Recensione Torno indietro e cambio vita

A sedici anni da Il cielo in una stanza, Carlo Vanzina torna ad occuparsi di viaggi indietro nel tempo velati di nostalgia e romanticismo per la sua terza fatica interpretata da Raoul Bova.

Recensione Torno indietro e cambio vita
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Se consideriamo il dittico A spasso nel tempo, con protagonisti Massimo Boldi e Christian De Sica tra il 1996 e il 1997, e Il cielo in una stanza, nel quale, dal 1999, Ricky Tognazzi finiva catapultato insieme al figlio negli anni Sessanta, assumendo i connotati di Elio Germano, non si può certo affermare che Torno indietro e cambio vita sia il primo lungometraggio della filmografia di Carlo Vanzina ad affrontare la tematica del viaggio nel tempo.
Tra l'altro, è proprio analogamente a quanto accadeva in quel bel film dal titolo preso in prestito da uno dei più grandi successi musicali di Gino Paoli, che, nei panni del quarantaduenne di successo Marco, Raoul Bova - qui al suo terzo impegno con il figlio di Steno, dopo Piccolo grande amore e Ti presento un amico - passa dal 2015 al 1990 insieme all'amico di sempre Claudio alias Ricky Memphis quando gli dichiara di voler tornare indietro per cambiare la propria vita, in quanto la moglie Giulia, ovvero Giulia"Cado dalle nubi"Michelini, gli ha confidato di avere un altro uomo, manifestando il proprio desiderio di separazione.
Un evento soprannaturale che, mentre si ritrovano entrambi sui banchi di scuola apparendo agli occhi di tutti (ma non ai loro) come due diciassettenni, si presenta, ovviamente, quasi in qualità di colpo di fortuna per non permettere a Giulia di entrare nella vita sentimentale di Marco, aiutato da un Claudio figlio di una alcolizzata Paola Minaccioni.

Cinema d'un... tempo!

Alcolizzata un po' come aveva un debole per l'alzata di gomito la madre di Michael J. Fox nel super classico Ritorno al futuro di Robert Zemeckis, più volte citato nel corso della oltre ora e mezza di visione, a cominciare dal primo pranzo consumato da Marco insieme al fratello Emanuele Propizio e ai genitori Michela Andreozzi e Max Tortora.
Un Max Tortora che, al suo secondo exploit vanziniano dopo Un matrimonio da favola, grazie ad un equivoco verbale riguardante Sky si riserva una delle battute più divertenti dell'operazione (almeno per gli spettatori romani), destinata a migliorare con l'avanzare dei fotogrammi, soprattutto una volta superato l'avvio d'impostazione quasi televisiva.
Perché, tra un omaggio a Flashdance con tanto di Maniac di Michael Sembello a fare da commento sonoro, poster di un Jovanotti degli esordi sulla parete ed Augusto Fornari, Stefano Masciarelli e Fiorenza Tessari progressivamente coinvolti nel ben assortito cast, a colpire è soprattutto il tenero, nostalgico (neanche troppo accentuato, in verità) sguardo nei confronti di una tramontata epoca in cui l'euro ancora non aveva preso il posto della lira e i giovani, privi di chat e telefoni cellulari, erano molto meno sfacciati e più simpaticamente timidi, tanto da comunicare i loro segreti sentimenti tramite lettere cartacee.
Epoca qui tirata in ballo per ricordare che non si può andare contro il destino e la cui appena abbozzata ricostruzione scenica finisce per passare in secondo piano, quasi occultata dalla forza di uno script - concepito dal regista insieme all'inseparabile fratello Enrico - capace di conquistare il pubblico regalandogli addirittura emozioni, come soltanto un realmente romantico cinema che nel XXI secolo non si fa più riusciva nell'impresa.
Un cinema che l'autore di Sapore di mare e Vacanze di Natale, però, sembra ancora essere in grado di sfoderare quando fornito della giusta ispirazione.

Torno indietro e cambio vita “Negli ultimi anni sono stati realizzati diversi film sul tempo, un argomento che io e mio fratello Carlo abbiamo già affrontato nei nostri Il cielo in una stanza e A spasso nel tempo e che ci ha sempre divertito molto. Torno indietro e cambio vita può contare su un soggetto forte e su una storia curiosa su cui abbiamo subito puntato, è nato soprattutto dall’aver ascoltato spesso tante persone dirsi sicure che, se fosse concesso loro di tornare indietro nel tempo, vorrebbero tanto cambiare un certo momento che poi si è rivelato la ‘fregatura’ della loro vita”. Così Enrico Vanzina sintetizza le motivazioni che hanno portato il fratello Carlo, che lo affianca in sceneggiatura, a tornare ad esplorare su grande schermo la tematica che ha decretato il successo di Ritorno al futuro di Robert Zemeckis. Un super classico degli anni Ottanta che, come pure il suo primo sequel, viene più volte omaggiato nel corso di circa novantacinque minuti di visione dalla partenza incerta, ma che finiscono per rivelarsi decisamente riusciti man mano che la loro componente sentimentale sovrasta quella maggiormente volta all’ironia. Del resto, i figli di Steno sono quasi sempre una garanzia quando si parla di cuore e di nostalgia.

6.5

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