Tuo, Simon recensione del nuovo film di Greg Berlanti

Nick Robinson è il giovane protagonista del nuovo film dell'autore di Dawson's Creek, Everwood e dell'Arrowverse.

Tuo, Simon recensione del nuovo film di Greg Berlanti
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Nel quattordicesimo episodio della seconda stagione di Dawson's Creek, celebre teen-drama creato da Greg Berlanti alla fine degli anni '90, Jack McPhee (Kerr Smith) si ritrova al centro della propria classe a rendere pubblico controvoglia un tema scolastico, costretto dal professor Peterson (Edmund Kearney). Nel compito Jack rivela indirettamente il proprio tormento interiore legato al suo orientamento sessuale fino a quel momento celato, leggendo una poesia dedicata a una figura maschile. L'imbarazzo e la vulnerabilità del personaggio in quel frangente, con il conseguente atto d'amicizia di Pacey (Joshua Jackson), che difende il ragazzo dalla crudele messa alla gogna del professore rischiando il proprio futuro scolastico, è una sequenza rimasta chiaramente impressa nell'immaginario adolescenziale televisivo dell'epoca, soprattutto perché si tratta di uno dei primi outing su piccolo schermo. La vicenda è ispirata a ciò che realmente accadde a Kevin Williamson, produttore esecutivo e sceneggiatore della serie. Con lo scorrere del tempo i processi vissuti per affrontare gli ostacoli e le proprie inquietudini si modificano e mutano in relazione al cambiamento della società. Così se in Dawson's Creek è una lettera con una poesia scritta a penna nei confronti di un simbolico corpo maschile, in Tuo, Simon, terzo film da regista di Greg Berlanti dopo Il club dei cuori infranti (2000) e Tre all'improvviso (2010), è la tecnologia e le lettere impresse sullo schermo di un computer a rivelare in una qualche forma visibile i pensieri e le paure di un ragazzo adolescente di provincia.

Identità celate, sentimenti espressi

La quotidianità del diciassettenne Simon Spier (Nick Robinson) è quella di un qualsiasi adolescente che cresce in una zona residenziale americana. Protetto dall'affetto dei suoi genitori, Emily (Jennifer Garner) e Jack Spier (Josh Duhamel), con la piccola sorellina Nora (Talitha Bateman) amante della cucina, Simon frequenta un gruppo ristretto di amici che comprende Nick (Jorge Lendeborg Jr.), Abby (Alexandra Shipp) e Leah Burke (Katherine Langford), sua migliore amica, di lui segretamente innamorata.
Come qualsiasi trama di stampo adolescenziale, l'apparenza di una crescita spensierata viene presto tradita da un episodio che innesca una corrispondenza telematica fra Simon e un giovane che si nasconde dietro lo pseudonimo di Blue. Simbolicamente il nickname scelto dal giovane sconosciuto ci riporta al colore melanconico per antonomasia ed è proprio in questo mood che il film scorre attraverso i fiumi di parole che defluiscono dalla tastiera dei due giovani. Il legame che nasce dagli stessi tormenti è una classica dinamica che avvicina le persone in modo naturale, proprio perché le sensazioni sono le stesse, al di là delle esperienze difformi vissute da entrambi. Così è la contrapposizione fra le identità celate dai due personaggi che parallelamente accresce la naturalezza del coinvolgimento, la libertà di sentimenti espressi senza paura di mostrare il proprio volto, senza mettersi in gioco, fintanto che è possibile. Un rifugio a lungo cercato da qualsiasi giovane, che osserva la società come fosse un enorme balcone scoperto sul mondo. Simon e Blue si ritrovano e si proteggono a distanza, accompagnandosi nel loro processo di crescita e trovano, l'uno nell'altro, un porto sicuro di comprensione, come Jack McPhee fece verso un uomo immaginario nella sua libertà espressiva.

La poesia che manca

Tuo, Simon è un film che fatica a trovare altre vie che non siano già state battute in passato, a creare una propria poetica che possa esulare dal contesto di pellicole già viste. Seppur la narrazione in diversi punti riesca a coinvolgere e convincere, a mancare è il coraggio di scostarsi da strade già attraversate. Il film di Berlanti racconta con buona efficacia il percorso di maturazione interiore del protagonista, ma rispecchia sin troppo fedelmente dinamiche risapute, senza destare quasi mai un reale interesse per ciò che forse poteva essere affrontato in maniera differente. Laddove il sentiero proposto risulta poco originale, come in questo caso, sono le modalità con le quali viene affrontato e successivamente suggerito al pubblico che possono rendere appetibile e interessante anche un modus operandi già visto più volte. Nel cinema contemporaneo viene spesso criticata la testardaggine di certi produttori e registi che si ostinano a rispolverare trame passate, serialità acquisite. Viene tuttavia dimenticato quanto il problema sia insito nella pigrizia con la quale tali storie vengono riproposte. Quanto siano importanti le visioni e gli approcci di un determinato regista, così come di un attore, nel raccontare e interpretare una determinata storia. La costruzione di un'opera attraverso la propria personale visione è l'elemento chiave per poter conferire ulteriore smalto a qualsiasi trama.
Tuo, Simon è tratto dal romanzo Non so chi sei, ma io sono qui di Becky Albertalli: un testo così lineare e improntato su repentini cambi di genere, nel corso dell'evoluzione stessa del racconto, risulta in questo caso troppo figurativo e meno profondo di quanto possa sembrare nell'affrontare il tema proposto.

Conclusioni senza spunti

Tuo, Simon è un prodotto riuscito nell'accezione più classica: quella di raccontare una storia godibile. Trova invece numerose pecche negli spunti che lascia al termine della visione, senza tener conto del finale esageratamente stereotipato e melenso. Nel circolo di emozioni e paure nelle quali è invischiato Simon, è possibile lasciarsi trasportare. Empatizzare con il suo percorso a ostacoli. Ma Greg Berlanti si affida in modo eccessivo a una struttura narrativa confortevole, in evidente antitesi con il turbinio di angosce del protagonista, interpretato da un eccellente Nick Robinson che riesce a restituire e conferire qualcosa di sé a un soggetto che lascia pochi margini all'improvvisazione. Aspetto sul quale invece fa molta fatica il resto del cast, stretto nella morsa di personaggi tratteggiati in maniera piuttosto grossolana.

Tuo, Simon Tuo, Simon è un film che con leggerezza si occupa del tema dell'omosessualità in età adolescenziale, senza mai scadere nella superficialità ma non riuscendo a percorrere il sentiero dell'originalità narrativa, limitandosi a svolgere il compito di un classico teen-drama. Piacevole da guardare ma povero di spunti al termine della visione.

6

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