Recensione The Unjust

Lotta senza codice d'onore tra due uomini pronti a tutto per vincere

Recensione The Unjust
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Sul sottile confine che lega il bene e il male Ryoo Seung-wan dirige un thriller tanto coraggioso quanto affascinante, che si distingue senza ombra di dubbio per una costruzione narrativa più complicata del previsto ma non per questo meno avvincente. Il regista coreano, ormai da diversi anni nella nicchia degli autori di culto dopo il successo di City of Violence, con The Unjust ci offre una delle sue prove più mature e allo stesso tempo controverse, e in tal modo capace di dividere il pubblico tra entusiasta sostenitori e rudi detrattori.

Demoni e dei

In Corea un serial killer sta seminando il panico uccidendo giovani studentesse. Uno dei sospettati, non collegabile per certo ai delitti, viene però ucciso durante un tentativo di fuga, e per le forze dell'ordine le cose si complicano inevitabilmente dinanzi agli occhi dell'opinione pubblica. Per evitare altri errori il capo della polizia sceglie di affidare il caso ad un suo uomo fidato, l'agente Chou (Jeong-min Hwang), ordinandogli di trovare un colpevole. Senza alcuna prova, e tramite l'aiuto di un malavitoso, il secondo sospettato della lista viene costretto con la forza a mentire e dichiararsi colpevole. Ma in tutto questo Chou non ha fatto i conti col procuratore distrettuale Joo-Yang (Ryoo Seung-bum), a sua volta corrotto da un imprenditore che è ai ferri corti col capo della polizia.

Lotta senza codice d'onore

C'è del marcio in Corea del Sud. In una storia dove praticamente le ombre sovrastano ininterrottamente le luci, The Unjust è uno di quei rari casi nel quale è difficile parteggiare per uno o per l'altro, tanto le crudeltà e gli intrighi di potere divorano le anime di tutti i protagonisti. Se la storia può apparirvi complicata, non preoccupatevi: lo è molto di più. Pur non svelando per filo e per segno lo svolgersi degli eventi, i fili dalla narrazione sono molto più ampi di quanto scritto nel precedente paragrafo, e anche lo spettatore più attento potrebbe perdesi qualche passaggio. Lasciando però da parte un comprensibile spaesamento iniziale, si viene catturati da quest'atmosfera cupa e dolorosa, dove rimorsi e rimpianti si alternano in un'orgia di spietata violenza, psicologica e fisica, cui vanno incontro Chou e Joo-Yang. Una sfida pericolosa tra due uomini determinati, che non tiene conto delle sofferenze altrui ma solo del proprio interesse personale tratteggiata con una raffinata introspezione psicologica che rende i due personaggi umani nella loro disumanità. Nel finale, in cui fine i conti vengono pagati, non si intravede nessuna liberazione dai demoni del passato, in un giro di sconfitte che rende, forse, un'illusoria giustizia alle vittime. Il vero assassino, così come le sue efferate gesta, rimangono sempre nell'ombra, in una sorta di sottofondo utile a dare il via al racconto ma poi pressoché ignorato dalla pellicola: una scelta voluta e originale che cerca di rinnovare il thriller coreano, genere ricco di titoli notevoli ma spesso pregni di dejavù. La regia asciutta di Ryoo Seung-wan, tesa come una corda di violino, è il mezzo migliore per esprimere questa battaglia tra uomini che si credono dei ma che come tutti sono costretti a pagare per i loro errori. Se con City of Violence, edito in home video anche in Italia, il regista aveva creato un riuscito ibrido tra commedia, azione e malinconia tipico della scuola di Hong Kong, in The Unjust crea con affidabile sicurezza un'Opera sfaccettata e non semplice, ma in grado di regalare diverse soddisfazione agli amanti più smaliziati del genere.

The Unjust Con The Unjust Ryoo Seung-wan porta una ventata di freschezza nel panorama del thriller coreano. Un film non semplice, duro e spietato, che vede una lotta senza pietà tra due uomini per cui la "vittoria" è l'obiettivo da raggiungere con ogni mezzo.

7

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