Recensione The Visit

Il produttore di Paranormal activity Jason Blum e il cineasta di origini indiane M. Night Shyamalan si uniscono per mettere in piedi con The visit un pov ambientato durante le inquietanti vacanze di due ragazzini.

Recensione The Visit
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Prima che passasse al piccolo schermo per dedicarsi a un episodio del telefilm Wayward Pines, l'ultima volta che lo abbiamo visto al servizio della Settima arte fu nel 2013 per il post-apocalittico After Earth, interpretato da Will e Jade Smith e che provvide a smentire le voci che lo avrebbero voluto al timone delle due continuazioni del fantasy L'ultimo dominatore dell'aria, adattamento della serie animata statunitense Avatar - La leggenda di Aang.
Continuazioni che, probabilmente a causa del flop al botteghino registrato dal lungometraggio, non sono mai state realizzate e pare continueranno a non essere realizzate, considerando che l'indiano classe 1970 M. Night Shyamalan abbia deciso di tornare ad occuparsi di horror - genere che non frequenta dai tempi di E venne il giorno, se escludiamo le sue firme di soggettista e produttore di Devil - tramite The visit, prodotto al fianco dello stesso Jason Blum finanziatore, tra l'altro, delle saghe Paranormal activity, Insidious e Sinister.

Shyamalan activity

Un Jason Blum che, a quanto pare propenso ad alternare principalmente nella sua filmografia found footage e storie a base di manifestazioni fantasmagoriche e possessioni assortite, non sembra smentirsi neanche stavolta, in quanto non solo è attraverso la tecnica del pov che viene inscenata la vicenda dei due giovanissimi fratelli Becca e Tyler - rispettivamente con le fattezze di Olivia DeJonge ed Ed Oxenbould - lasciati dai nonni per una vacanza di una settimana nella loro fattoria in Pennsylvania, ma in essa non tardano a farsi vive nemmeno tematiche demoniache.
Perché, mentre la mamma incarnata dalla Kathryn Hahn di Come ti spaccio la famiglia si trova lontano, i due anziani Nana e Pop Pop - ovvero la televisiva Deanna Dunagan e Peter"Lincoln"McRobbie - cominciano a sfoggiare comportamenti piuttosto strani, come se nei loro corpi si fosse insediato il Maligno.
A partire dall'inquietante situazione che vede la donna impegnata a giocare a nascondino; man mano che, appunto, come nel succitato franchise di successo iniziato da Oren Peli, il tempo viene scandito dallo scorrere dei giorni.
Del resto, se da un lato l'autore di The sixth sense - Il sesto senso tende a rispolverare le sue consuete strutture basate su lunghe attese volte a condurre al consueto twist ending risolutore, dall'altro non può fare a meno di adeguarsi agli stilemi tipici dei mockumentari in salsa ghost story di produzione blumiana.
Ma, sebbene l'epilogo a sorpresa non appaia disprezzabile, ulteriormente complice l'accentuato clima di follia destinato ad emergere nel corso dell'ultimissima parte, è impossibile non ammettere che ci troviamo per l'ennesima volta dinanzi alla noiosa sequela di porte sbattute, personaggi che parlano guardando in camera con il fine di evidenziare l'effetto verità e spaventi improvvisi (e piuttosto telefonati) provocati da falsi allarmi.
Troppo poco materiale per poter giustificare l'acquisto del biglietto in un XXI secolo cinematografico popolato da spettatori sempre più esigenti e affamati di emozioni e nuove idee.

The Visit Cosa accade se il regista di The sixth sense - Il sesto senso M. Night Shyamalan incontra il Jason Blum finanziatore della saga Paranormal activity? Accade che prende forma con The visit un pov il cui unico scopo è porre lo spettatore in attesa del finale a sorpresa volto a chiarire i misteri relativi alla più o meno inquietante vicenda che sta visionando. Finale a sorpresa che, pur non esaltantissimo, si rivela l’unico aspetto interessante di oltre novanta minuti di visione piuttosto noiosi e tutt'altro che capaci di regalare innovativi spaventi.

5.5

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