Recensione The Ring 2

Lo spirito di Samara torna a perseguirare Naomi Watts e suo figlio in The Ring 2, sequel del remake horror firmato nel 2005 da Hideo Nakata.

Recensione The Ring 2
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Dopo i tragici eventi del primo film, Rachel e il figlioletto Aiden sono riusciti a rifarsi una vita nell'Oregon, dove pensano di essersi liberati per sempre dello spettro vendicativo di Samara. Quando però un ragazzo viene ritrovato morto in terribili circostanze, la donna capisce che l'incubo non è finito e, messasi ad indagare per conto proprio, riesce a distruggere la videocassetta da lei stessa copiata mesi prima. Ma il fantasma della bambina non tarda a manifestarsi nuovamente, prendendo questa volta possesso del corpo di Aiden; Rachel, nel frattempo sospettata ingiustamente di abusi sul figlio, dovrà mettersi sulle tracce della reale madre di Samara per capire come porre definitivamente fine alla maledizione.

Il pozzo e la bambina

L'assassino torna sempre sul luogo del delitto, a maggior ragione in un genere come l'horror, ma in quest'occasione non si può parlare di vero e proprio autoremake: Hideo Nakata, regista dei due capitoli originali del franchise nipponico, sbarca Oltreoceano per dare un seguito al remake di successo firmato tre anni prima da Gore Verbinski, trovandosi però alle prese con una storia totalmente diversa dalla seconda pellicola giapponese. The Ring 2 infatti si pone come ideale proseguo del precedente rifacimento, con la sceneggiatura nuovamente ad opera di Ehren Kruger che si trova costretta a forzare non poco i risvolti narrativi di una vicenda che aveva già trovato la sua aderente conclusione. Tornano i personaggi di Rachel e del piccolo Aiden e, naturalmente, l'inquietante Samara, ma il racconto non trova un corretto equilibrio tra paradossali autocitazioni e momenti casuali privi di un reale nesso logico, attacco dei cervi in primis. A cercare di porre rimedio ad una narrazione imperfetta ci pensa l'ispirata regia del cineasta giapponese, in grado di regalare squarci suggestivi: l'appena citata sequenza con protagonisti gli animali (realizzati in computer grafica), la stanza da bagno inondata d'acqua e l'ultima parte nella quale la giornalista entra letteralmente nella videocassetta, hanno un fascino suggestivo che riporta alle migliori atmosfere tipiche del cinema di Nakata, memore a tratti di un altro suo cult quale Dark Water (2002). Con una caduta in soggettiva prima dell'epilogo che strizza l'occhio al finale di Apri gli occhi / Vanilla Sky si conclude una visione che a differenza del predecessore evita quasi totalmente i facili spaventi preferendo puntare una costruzione tensivo-emotiva tutta giocata sul rapporto tra madre e figlio, trovando nella convincente performance di Naomi Watts il giusto appiglio per imporre credibilità anche ai passaggi più logicamente scoordinati, e l'ottima colonna sonora immerge in un mood teso e claustrofobico che garantisce soddisfazione visiva nella difficoltosa fuga dal pozzo all'origine del tutto.

The Ring 2 Con una sceneggiatura all'altezza ci saremmo probabilmente trovati ad un prodotto alla pari, se non superiore, al predecessore, vista l'ispirata regia del creatore della saga giapponese Hideo Nakata alla sua prima incursione hollywoodiana. Purtroppo però la resa stilistica e visiva del racconto, con una manciata di scene di grande impatto, non può nascondere gli evidenti difetti narrativi di una sceneggiatura basata su forzature ed improbabili istinti masochistici, che concentra l'attenzione sul rapporto genitore - figlio e non eccelle nella componente mystery, fin troppo anonima e paradossalmente riciclata. Ring 2 preferisce l'atmosfera al facile spavento, e i cento minuti di visione non sono privi di momenti suggestivi, ma chiedere di più era lecito.

6

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