Recensione The Wrestler

La lotta indomita di un uomo, sul ring e nella vita

Recensione The Wrestler
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Tre per uno

"Tu cancellerai ciò  che fino ad allora avrai scritto sul quaderno della tua vita: inquietudine , insicurezza, menzogna. E al posto di questa, scriverai la parola coraggio"Paulo CoelhoLa citazione dell'esimio poeta brasiliano esprime nel migliore dei modi la più pura essenza di The wrestler. Una (t)resurrezione mai così forte e profonda, che per una volta vede accumunati regista, attore e personaggio. Darren Aronofsky: non era andato giù a molti il passo falso del precedente The Fountain - L'albero della vita, in cui l'apprezzato autore di Requiem of a dream aveva condensato una serie di influenze, visive e filosofiche, in maniera del tutto confuso creando un calderone noioso e inspiegabile, la cui trama avrebbe messo in paranoia anche un folle genio come Lynch. Era perciò lecito, o quanto meno auspicabile, aspettarsi una rivincita, un come-back che lo riportasse agli onori delle cronache e della critica. Ha dichiarato di volersi reinventare, di cercare un progetto nuovo tale che lo ispirasse e dopo aver fatto molte ricerche è giunto a modellare la figura del protagonista su una maschera come Mickey Rourke.Mickey Rourke: poche volte personaggio e interprete sono stati così accomunati come in questo caso. Due vite simili che finiscono per intersecarsi, e la sofferenza espressa dall'attore è sicuramente memore del suo passato ed è tale da essere spontanea come non mai. Dopo il successo degli anni'80, la caduta a causa di alcool e droga, il suo percorso nei più squallidi tornei di boxe illegali sotto falso nome, lo hanno reso quello che è oggi. Una maschera, col volto pieno di cicatrici, ma anche un uomo rinato e pronto a dire di nuovo la sua nel Cinema che conta. E se a Venezia il Leone d'Oro è andato al film, è solo per un vizio di forma che non ha vinto il premio come miglior attore, in quanto i riconoscimenti principali non potevano essere assegnati alla stessa pellicola. E la candidatura all'Oscar non fa che confermare la potenza della sua prova, oltre le recenti vittorie ai Golden Globes e ai BaftaRandy "The Ram" Robinson: una leggenda negli anni'80 del wrestling professionistico. Ma ora, agli albori del nuovo secolo, solo un pallido ricordo del suo passato glorioso, costretto a barcamenarsi tra incontri di serie C, a vivere in una roulotte con costanti problemi economici e un lavoro poco stabile. E' innamorato di Cassidy (Marisa Tomei)  una spogliarellista ragazza madre, e ha un rapporto inesistente con la giovane figlia Stephanie (Evan Rachel Wood) che non vede da anni. Gli si presenta però una grande occasione, con la quale forse ritrovare sicurezza economica e riallacciare rapporti con le persone che ama. Un incontro d'eccezione, la rivincita dopo 20 anni con il lottatore Atalloyah, un evento atteso da molti. Ma Randy subisce un infarto dopo un incontro minore, e questo finisce per ledere tutte le sue certezze: è probabile che il suo ritorno sul ring coincida con la sua morte. Cerca così affetto e comprensione in Stephanie, che dapprima titubante decide di concedergli un'altra possibilità, e amore in Cassidy. Nonostante tutto comprende che il suo unico scopo nella vita è la lotta, intesa come fisica e morale, sul ring e nella vita, e non può sottrarsi alla sfida più difficile della sua vita: quella contro la morte.

IIMC

Inquietudine: L'infarto che colpisce Ram, ma non solo. La sua intera esistenza, colma di mancanze affettive e materiali, costringe il guerriero a compiere la sua missione, fino in fondo, anche se ne va della sua vita. L'impossibilità del lottatore di adattarsi ad una vita normale al di fuori degli scontri è l'esempio più fulgido di un uomo carico di dubbi e paure, che riesce a dimenticare solo se acclamato da una folla bramosa di sangue e violenza.Insicurezza: L'assenza di qualsiasi rapporto umano solido, di una scopo, è per il combattente forse il peggiore dei nemici, impossibile da sconfiggere, facile da accantonare. Quando le certezze che aveva appena costruito vanno in frantumi, Ram ricorda chi è veramente, un wrestler professionista, e nient'altro ha più importanza. Menzogna: Mentire a se stessi, adattarsi a regole di una società che non è propria. Il breve lavoro in un supermercato, a servire dietro un bancone, non è dignitoso per un uomo che ha fatto della Forza la base di tutto ciò che lo circonda. La comprensione del proprio essere è l'incipit che da il via alla sua più epica battaglia. Coraggio: E' il fine, è il raggiungimento della verità. In superamento di tutte le proprie paure, il ricongiungersi con la propria essenza primordiale. E di vivere come si è sempre voluto, senza debolezze che ne ledano il percorso. E' l'inizio e la fine, l'alpha e l'omega che circonda Ram da quando uscì dal ventre materno. La via del guerriero.

