Recensione This time tomorrow

Shane Bisset alla vigilia della fine del mondo

Recensione This time tomorrow
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Prendete Shane Bisset, finora noto come assistente alla regia di quel mago che è Jonathan Demme. Mettetelo a scrivere e dirigere una storia su un ragazzo che, alla soglia del 21 dicembre e dell’ipotetica “fine del mondo”, decide di fare visita alla sua ex ragazza. Condite il tutto con un pizzico di magia, di regia particolarmente ispirata, immagini che fanno pensare a cornici fiabesche nel gelido candore natalizio di Philadelphia, ma con un soggetto altamente verosimile e capace di accostarsi alla vita di tutti noi. Amori amari, rancori sopiti, malinconie miste ad agrodolci sentimenti. In ballo c’è una deliziosa e intrigante commedia in cui chiunque può identificarsi. Insieme a “L'âge atomique” e a “China Heavyweight”, questo film è la sorpresa del Milano Film Festival. E in tutto il plot ricorda costantemente un magnifico film del maestro di Bisset: “Something wild” di Jonathan Demme, una commedia a tratti dramma senza pause, datata ’86, con Jeff Daniels e Melanie Griffith.

Una scommessa

La storia è semplice e piacevole: è il 20 dicembre, Stacey (Dave Coleman), studente alla Columbia University, decide di voler passare l’ultima notte prima della fine del mondo con la sua ex fidanzata, Parker (Jade Elysan). Tra un po’ di stupore e scetticismo, Parker pone una sfida a Stacey: scappare dal locale dove stanno cenando, senza pagare. E quando il timido, razionale e fin troppo educato Stacey riesce a farlo, per voler dimostrare a Parker di essere “davvero cambiato”, lei accetta di passare insieme le ultime ore della fine del mondo. Che automaticamente si trasformeranno in tutte le ventiquattr’ore del 21 dicembre, in un turbinio che riafferrerà la loro passione, i reciproci sentimenti e l’affetto, ma anche i rancori sopiti sotto la carne e i loro disagi. Ventiquattr’ore che esemplificano tutta la loro storia. Ventiquattr’ore in cui la coppia agirà in modo istintivo e naturale, vivendo in maniera rilassata e spontanea il proprio tempo insieme, dimostrando come si possa vivere serenamente quando la mente non vaga altrove, a frugare nell’ingombrante passato o nell’acerbo futuro. In questo romantico valzer intenerito dalle atmosfere sognanti di Philadelphia sotto il Natale si uniscono alcuni personaggi secondari: gli attori Chris Galanti e Timothy McDermott sono una coppia di eccezionali caratteristi, li incontriamo sempre al pub, spesso impegnati in stralunate ed eccessive conversazioni con voli pindarici sulla filosofia. Mary Sharples interpreta una ragazza easy going, piacevole e loquace, amica del protagonista, vista di mal occhio da Parker. Brendan McHugh, che è anche co-sceneggiatore del film, è un elettricista un po’ fumato, con un occhio di riguardo per Parker.
In questo puzzle ogni personaggio è verosimile e funziona molto bene. I dialoghi sono il fiore all’occhiello del film: mai banali eppure mai presi sul serio, sono sciolti e naturali, rapidi e serrati come un ping-pong tipico delle conversazioni da bar. La qualità che colpisce è come, pur risultando del tutto naturali, questi dialoghi siano allo stesso tempo così divertenti e comici, capaci di far ridere il pubblico, ma anche di svelare qualcosa di più profondo, spesso amareggiante. E anche quanto Galanti e McDermott discutono in maniera esilarante sul fatto che “ciò che per me è verde, potrebbe essere viola” “ma questo non ha senso! Il verde è verde”, si ricollega in modo lampante al rapporto tra i due protagonisti, alle loro diverse prospettive. Per la confusa Parker, il mio verde può essere il tuo viola. Per il debole Stacey, il verde è verde, punto.

UNA REGIA BEN CONFEZIONATA

Il plot si evolve nell’arco di una giornata. Ci fa sognare con il suo romanticismo, ma porta con sé il piccante ingrediente fondamentale: come andrà a finire? Si rimetteranno insieme? Ora dopo ora, la storia è scandita dallo scivolare nel baratro delle domande, dei dubbi che sempre rovinano un rapporto, così genuino quando invece i due pensavano solo al gioco dello stare insieme per l’ultimo giorno dell’umanità. Si toccano picchi profondi e commoventi quando, a una gara di racconti, Stacey è preso dall’ispirazione e racconta della sua infanzia, sempre con un sorriso. E ci piace lo spirito avventuriero dell’affiatata coppia, che scappa dai locali, che sale illegalmente sui tetti, che in una parola si fa trascinare. La macchina da presa compie un egregio lavoro, seguendo in modo discreto i personaggi e spesso giocando sulla profondità di campo. Così i nostri protagonisti si stagliano frequentemente in un lucidissimo primo piano, mentre tutto il resto è sfocato e lontano, si riduce a luci ed ombre. Meriti curati dal direttore della fotografia Jason Rihaly, che ha consentito a questo lungometraggio una riuscita estetica consona al soggetto. C’è qualcosa che torna frequentemente nel corso della storia: i momenti di contrasto della ex coppia, che anche in un semplice gioco come questo (trascorrere insieme l’ultimo giorno) ritrovano i vecchi attriti, sostanzialmente rendendo il film una sentita poesia sul decorso sentimentale, amori che nascono e si spezzano, che tornano e combattono. C’è tanta realtà in questa storia, ed è proprio per l’ammirevole capacità di Bisset nel miscelare una realtà, così intima per ognuno di noi, a una giusta dose di fantasiosi e piacevoli quadretti di romance, che il film è fondamentalmente la maggiore sorpresa tra quelli in competizione in questa succosa edizione del Milano Film Festival.

This time tomorrow La speranza è che questo film ottenga la distribuzione e i riconoscimenti che merita. Prodotto con poche risorse, il risultato è professionale, con nulla da invidiare ai prodotti hollywoodiani. L’esperienza, la passione e il gioco di squadra della crew ha permesso di realizzare, pur nella generale scarsità dei mezzi a disposizione, un buonissimo film, piacevole e indicato a più fasce di audience, ma con quella verosimiglianza e quell’amara realtà di fondo che lo rende indagatorio, quasi spietato. Merita di essere visto da tanto pubblico e da tanta critica. E di essere apprezzato.

7.5

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