The Transporter Recensione: Jason Statham nel primo film cult della saga

Statham veste i panni di Frank Martin, antieroe su commissione, in un action movie adrenalinico, dove si vede tutta la mano del produttore Luc Besson.

The Transporter Recensione: Jason Statham nel primo film cult della saga
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Tre semplici regole: mai cambiare i patti, mai fare nomi e mai aprire i pacchi. Gli appassionati della saga sanno ovviamente già di cosa stiamo parlando, ovvero di quella Bibbia seguita dal protagonista di The Transporter, un Jason Statham che proprio qui ha trovato la definitiva consacrazione quale star del moderno cinema action. Il primo capitolo del franchise risale al lontano 2002 e ne torniamo a parlare in occasione della riproposizione televisiva in prima serata su Italia 1. D'altronde su queste stesse pagine potete già trovare la recensione di Transporter Extreme (2005), del terzo capitolo nonché del reboot datato 2015, e ci sembrava giusto chiudere il cerchio per offrire uno sguardo a tutto tondo sul personaggio di Frank Martin, antieroe tutto d'un pezzo che ha suo modo lasciato un segno nelle evoluzioni contemporanee del genere.

The Transporter: a tutto gas

L'inizio e non poteva essere altrimenti date le premesse ci "trasporta" immediatamente in un'escalation adrenalinica, con il Nostro al volante intento a seminare le forze dell'ordine per conto della banda di rapinatori dai quali è stato assunto. E sin dai primi secondi l'indole del protagonista viene (ri)marcata nella gestione della suddetta missione, giacché gli accordi erano stati cambiati in corsa e il suo rifiuto di agire in queste nuove condizioni permette alla sardonica verve ironica di far capolino.

La sceneggiatura infatti vive su questa perenne dicotomia tra l'anima coreografica, con Statham impegnato in evoluzioni muscolari e atletiche di ottimo livello che sfruttano anche il suo passato da tuffatore professionista, e una componente più leggera data dalla caratterizzazione sarcastica e sopra le righe del personaggio. Personaggio che non si fa scrupoli a usare la forza quando necessario e a eliminare chi potenzialmente scomodo salvo prendersi a cuore il salvataggio di persone a lui sconosciute: una figura nella quale convivono il bene e il male, che agisce d'impulso e d'istinto a favore di un racconto volto al puro e semplice intrattenimento.

Basi di partenza

The Transporter è non a caso prodotto e scritto da Luc Besson e la sua mano alla genesi si sente tutta, non soltanto nella regia di Corey Yuen - regista proveniente non a caso da Hong Kong, terra fertile che ha ispirato l'evoluzione della scena action mondiale dagli anni Ottanta in poi - ma anche nella messa in scena effettiva dell'azione, sempre in grado di sorprendere sia nelle sequenze con armi da fuoco che negli scontri a mani nude, vero cuore del film.

Basti pensare tra le tante ad una delle "scaramucce" nella mezzora finale, dove Frank si trova ad affrontare un gran numero di avversari su un pavimento cosparso d'olio, scatenante dinamiche inedite e assai divertenti. Statham è perfetto per il ruolo e se lo stesso non si può dire per l'anonima figura del doppio villain nonché per i comprimari, rimane invece impressa la presenza di una Shu Qi splendida quale radiosa spalla femminile, tanto per aggiungere un pizzico di romanticismo sui generis ad una vicenda che si concentra ad ogni modo con tutta se stessa sulla sua anima sfacciatamente ludica.

The Transporter Il film che ha lanciato la carriera muscolare di Jason Statham è forse quello invecchiato meglio della saga, capace di risultare tosto e convincente ancor oggi ad oltre vent'anni di distanza. Nel primo The Transporter si vede tutta la mano di Luc Besson, sceneggiatore e produttore, con il collega Corey Yuen che ne riprende stili e stilemi coreografici con ulteriori rimandi a quel cinema di Hong Kong che d'altronde aveva già ispirato il regista francese ad inizio carriera. Novanta minuti secchi e veloci, con un'azione ottimamente coreografata e varia al punto giusto, capace di sfruttare al meglio l'atletismo del suo protagonista nonché la sua verve ironica, affiancandogli inoltre una "bella da salvare" che ha il sinuoso fascino di una magnifica Shu Qi.

7

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