfezione da suo fratello Chet. Chet adora il fratello, ma teme che la sua ossessione per la velocità possa risolversi in un disastro e che possa allontanarli dalla loro situazione di assoluta sicurezza. Ma la testardaggine, che in alcuni punti sfiora l'arroganza, di Turbo è più forte di qualsiasi precauzione e le due lumache vengono cacciate dal loro habitat naturale. Gli equilibri iniziali vengono infranti e tutto cambia. Dai colori sgargianti e sempre baciati dal sole del giardino, ricco di lente e mugugnanti lumache, i due vengono scaraventati nello sfavillante Starlight Plaza, dove regnano ombre e luci al neon. Qui incontrano Tito, ma soprattutto le Lumache da Corsa, una compagnia assortita di lumache dai gusci decorati come mini auto da corsa e dal linguaggio colorito e triviale. I ruoli si invertono: dove prima era Turbo a sentirsi costantemente fuori luogo, adesso tocca a Chet vivere delle giornate che sembrano sempre più un incubo, osservando questi suoi simili ossessionati dalle corse di velocità.
Diventa immediatamente palese che il filo conduttore di tutto il film è rappresentato dal legame tra i due fratelli e da come l'interazione con diversi ambienti esterni lo stravolgerà completamente, trasformandolo in qualcosa di nuovo ma più stabile. David Soren mette in piedi una storia in cui, nonostante i tanti coloratissimi colpi di scena, non si perde la speranza nel lieto fine nemmeno una volta. Sarà, in parte, perché è difficile non farsi contagiare dalla convinzione del protagonista di Turbo; sarà per la modalità in cui le sue avventura di dipanano nel tempo della narrazione; sarà perché il target di riferimento del progetto è davvero molto basso, ma Turbo non ti lascia mai davvero sulle spine e ti sembra sempre di sapere cosa sta per succedere. I suoi personaggi seguono dei confini caratteriali ben definiti e tengono a non infrangerne quasi mai i limiti, svicolando sulla sceneggiatura con la sicurezza di chi ha ben in mente qual è il suo ruolo. Di certo non un aspetto negativo, soprattutto se si pensa che il film è palesemente assemblato per fare colpo sugli spettatori più piccoli, che si perderebbero in complessi giri di morali e ambiziose costruzioni cinematografiche. Ma è anche vero che, per chi troppo bambino non lo è più, Turbo appare semplicistico e un po' scontato.

Turbo Curioso come guardando Turbo vengano spontanei i paragoni con due film Pixar. Da un lato abbiamo Cars, con il quale condivide un simpatico infantilismo e, innegabilmente, il tema basilare delle corse automobilistiche. Dall’altro abbiamo, invece, Monsters University, con il quale si scontra, se vogliamo, a livello cinematografico per periodo d’uscita. Protagonisti piccoli che sognano in grande: e se uno dovrà imparare che non sempre il futuro si dipana così come avevamo sempre sognato, l’altro vedrà invece premiata la sua costanza e determinazione. Uno scontro morale interessante, sul quale lo spettatore più adulto potrà concentrarsi durante la visione di questo film, strutturalmente non destinato a lui ma a un pubblico di più piccoli, attratto dalla simpatia dei personaggi, dai vibranti colori al neon e da quell’aspetto giocattoloso che tanto fa la fortuna del merchandise.

6

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