Titane Recensione: il body-horror Palma d'Oro a Cannes va oltre i generi

La regista di Raw - Una cruda verità guarda a David Cronenberg e Shin'ya Tsukamoto in uno dei migliori film del 2021

Titane Recensione: il body-horror Palma d'Oro a Cannes va oltre i generi
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A distanza di circa un anno dalla vittoria della Palma d'Oro al Festival di Cannes - da ricordare non solo perché inaspettata ma anche per la gaffe con spoiler del presidente di giuria Spike Lee - e della sua distribuzione italiana, Titane continua a far parlare di sé. L'opera seconda di Julia Ducournau (inserita tra i migliori film in arrivo su Sky e Now ad ottobre 2022) è molto più complessa di quello che potrebbe sembrare, non facile da classificare e definire ma proprio per questo estremamente stimolante.

Alexia è una ballerina in un salone automobilistico e, per via delle sue performance, oggetto del desiderio maschile. La ragazza vive dalla tenera età con una placca di titanio nel cranio, innestata a causa di grave incidente. Una notte, il richiamo della Cadillac sulla quale balla la porterà ad avere un rapporto sessuale con l'auto e, contro ogni aspettativa, si ritroverà gravida di chissà cosa. Una serie di omicidi la porteranno a fuggire e a cambiare identità, assumendo quella di Adrien, ragazzo scomparso da anni, figlio di un comandante di una caserma di vigili del fuoco. Alexia inizierà a cambiare il suo corpo per provare a rendersi più simile possibile al figlio di un uomo che ha solo bisogno di illudersi che il giovane sia tornato; mentre lei necessita di accoglienza e rifugio.

Grandi ispirazioni rimodellate e rigenerate

Scrivere e mettere in scena un'opera come Titane è difficilissimo. Pensare poi che questa - fatta di corpi che cambiano, di rapporti ambigui e amplessi tra donne e automobili dai quali le prime ne escono gravide - possa vincere una Palma d'Oro, è quasi impensabile. Proprio per questo quel trionfo ha addirittura più risonanza di quelli di The Square o de Lo Zio Bonmee che si ricorda le vite precedenti. C'è tantissimo dell'immaginario (con le dovute differenze e distanze) di David Cronenberg - di come fa dialogare carne e macchine e di come inquadra queste ultime, come esplicita quanto esse siano parte della nostra vita e del nostro corpo - o della follia visionaria di Shin'ya Tsukamoto, ma soprattutto c'è tanto cinema contemporaneo, c'è una visione fresca e intelligente. Titane somiglia a tutto ciò ma lo rimescola come mai prima. E di conseguenza, più che positivamente, non somiglia a nulla.

Al secondo lungometraggio dopo il bellissimo Raw (e una serie di interessanti corti alle spalle), Ducournau guarda sì al passato - l'aggancio a Crash è il più ovvio e facile - ma vira verso quello che oggi si tende a considerare come weird horror (Mandy con Nicolas Cage è uno degli esempi più pop), spiazzando con elementi talmente strani e grotteschi da generare reazioni imprevedibili. Tra tutti, le perdite della protagonista: non di sangue ma di olio motore. Che idea.

E laddove qualsiasi titolo simile avrebbe esagerato la componente ridicola di una storia sui generis o potenziato quella delirante e violenta, Titane invece costruisce una storia incredibile quanto naturale, in certi punti addirittura tenera. E cambia continuamente, partendo fortissimo e con un alto tasso di erotismo, procedendo con violenza e andando, rallentando e ammorbidendosi, verso territori a metà tra il dramma familiare e l'horror.

Il superamento dei codici e degli stereotipi

Ciò che però rende il film di Julia Ducournau sorprendente è la capacità di rivolgersi al classico per poi andare verso una fluidità di genere e di identità che lo rende modernissimo.

Dalla massima sessualizzazione femminile nel salone automobilistico al fingersi uomo, nascondendo se stessa e la gravidanza, comprendendo sia protagonista che spettatore quanto poco conti in quel determinato contesto e quanto sia debole il concetto di categoria sessuale o di genere (e la scena del sensuale ballo nella caserma ne è un esempio perfetto). È tutto, ancora, un problema di carne ma stavolta essa deve mutare, modificandosi dopo una serie di martiri fortissimi visivamente ed emotivamente. È Alexia ma è anche Adrien. E, per certi versi, è qualcosa di nuovo che rappresenta più nessuno dei due. E davanti a quell'uomo, simbolo del macismo esteriormente, ma debolissimo nel profondo, tutta la violenza verso gli altri e verso sé, diventa un sentimento più umano e familiare. Ducournau riesce in ciò anche grazie ai due suoi protagonisti, in perfetta sintonia e sempre intensi, capaci di riuscire a comunicare e recitare senza aprire bocca, grazie agli sguardi e ai corpi che raccontano infinite storie. Agathe Rousselle brilla, creando un ottimo ibrido densissimo e così strano, ma buona parte del peso lo regge un Vincent Lindon fuori scala. In questa relazione, da sfrontato, Titane diventa una favola moderna che racconta del viscerale bisogno di vicinanza - anche se illusoria - e mostra tutto il talento della sua autrice, che riesce con maestria a coniugare l'umano e il quotidiano degli affetti con la provocazione della carne, sensuale e/o orrorifica.

Il film però, purtroppo, si ferma sempre un passo prima dell'estasi, dove invece Raw riusciva leggermente meglio: di tanto in tanto strafà e si concede degli eccessi che, anche in un'opera così strana, sembrano corpi estranei se non cadute di stile, specie legate alle scelte della colonna sonora (quel finale così forte e denso di significato macchiato dalla scelta musicale).

Forse è questo il motivo che non ha fatto spiccare il volo e non ha reso un instant cult Titane, film sfilacciato e deforme che però piace proprio per questa sua contraddittorietà e per una travolgente e stupenda libertà di pensiero cinematografico, oltre ogni codice preimpostato e ogni senso del gusto. Julia Ducournau non è più un nome da tenere al mente per il futuro ma una grandissima autrice nel presente.

Titane Il secondo film di Julia Ducournau è inclassificabile, in costante mutamento durante tutta la sua durata e proprio per questo così moderno. Dal weird horror al dramma familiare, con qualche tocco d'ironia e alcune componenti horror e allucinatorie, Titane è uno degli esempi di un cinema contemporaneo slegato dalle convenzioni e dai codici tradizionali, libero e scombinato. Non ha niente di composto ma forse proprio per questo è così affascinante e riuscito. Merito non solo della mano di un'autrice ormai consacrata a livello internazionale ma anche dello sguardo e dal corpo dei suoi protagonisti, tra i quali spicca un Vincent Lindon intensissimo. Palma D'Oro al Festival di Cannes 2021.

8

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