The Woman in Black, la recensione del film con Daniel Radcliffe

Daniel Radcliffe tra nebbia e fantasmi nel nuovo film dark The Woman in Black, la recensione.

The Woman in Black, la recensione del film con Daniel Radcliffe
Articolo a cura di

Un genere letterario che, seppur radicato in un'epoca ormai antica, non è mai passato di moda; un giovane regista alla ricerca di una storia di fantasmi; un attore che vuole allontanarsi dall'immagine che tanto lo ha reso celebre negli ultimi dieci anni e una famosa etichetta cinematografica alla ricerca del titolo adatto per rilanciare la propria immagine. Messi così di seguito, questi elementi non porterebbero mai al reale risultato finale, quel piccolo complesso gotico chiamato The Woman in Black che, segretamente, si pone l'obiettivo di far crescere Daniel Radcliffe, trasformandolo da maghetto dell'entroterra inglese in giovane avvocato vittoriano. Il film sembra essere nato principalmente da una voglia comune di mettersi alla prova e reinventarsi, a cominciare da Simon Oakes, produttore e presidente della storica Hammer.
"Una delle cose di cui discutevamo quando all'inizio abbiamo dato nuova vita alla Hammer era che l'horror è fatto di molti generi e sotto-generi, ma che recentemente la tendenza andava verso il body count horror. Noi invece volevamo esplorare un tipo differente di horror e, nonostante fossero stati realizzati un film per la TV e un'opera teatrale, vedevamo in The Woman in Black una grande opportunità di abbinare la ghost story di Susan Hill con un gusto moderno".
Chissà se saranno riusciti a realizzare i loro intenti...

Questioni da sistemare

Arthur Kipps (Daniel Radcliffe) è un giovane notaio inglese chiamato a risolvere i documenti della deceduta proprietaria di Eal Marsh House. Partito per il remoto villaggio di Crythin Gifford scopre che i suoi abitanti non sono tra i più affabili in circolazione: tutti lo guardano come lo straniero venuto a rovinare la consueta tranquillità e fanno di tutto per rimandarlo in città il prima possibile. Raggiunta Eal Marsh House, Arthur viene subito colpito dalla sua posizione remota e dal mistero che aleggia attorno alla proprietà: oscuri segreti segnano il passato degli abitanti del villaggio e il suo senso di disagio aumenta quando gli appare una misteriosa donna vestita completamente di nero. Quello che era cominciato come un classico lavoro di routine si trasforma presto in una caccia alla verità che lo conduce alla scoperta delle morti inspiegabili di molti dei bambini del villaggio. E più si avvicina a risolvere la questione, più la sua vita personale e quella del suo bambino rimasto a Londra vengono messe in pericolo...

Tra nebbie e fantasmi

Tratto dal romanzo omonimo di Susan Hill, pubblicato nel 1983, The Woman in Black è la classica storiella gotica costruita attorno ai più tipici cliché di genere. Il film, diretto dal giovane regista inglese James Watkins e adattato per il grande schermo da Jane Goldman (X-Men: L'inizio, Kick-Ass, Stardust), si presenta come un piccolo prodotto di nicchia che strizza l'occhio al settore più commerciale attingendo a un attore protagonista di forte richiamo. La storia si estende a tutto il tempo narrativo con semplice linearità, non ponendosi troppe domande sul perché dell'agire dei singoli personaggi. Seguendo quelli che sono i meccanismi tipici del romanzo gotico, tutto si muove secondo una propria logica sovrannaturale, prendendo motivazioni ed energie da concetti astratti che spesso funzionano più sulla carta che in pellicola. Difetti che però vengono surclassati dall'atmosfera generale del progetto che, pur non inventandosi nulla di originale sia a livello visivo che comunicativo, affascina lo spettatore con un abbondante uso di banchi di nebbia e candele la cui fiamma si muove nel vento, resi particolari grazie a una saturazione ben calibrata e mai cromaticamente cupa. Nulla che non si sia già stato visto o rappresentato nel passato ma che, proprio per questo, rievoca quelle situazioni del gotico vittoriano che sono, in sostanza, il cuore pulsante di tutto The Woman in Black. Watkins cerca di dare il suo personale punto di vista sull'horror, ormai sempre più diretto verso scene sanguinolente e incentrate sulla repulsione del guardare, cercando di ridare importanza ai racconti fatti di ombre e sospiri, meditazione e punteggiatura musicale. Un risultato piacevole quello raggiunto dalla produzione che, seppur non riuscirà a far tornare in auge un genere che cerca sempre più di uscire dalla nicchia in cui è intrappolato, di certo ammalierà chi di vecchie case diroccate e fantasmi avvolti nel tulle sente ancora il bisogno.

Provaci ancora, Daniel

La sinfonia finora costruita, tra alti visivi e bassi cognitivi, trova le sue note leggermente fuori corda in Daniel Radcliffe. Terribilmente desideroso di dare una nuova direzione alla sua carriera d'attore, fino a ora inevitabilmente legata all'immagine di Harry Potter, il giovane inglese continua ad offrire performance che, pur mantenendosi sulla sufficienza, non riescono pienamente a convincere. Non sono certo la sua giovane età e la sua aria leggermente spaesata, tutte perfettamente contestualizzate all'epoca, a rendere Arthur Kipps un personaggio con cui difficilmente entrare in simbiosi, quanto una limitata gamma espressiva che non riesce a colmare, con la recitazione, le brevi lacune di sceneggiatura. La sua, in ogni caso, non è l'unica interpretazione sufficiente del film: anche attori con una maggiore esperienza drammatica, come Ciaran Hinds, Janet McTeer e Liz White si muovono nella pellicola con performance a tratti superficiali e raramente ampiamente convincenti. Una situazione che porta quasi a chiedersi se la colpa non sia della limitata esperienza di un regista che, in fondo, ha ancora parecchia strada da fare.

The Woman in black The Woman in Black è il perfetto stereotipo del film gotico novecentesco: non reinventa nulla e non si sforza di farlo. Si presenta sul grande schermo senza troppi orpelli visivi, affidando le sue speranze di successo a un discreto comparto visivo e sonoro. James Watkins e Daniel Radcliffe devono sicuramente lavorare di più sulle personali voglie di esprimersi e distinguersi, ma possiamo affermare che il punto raggiunto con questo film, seppure non sia certo un successo, non può definirsi fallimentare. Le pellicola resta comunque un discreto prodotto soprattutto per tutti i nostalgici che di case stregate, cimiteri e anime in pena non ne hanno mai abbastanza.

6

Che voto dai a: The Woman in black

Media Voto Utenti
Voti: 33
5.5
nd