Tre sorelle Recensione: il ritorno di Enrico Vanzina su Prime Video

Disponibile su Prime Video, Tre sorelle, lo sguardo stereotipato e poco riuscito di Enrico Vanzina nell'universo femminile.

Tre sorelle Recensione: il ritorno di Enrico Vanzina su Prime Video
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Una fotografia abbagliante; una sceneggiatura che dà le spalle sia alla verosimiglianza che a uno sguardo profondo verso l'attualità; delle performance caricate, giocate su sguardi sospesi rivolti verso il nulla. Guardando Tre Sorelle è come vedere riversare in un'opera cinematografica, ma prestata agli schermi di una piattaforma streaming come Prime video, tutti gli elementi essenziali presi e bistrattati da Boris (intanto vi rimandiamo ai film Amazon di febbraio 2022). Il richiamo aulico e letterario all'opera di Cechov è solo un sospiro in una stanza piena di urla e disordine: irrilevante. Tutto il nuovo film diretto da Enrico Vanzina è un tentativo di ripresa di vecchi miti del passato, battute conclamate e ora del tutto fuori contesto. Il mondo è cambiato, mentre l'opera del regista sembra essersi fermata a trent'anni fa.

È un'automobile che continua a girare introno a una rotonda senza trovare la via d'uscita. Viaggia su un percorso già ampiamente battuto, sfrutta espedienti e rivelazioni che non sorprendono più, ma soprattutto tenta di esaltare la solidarietà e la forza femminile puntando su un'immagine stereotipata della donna e su sviluppi narrativi che finiscono per sconfessare ogni sua idea iniziale. Come ampiamente dimostrato dalla nostra recensione di Lockdown all'italiana, non è ripiegando sull'immagine egoriferita e sulla natura fedifraga dell'uomo che si eleva la figura della donna. Per raccontare ed elogiare la forza femminile (come vorrebbe fare Vanzina) bisogna puntare su spunti narrativi ben lontani da battute superficiali e legami alienati e alienanti.

Dipinto di famiglia con superficialità

Voleva essere un Pedro Almodovar in salsa italiana Tre Sorelle; ciò che ne è conseguito è un divertissement fiacco e sgonfio, che punta all'abbattimento della quarta parete pur di ritrovare uno spiraglio attraverso cui coinvolgere e immergere il proprio spettatore nel cuore del film.

Ma quello sguardo diretto in camera, l'interpellazione diretta esacerbata da un commento in voice-over che riduce lo scorrere della storia a uno spot pubblicitario lungo 97 minuti, è una mano pesante che allontana il proprio pubblico piuttosto che abbracciarlo tra le sue trame. Camminiamo lungo i bordi, tentiamo di comprendere esiti e intenti di un film che auspica di mostrarsi nella sua natura di commedia sentimentale in nome della sorellanza, ma ogni tentativo è una fumata nera che respinge l'immedesimazione e il totale apprezzamento filmico. Tre Sorelle è un buddy movie al femminile: una giostra in cui, sfruttando vizi e virtù da abbattere e combattere delle proprie protagoniste, si tenta di rivelare ostacoli e punti di forza dell'essere donna. In questo contesto si muovono Serena Autieri, Giulia Bevilacqua e Chiara Francini, tre sorellastre accomunate da uno stesso padre e riunite in un "villone esagerato" al Circeo per scappare da doveri e figure maschili opprimenti e traditrici. Così è per Marina, tradita dal marito con un uomo, Sabrina, lasciata dopo l'ennesimo tradimento, e Caterina, costumista apprezzata e richiesta dai grandi autori del cinema italiano.

Eppure la figura stereotipata dell'universo femminile affidata alle tre diverse sorelle è un dipinto parodistico e approssimativo della donna. Quelle costruite da Vanzina sono donne vittime delle proprie battaglie; incapaci di prendere posizioni e far fronte sulla propria indipendenza perché sempre orientate e dominate dall'influenza giocata dalla presenza/assenza della controparte maschile. Una battaglia dei sessi che ha ormai perso la sua valenza ironica e autoironica, lasciando che un pareggio mandi le due parti negli spogliatoi mentre sugli spalti il pubblico ha ormai lasciato i propri posti.

Luoghi comuni, ovvietà, gag e battute intrise di un senso di già visto e già sentito fanno di questa commedia degli equivoci una copia pedissequamente realizzata tracciando il proprio scheletro narrativo su quello di mille e altre portate sullo schermo in precedenza. Sarà la sua prima commedia al femminile, ma il mondo che circonda le tre sorelle ideate da Vanzina è un corollario di elementi, questioni trite e ritrite. Tornano i conflitti della vita, i desideri e le paure di donne credulone, e la cialtronaggine di uomini narcisi ma lo fanno in maniera meno sagace di quella vantata un tempo. Anno dopo anno, la stessa soluzione si è ormai diluita, ha perso il suo effetto di sollievo e leggerezza ai danni di un pubblico sempre più esigente e alla ricerca di un divertimento più profondo e meno rude e gergale.

Il mondo va avanti. Lo sguardo registico no.

Non ha pretese autoriali Tre Sorelle. Lo dimostra il suo comparto tecnico e visivo, giocato su riprese fisse, un montaggio disteso, inquadrature abbastanza ampie da enfatizzare i conflitti interni e con loro i momenti pseudo-godibili che vengono generati dai contrasti tra i protagonisti in campo.

Le stesse performance virano su un'accentuazione mai nascosta delle macchiette di retaggio regionale e sociale che fanno di ogni personaggio un'immagine stereotipata dell'essere donna o uomo. Una presa in giro che non ha più nulla da dire e offrire nel suo prendere di mira borghesi illuminati e poco acculturati, donne furbe, disilluse, maniache del controllo, e uomini menzogneri e interessati solo a se stessi, ma ciononostante sempre perdonati e ricercati dalla loro controparte femminile. La fotografia perennemente accesa, che tutto illumina imbastendo di artificiosità il mondo circostante, accresce questo senso di allontanamento dalla vita reale, portando avanti un dialogo ormai tramutatosi in monologo tra la concezione di ironia del regista e l'universo preso di mira dal suo sguardo.

La quotidianità è fonte inesauribile di spunti narrativi, basta saperli cogliere senza per questo limitarsi a riprendere e riproporre temi e sviluppi ampiamente sfruttati per decenni. Il mondo è cambiato e con esso il suo pubblico. Non bastano i sorrisi ampi di Serena Autieri o le battute al vetriolo di Giulia Bevilacqua, o la spocchiosità di Chiara Francini (la sua Caterina è forse il personaggio più riuscito) per salvare dal naufragio una nave già in balia delle onde. Ci vuole più coraggio, una penna intrisa di contemporaneità e aggiornamento per scrivere battute caustiche e frizzanti perché capaci di chiamarci in causa e deridere vizi e virtù di generazioni in lotta con se stesse e con gli altri. Storie, legami e psicologie che vanno molto al di là di un tradimento o di schiaffi lanciati con veemenza e forza tra guance e guance, tra sorelle e sorelle.

Tre sorelle Tre Sorelle poteva essere un dipinto intimo dei legami speciali che si vengono a creare tra realtà sempre più contemporanee come quelle delle famiglie allargate. Caratteri eterogenei con cui rappresentare i diversi modi di essere donna. E invece Vanzina ricade negli errori già compiuti in passato come gag gergali e figure stereotipate.

4

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