Tredici Vite Recensione: Ron Howard racconta una missione disperata

Il regista americano porta sul grande schermo l'incidente di Tham Luang, che nel 2018 ha tenuto il mondo con il fiato sospeso.

Tredici Vite Recensione: Ron Howard racconta una missione disperata
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Dal 23 giugno al 10 luglio del 2018 il mondo intero è rimasto con il fiato sospeso per il destino di dodici ragazzini che, in compagnia del loro allenatore, rimasero bloccati all'interno della grotta di Tham Luang, in Thailandia. Giorni e giorni di angoscia, con giornalisti provenienti da ogni latitudine che raccontavano della disperata missione messa in atto per cercare di salvarli prima che fosse troppo tardi, con l'ennesima situazione di incertezza data dalle forti piogge monsoniche che complicarono e non poco le operazioni messe in atto da militari e volontari. Oltre cinquemila persone si impegnarono affinché tutto si concludesse per il meglio, e se, come fortunatamente sappiamo, i tredici dispersi riuscirono finalmente a rivedere la luce pressoché incolumi, a perdere la vita furono invece due navy-seals thailandesi.

Sulla vicenda si era già concentrato il bel documentario The Rescue (ne abbiamo parlato nella nostra recensione di The Rescue), che ci accompagnava come in una sorta di archivio visivo alla (ri)scoperta di quei tesissimi diciotto giorni. Arriva ora nel catalogo di Amazon Prime Video Tredici vite, il nuovo film del regista premio Oscar Ron Howard che racconta la vicenda con un occhio di riguardo proprio agli occidentali coinvolti in prima persona - fu fondamentale la presenza di alcuni esperti sub stranieri, come Rick Stanton, John Volanthen e Chris Jewell, e dell'anestesista australiano Richard Harris -, affidando i ruoli principali ad un cast di volti conosciuti come Viggo Mortensen, Colin Farrell e Joel Edgerton, con un folto stuolo di attori thailandesi a rivestire i ruoli di supporto.

Tredici vite: questione di scelte

Può parzialmente far storcere il naso il fatto che in una mancata tragedia che ha così profondamente scosso il Paese asiatico l'attenzione si concentri soprattutto su protagonisti occidentali, rischiando di mettere in secondo piano l'impatto che questa ha avuto sull'opinione pubblica locale. E in Tredici vite l'impressione è proprio quella di una voluta smitizzazione dell'impresa eroica, come d'altronde sottolineato da chi vi partecipò effettivamente. In questo modo viene anche depotenziato lo slancio emotivo, con il pathos relativo non solo al destino dei ragazzi imprigionati ma anche riguardante i loro familiari in spasmodica attesa di notizie che viene aprioristicamente diluito in fase di sceneggiatura.

Se da un lato è apprezzabile la mancanza di retorica gratuita, con l'evitato ricorso a quel sentimentalismo di facile consumo, è altrove vero che il lato viscerale è fin troppo trattenuto e anche quando qualche scena madre sarebbe stata ben accolta si è preferito glissare in favore di una narrazione cronachistica, che segue più o meno fedelmente i passaggi chiave della vicenda, con tanto di timer in sovrimpressione ad informarci sull'avanzamento dei giorni o sulla posizione nella quale si trovano i subacquei.

Spettatori e protagonisti

Un'impostazione ben diversa rispetto a quella utilizzata da un'altra pellicola ispirata ad un evento simile, ossia quel The 33 - la nostra recensione di The 33 è a portata di clic - che ripercorreva con toni ben più enfatici la missione di salvataggio dei minatori cileni rimasti per oltre due mesi bloccati a centinaia di metri sottoterra.

D'altronde Howard, da sempre maestro nel girare film tratti da storie vere, ha optato dichiaratamente per una messa in scena sobria e ripulita, adottando anche una sorta di rispetto per il dramma alla base. In Tredici vite sceglie di accompagnare lo spettatore a guardare attraverso lo sguardo di altri spettatori, pur se direttamente coinvolti in quanto accade: noi siamo infatti gli "stranieri" di Mortensen e Farrell, alle prese con un mondo per noi così lontano per usi e costumi ma carichi di speranza affinché le cose vadano per il meglio. Il fatto che la risoluzione degli eventi sia già ben conosciuta da chiunque, a meno che non abbiate vissuto sulla Luna negli ultimi cinque anni, non priva comunque di interesse le due ore e venti di visione, anche per via delle scene sott'acqua che si fanno particolarmente ansiogene in molteplici occasioni, con una sensazione di esasperante claustrofobia che fa capolino più volte nei passaggi maggiormente concitati.

Tredici vite Ha un sapore piacevolmente classico Tredici vite, pur svuotato di quella retorica che ai tempi andava tanto di moda in produzioni di questo genere, perlopiù ispirate a drammatiche storie vere. Ron Howard invece, da esperto nel raccontare vicende realmente accadute, preferisce asciugare le emozioni in favore di una messa in scena sobria e secca, pur sbilanciando - per motivi pur comprensibili - lo sguardo sui protagonisti occidentali, con le star Colin Farrell e Viggo Mortensen a interpretare due dei subacquei che sono stati fondamentali nella missione di salvataggio. L'incidente di Tham Luang, che nel 2018 ha tenuto con il fiato sospeso l'opinione pubblica mondiale, rivive in un film umanista, dove spettacolo e pathos sono dosati al minimo in favore di una suspense silente e sotterranea, che entra dentro lentamente e lontana da approcci scontati di sorta.

7

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