Recensione The Sound and the Fury

James Franco torna alla Mostra del Cinema di Venezia con la sua versione de L'urlo e la furia

Recensione The Sound and the Fury
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Le peculiarità della scrittura di William Faulkner, uno dei giganti della narrativa anglo-americana del ventesimo secolo, nonché un antesignano della letteratura postmoderna, lo rendono per forza di cose uno degli autori sui quali è maggiormente difficile operare una transcodifica dalla pagina al cinema. La penna di Faulkner, fonte di repentine epifanie, di abbacinanti folgorazioni e di uno stream of consciousness fra i più complessi ed affascinanti in cui il lettore possa avere l’ardire di addentrarsi, ha dato vita a romanzi straordinariamente innovativi, tanto nella costruzione drammaturgica quanto nelle modalità stilistiche. A cimentarsi nell’impresa a dir poco ardua della trasposizione di tali romanzi sul grande schermo è stato l’attore James Franco, sempre più prolifico anche sul fronte della regia. Dopo il documentario Interior. Leather. Bar., dedicato al controverso thriller di William Friedkin Cruising, e Child of God, adattamento di Figlio di Dio di Cormac McCarthy, in concorso al Festival di Venezia 2013, il divo nato a Palo Alto ha scelto infatti di portare al cinema, nell’arco di appena un anno, i due titoli più acclamati della produzione di Faulkner.

Il capolavoro di Faulkner al cinema

Dunque dopo As I Lay Dying, tratto da Mentre morivo e proiettato al Festival di Cannes 2014 nella sezione Un Certain Regard, James Franco ha realizzato la seconda parte del suo dittico faulkneriano, presentata fuori concorso alla Mostra di Venezia 2014: The Sound and the Fury, ambiziosa versione cinematografica del massimo capolavoro di Faulkner, L’urlo e il furore, pionieristico romanzo pubblicato nel 1929 e destinato a rivoluzionare i canoni della narrativa novecentesca (un tentativo analogo era già stato condotto nel 1959 dal regista Martin Ritt con il film L’urlo e la furia, interpretato da Yul Brynner e Joanne Woodward). La storia della tragica decadenza dei Compson, una famiglia aristocratica del Mississippi, devastata dai conflitti interni e dall’incedere della modernità, era raccontata da Faulkner mediante quattro punti di vista differenti, che frantumavano l’ordine logico e cronologico della vicenda per seguire piuttosto il libero fluire della coscienza da un personaggio all’altro. Franco, anche autore della sceneggiatura insieme a Matt Rager, recupera le prime tre sezioni del libro, ciascuna corrispondente ad una giornata vissuta tramite lo sguardo e i pensieri di un singolo protagonista, eliminando solo l’ultimo capitolo, dedicato a Dilsy, la serva di colore della famiglia Compson (un capitolo recuperato in parte nella terza sezione del film), e prova ad aderire quanto più possibile alla focalizzazione del romanzo di Faulkner.

La decadenza della famiglia Compson

A dispetto dei rischi elevatissimi insiti in un’operazione tutt’altro che semplice, e prescindendo da eventuali pregiudizi nei confronti di un regista / attore accusato spesso di prediligere una produttività bulimica rispetto all’attenzione per le singole pellicole, The Sound and the Fury si rivela un lungometraggio coraggioso in cui non mancano spunti originali ed accattivanti. Un film sospeso fra un’astrazione dai toni lirici, che più volte rasenta l’esercizio di stile (a livello di regia e di costruzione delle inquadrature, James Franco sembra volersi rifare con evidenza all’ultimo Terrence Malick, quello di The Tree of Life e To the Wonder), e la fedeltà quasi filologica nei confronti del testo di Faulkner, nella sua orchestrazione di una polifonia di voci narranti che si susseguono (e che, nelle pagine più sorprendenti dello scrittore premio Nobel, arrivano addirittura a sovrapporsi e a confondersi). Va rilevato che, purtroppo, Franco pecca di presunzione in fase di casting, riservandosi il ruolo di Benjy Compson, il figlio ritardato mentale del patriarca Jason Compson III: l’attore si abbandona infatti ad una performance gigionesca e sopra le righe, caratterizzata da incessanti grugniti, che in parte compromette la suggestiva messa in scena del Franco regista. Una messa in scena che, pur restituendo solo una frazione della profondità e della forza del magistrale capolavoro di Faulkner, si fa comunque apprezzare per il suo desiderio di sperimentare un linguaggio ibrido fra cinema e letteratura, oltre che per le convincenti prove attoriali di Jacob Loeb nel ruolo del tormentato Quentin e di un intenso Scott Haze in quello di Jason Compson IV, fratello autoritario che si sforza invano di frenare il processo autodistruttivo di una dinastia divorata da un tenebroso cupio dissolvi.

The Sound and the Fury Dopo la sua trasposizione di Mentre morivo, il regista, attore e sceneggiatore James Franco porta sul grande schermo l’altro capolavoro di William Faulkner, L’urlo e il furore, cronaca della decadenza di una grande famiglia di proprietari terrieri del Mississippi. Alle prese con una sfida estremamente ardua, Franco realizza un film diseguale ma affascinante, che tenta di aderire il più possibile alla struttura del romanzo di Faulkner in un precario equilibrio fra sperimentazioni stilistiche e fedeltà alla fonte letteraria.

7

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