Recensione Tir

Ecco il film che si aggiudica, a sorpresa, il Marc'Aurelio d'Oro al Festival Internazionale del Film di Roma 2013

Recensione Tir
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Da qualche mese Branko (di nazionalità croata) è passato dal lavoro di insegnante a quello di camionista. Una professione che lo impegna ore e ore e giorni interi al volante, costretto a vivere la sua vita all'interno dell'abitacolo di un Tir. Tra carico e scarico merci, tabelle di marcia al limite del possibile, e ritagli di tempo impiegati a mangiare un boccone o a ingegnarsi per una doccia, Branko prosegue senza sosta lungo strade e autostrade mentre la sua vita (o meglio quella degli affetti lasciati a chilometri di distanza) è tenuta in piedi grazie a poche e fugaci conversazioni telefoniche. Eppure, la pesantezza di un lavoro spossante unita allo stato di isolamento, sembra non scalfire la prova di resistenza posta in essere da Branko, determinato a procedere per quella strada che potrebbe assicurare più soldi e un futuro migliore a sé e ai suoi cari. Assieme a lui viaggia Maki, collega trentenne con un figlio a casa di soli tre anni, che è invece ben più esasperato dalle dinamiche di un lavoro che sembra spingere ogni esistenza fino ai limiti della sopportazione (fisica e soprattutto mentale). La distanza che separa materialmente questi camionisti in viaggio dalle loro vite diventa dunque uno spazio grigio scandito da giornate spese tutte su carreggiata e allietate solo da quelle piccole connessioni telefoniche dalle quali fa capo la vita, comunque troppo lontana per essere partecipata. Così un'uscita della moglie o la necessità del figlio di acquistare una nuova casa diventano per Branko momenti che assumono il doppio significato di labile connessione ai propri sentimenti e reale evidenza della loro privazione.

La vita percorsa come una lunga 'tratta' in solitaria

Pare che da qualche tempo a questa parte le vittorie dei festival nostrani siano unite da un (quantomeno singolare) fil rouge. Dalla vittoria di Sacro GRA a Venezia alla proclamazione di Tir quale vincitore del Marc'Aurelio d'Oro a Roma, la ‘logistica' delle nostre esistenze sembra avere infatti assunto un ruolo preponderante all'interno delle manifestazioni cinematografiche. Sarà forse perché le strade (vaste, intasate o dissestate che siano) che ogni giorno percorriamo per motivi di lavoro o puro svago sono un po' il punto di snodo delle nostre esistenze, o forse perché le stesse strade diventano ogni giorno di più qualcosa che toglie aria alle nostre vite, resta il fatto che questo crescente trend di interesse nei confronti di opere che parlano (direttamente o per perifrasi) delle vie di comunicazione ha sicuramente numerose chiavi di lettura. Qui in Tir, diversamente da Sacro GRA che raccordava le immagini di una manciata di esistenze sfruttandone la loro ‘comunanza' al ‘notissimo' raccordo anulare romano, Alberto Fasulo costruisce un docu-fiction ben più lineare dove l'occhio narrante segue a mo' di passeggero la quotidiana ‘impresa' del lavoro di camionista. La camera rompe infatti lo spazio privato per narrare da (molto) vicino e in tempo pseudo/reale le solitarie giornate (o in compagnia del suo copilota) di Branko attraverso una vita fatta per lo più di corsie e autogrill, orari di partenza e arrivo. La solitudine che avanza di pari passo con i chilometri macinati proietta così i protagonisti di Tir tra le ombre di una società che tende a omologare e numerare le esistenze privandole di un'umanità più sincera. Il senso di alienazione e crescente isolamento sperimentato nell'opera di Fasulo è infatti una riflessione su un ‘mestiere' non per tutti (ovvero quello dell'autotrasportatore), ma anche (più in generale) sulla fatica di percorrere ogni giorno la propria strada senza perdere di vista il tragitto complessivo. Senza dubbio non un capolavoro, Tir mostra comunque con grande dignità e anche coerenza registica la dura lotta che ogni giorno l'individuo ingaggia per combattere il senso di solitudine e abbandono provato nel percorrere in solitaria le interminabili ‘tratte' della vita.

Tir Alla ottava edizone del Festival Internazionale del Film di Roma il docu-fiction TIR di Alberto Fasulo, Tir, vince il Marc’Aurelio d’Oro. Una storia che parla di solitudine e alienazione con un linguaggio estremamente diretto e piuttosto funzionale. Molto probabilmente non il migliore dei film al festival, ma senza dubbio uno dei più ‘a fuoco’.

7

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