The Voyeurs Recensione: un Amazon Prime Original con diversi limiti

Nella nuova esclusiva della piattaforma di streaming, una coppia comincia a spiare i vicini del palazzo di fronte, ignara delle conseguenze.

The Voyeurs Recensione: un Amazon Prime Original con diversi limiti
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Il ruolo dello spettatore è da sempre assimilabile, in maniera platonica, a quello di un voyeur: osservare ancora e ancora storie di uomini e donne restando in disparte, poco importa che queste siano di finzione o meno. D'altronde è l'essenza stessa del Cinema quella dello sguardo, puntato a giudicare e riflettere su quanto sta accadendo su grandi e piccoli schermi, e il pubblico non deve certo farsene una colpa.

Grandi registi come Alfred Hitchcock e Brian DePalma, rispettivamente con due capolavori di diverse epoche come La finestra sul cortile (1954) e Omicidio a luci rosse (1984), si sono cimentati con il tema dei "guardoni", trasformando questa ossessione più o meno morbosa in perfette macchine tensive capaci di sopravvivere al peso del tempo. Ultimo esponente di questo torbido e affascinante sottogenere è The Voyeurs, nuovo original di un catalogo di Amazon Prime Video un po' deludente negli ultimi tempi, ma che almeno dalle premesse narrative intende accompagnarci in un contesto ricco di ambiguità.

The Voyeurs: casa dolce casa

L'intento di base non è adeguatamente supportato dalla relativa messa in scena e la stessa sceneggiatura si perde in risvolti non sempre convincenti. Ma andiamo con ordine e introduciamo la trama di questo nuovo viaggio nelle perversioni umane.

Al centro della vicenda vi è la coppia di giovani formata da Pippa e Thomas, i quali si sono appena trasferiti a Montreal in un nuovo appartamento, coronando finalmente il loro sogno. La dimora ha delle porte-finestre che garantiscono un'ampia vista sull'esterno e proprio tramite esse i due iniziano a spiare gli inquilini del palazzo di fronte. In tal modo i protagonisti scoprono il tradimento compiuto da uno dei suddetti "vicini", un fotografo che si diletta con le proprie modelle all'insaputa della moglie.
Pippa e Thomas cominciano così a sviluppare una sorta di vera e propria ossessione nei confronti dell'altra coppia, ma rischiano di essere trascinati a fondo da eventi sempre più incontrollabili che li porranno davanti alle proprie coscienze.

Una lunga attesa

La parte migliore è indubbiamente la mezz'ora finale, quando tutti i nodi vengono infine al pettine e il film si tinge di tonalità più amare e drammatiche, capaci di rinvigorire una narrazione altrimenti asettica e incolore. Gli stessi colpi di scena che si susseguono nell'ultima parte, per quanto poco verosimili, donano un po' di brio al racconto e giustificano certi sviluppi esposti in precedenza.

Il problema è che prima di arrivare a questi passaggi clou bisogna assistere a un'ora e mezza poco incisiva, oberata da una lentezza a tratti opprimente e vagamente lucida nello scavo psicologico dei due protagonisti principali, con le dinamiche di coppia spente sul nascere dalla scarsa alchimia dei relativi personaggi, dovuta sia a una caratterizzazione approssimativa che allo scarso feeling tra gli interpreti. Proprio a tal riguardo le performance di Sydney Sweeney e Justice Smith sono impalpabili, nonostante una sequenza erotica di discreta fattura. Più accattivanti invece le due nemesi, con Natasha Liu Bordizzo e Ben Hardy che sprizzano maggior carisma scenico.

Il regista Michael Mohan, anche autore dello script, è al suo terzo lungometraggio ma pur trovando un paio di soluzioni suggestive dal punto di vista visivo dimostra di non saper leggere, in quest'occasione, le potenzialità che una base di partenza tale poteva garantire al film, che diventa così come una bozza in attesa di completamento.

The Voyeurs Gli spunti ci sono, per quanto derivativi in un genere che per trovare nuove vie deve necessariamente prendersi qualche rischio. Ed è qui che un'operazione come The Voyeurs palesa i propri limiti concettuali, ruggendo solo in un finale a effetto sicuramente poco verosimile ma almeno dotato di un'energia crudele e beffarda, quella che manca nel resto delle due ore di visione. Il regista e sceneggiatore Michael Mohan allunga eccessivamente il brodo narrativo e non sviluppa appieno i rapporti tra le varie figure coinvolte, scambiando il morboso per il gratuito e latitando nella fase tensiva del racconto, che sfigura enormemente a confronto con i grandi classici del filone. Un film imperfetto, potenzialmente accattivante ma le cui ambizioni sono state rese vane dall'anonima messa in scena e da un cast altalenante.

5

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