Triangle of Sadness Recensione: genio e disgusto nel film Palma d'Oro

Palma d'oro, passato alla Festa del Cinema, pronto ad arrivare in sala: Triangle of Sadness entusiasmerà e irriterà il pubblico.

Triangle of Sadness Recensione: genio e disgusto nel film Palma d'Oro
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Triangle of Sadness di Ruben Östlund può far venire la nausea. Tanto ad uno spettatore che lo ha apprezzato, quanto in chi non riconosce al film vincitore della Palma d'oro l'acclamazione entusiastica che ha ricevuto. Ma in fondo è proprio di questo che l'autore svedese tratta, del gusto quotidiano delle persone e di come può cambiare se lo si rapporta a un differente luogo, lavoro o status sociale. È poi l'occhio critico che dissacra e infastidisce. L'attaccare con fervore e dovizia di sferzate temi che, più o meno universalmente, ci riguardano e vengono riportati nella contemporaneità, che può sembrare facile ironia su argomenti che vengono ormai affrontati da tutti, non offrendo altro se non una posizione supponente e superficiale.

L'impressione è però quella che se venisse detto a Östlund che ci sono tante persone che odiano la sua pellicola, il regista e sceneggiatore potrebbe esserne quasi contento. Potrebbe addirittura condividere la loro stessa posizione. Perché è esattamente questo che esamina Triangle of Sadness, che osserva e distrugge, che prende in giro anche a tratti infantilmente, proprio restituendo l'idea che il suo autore voleva trasmettere - per iniziare a farvi un'idea, date un'occhiata al trailer ufficiale di Triangle of Sadness.

Bisogni corporali e riflessioni intellettuali

Un'opera le cui percezioni intellettuali vanno riversandosi in quelle fisiche, che sono predominanti tanto in ciò che viene reso figurativo tra problemi intestinali e disturbi da mal di mare, quanto nei discorsi che in sottofondo strisciano per essere l'autentico materiale di scambio tra autore e pubblico. In cui gli spettatori vengono interpellati dovendo rimanere fermi sulle loro poltrone, ma costretti a riflettere sulle brutture che la pellicola mette in moto e che prendono la forma materiale di scorie umane e conati incontrollabili.

L'ostilità di Triangle of Sadness nei confronti dei suoi personaggi più abbienti, centrali per le coltellate che il cineasta è pronto a dare colpendoli allo stomaco - letteralmente - è senz'altro veicolo primo per un'analisi della società di cui però l'autore non risparmia alcun componente, traslando continuamente il punto di vista dell'opera e mostrando quanto tutta l'umanità può essere inetta. Una livella che equilibra la scorrettezza, la vuotezza, la prepotenza e la corrosività delle persone, a cui un briciolo di potere, un guizzo di guadagno o di capitale in più stravolge la concezione che ha del mondo pensando di poterlo piegare alle proprie regole.

Ribrezzo o estasi?

Se l'intero globo viene perciò regolato dalle leggi non scritte, ma tramandate della disuguaglianza di classe, Ruben Östlund le modella a suo piacimento agendo con il cinismo più bislacco, con l'ardore più fiammeggiante, con lo sprezzo dell'umorismo che fa a pezzi e disintegra qualsiasi sia il criterio con cui si suddivide e categorizza la gente.

Una lotta che l'autore porta avanti con il cinema, il quale prende dalla realtà della modernità e ne rispecchia i privilegi di modelli e influencer, di anziani produttori di armi e di un potere, che è quello dei soldi, che sembra intrinsecamente cambiare l'interiorità degli individui. In una disperazione che dalla repulsione delle tanto enfatizzate scene "di corpo" di Triangle of Sadness si sposta a quello che dovrebbero suscitare i codici di comportamento a cui qualsiasi comunità finisce per rimanere assoggettata, il film di Östlund ondeggia generando un senso di voltastomaco, similare eppure distante tra quella dei personaggi e che viene lasciata nel pubblico. Continuando sulla scia di The Square, l'opera è l'esaltazione di un cinema alto che sfianca e innervosisce il pubblico, non potendosi permettere di lasciare indifferenti di fronte a prese di posizione così perentorie e sarcastiche (leggete la recensione di The Square, cui cui l'autore ha vinto la prima Palma d'oro). Ridere di ribrezzo, ridere per il ribrezzo. Che sia nei confronti della tesi che l'autore porta o per quello che ha venalmente messo in scena. Un cinema estenuante, che stordisce. A cui non importa di essere tronfio, perché lo sa e desidera esserlo.

Triangle of Sadness Alla sua seconda Palma d'oro l'autore Ruben Östlund propone una critica alla suddivisione in classi sociali attaccando le più alte sfere, ma mostrando quanto chiunque, con un briciolo di potere, può trasformarsi in un mostro. Un'analisi sulle categorie in cui viene suddiviso il mondo, prendendole in giro in maniera sprezzante. Un film che può far venire la nausea, ma è esattamente ciò che desidera il suo regista e sceneggiatore.

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