Caduta e resurrezione

Perchè analizzare così a fondo queste tematiche? La risposta è insita nella visione stessa. Un qualcosa che travalica il sentiero del cinema e ci conduce su un percorso umano di intensità tale da commuovere in più occasioni. Ram non è perfetto, anzi è pieno di difetti e non riesce a rimediare agli errori commessi. Ma è proprio in questa imperfezione che ci si avvicina a lui, da sentirlo vicino come fosse un vecchio amico. Già dai primi, struggenti minuti, si prova affetto per il protagonista, sopraffatto da una realtà dura e senza vie di fuga, nella quale cerca di sopravvivere nel meno peggiore dei modi. Sorrisi di circostanza, che non nascondono la sua profonda sofferenza, scacciata solo quando si trova in mezzo a un ring, dove i pensieri vengono cancellati dall'azione. I suoi unici, brevi, aliti di felicità sono in due singoli momenti con le persone a lui più vicine: la spogliarellista Cassidy e la figlia Stephanie. Ma si rivelano flebili anch'essi, sospiri in una tempesta. La vicenda si muove come una decadente, e suadente, ballata, trasformata poi in vera canzone da Bruce Springsteen all'inizio dei titoli di coda. Aronofsky è impietoso, spietato seppur amorevole nei confronti di Ram, cui Rourke dona anima e corpo in maniera incredibile, con una prova toccante e rabbiosa, con un malinconico orgoglio che non lo abbandona mai neanche nei momenti più duri. E' tutto giocato sulle piccole cose, come una breve partita a un vecchio Nintendo con un bambino, fatto apparentemente di poco conto ma di grande importanza per il protagonista. La macchina a spalla, da cinema indipendente, non abbandona mai Mickey e riesce a cogliere il più piccolo turbamento, il più piccolo movimento cui l'attore dona un'importanza epocale, dalle lacrime a un accenno di sorriso mai così "veri". Lo stesso amore, o surrogato di tale, che prova verso Cassidy (una splendida e bravissima Marisa Tomei, più bella oggi che vent'anni fa) è un rapporto tra reietti, tra due caduti per sfortuna o per necessità e che "vendono" il proprio corpo, seppur diversamente, al pubblico. La realtà del wrestling è vista "inside", e offre uno spaccato alquanto realistico della vita dentro e fuori dal ring, con tanto di medicinali e incontri "truccati", personaggi pittoreschi e mosse brutali. Una lode ancora maggiore a Rourke va fatta per aver realizzato tutte le scene senza controfigure, alcune di una violenza estrema, per entrare ancor più nel personaggio, procurandosi diversi infortuni durante le riprese. Una carica ferale accentuata ancor più dalla colonna sonora, che spazia a piene mani nei classici dell'hard rock / heavy metal più elettrizzante, da Balls to the wall degli Accept a Animal magnetism degli Scorpions. Musica forte e diretta, così come la figura che accompagna, un animale magnetico senza fronzoli e cedimenti in una lotta impari, ma mai persa, con il mondo. Non un eroe, nessun sacrificio, nessun gesto degno di lode: tutto ciò che Ram compie lo fa per se stesso, per ritrovare la propria anima perduta e cerca appigli troppo deboli per reggere il suo peso. Non è un uomo da ammirare, è solo lo specchio di una leggenda dimenticata, il ritratto malinconico di un reietto. Ma è proprio questo il fascino del personaggio, il motivo per il quale ci si trova a tifare fortemente per lui in ogni occasione, quasi si fosse a bordo del ring. Lo sguardo finale che Randy lancia alla ricerca di qualcuno, qualcosa, un intero universo e che non trova è il simbolo di tutto il film. Ricerca e perdizione, lotta e vittoria a qualsiasi prezzo. E si rimane fermi, in un muto silenzio a osservare lo schermo nero che precede i credits e la canzone del Boss. Infinetisimali istanti che sembrano minuti, giorni, anni tale il loro peso emotivo. Quasi due ore che lasciano il segno, indelebile, impossibili da dimenticare. La critica ha certo il compito di scrivere opinioni condivisibili o meno, futili o intelligenti. Ma in questo caso forse è tutto superfluo, e l'unico modo per comprendere la bellezza di The wrestler è attendere la sua uscita nei cinema nostrani. Dove tutte le parole saranno cancellate e le emozioni prenderanno vita, emergendo al pari di una leggenda che risorge.

The Wrestler Molte volte si spendono parole invano proclamando capolavori a destra e manca. Questo è uno dei casi in cui il termine non si usa a vanvera, ma con ragione. Nel suo apparente e voluto minimalismo da cinema indipendente, Aronofsky risorge come regista e dipinge un personaggio e una storia costruiti sulla straordinaria interpretazione di Rourke, che ha più di un'affinità col suo 'alter ego. Una pellicola potente, che arriva diretta e quasi feroce a colpire i sentimenti degli spettatori, poichè The Ram è una figura che raggiunge il cuore della gente, sia sul ring che nella vita. Mai smettere di lottare, qualsiasi sia il prezzo: questo scontro si è rivelato sicuramente una vittoria.

9

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