Recensione The Program

Stephen Frears porta sul grande schermo la storia del grande campione di ciclismo Lance Armstrong, tra grandi trionfi e lo scandalo doping che ne ha distrutto il mito, facendo il giro del mondo.

Recensione The Program
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La dicotomia fra un'immagine pubblica dai contorni quasi leggendari, assurta a vessillo di vittoria e di speranza sia in campo sportivo che nell'ambito sanitario, e una verità troppo sordida e disturbante affinché le sia permesso di venire alla luce. È il conflitto che ha contrassegnato una delle più clamorose e drammatiche parabole dell'immaginario collettivo dello scorso decennio: la trionfale ascesa e la disastrosa caduta di Lance Armstrong, il ciclista texano che sconfisse il cancro e in seguito, fra il 1999 e il 2005, vinse per sette volte consecutive il Tour de France. Un record che all'epoca suscitò entusiasmi dentro e fuori i confini dell'America, trasformando Armstrong in una sorta di "eroe nazionale", fin quando il mito non rivelò la propria natura fallace e oscura: nel 2012, dopo anni di illazioni e di accuse più o meno velate, l'esplosione dello scandalo sull'utilizzo del doping nel ciclismo agonistico, con la conseguente squalifica a vita di Lance Armstrong e la revoca di tutti i suoi titoli, fino a quell'ammissione di colpevolezza in mondovisione, il 17 gennaio 2013, nel salotto di Oprah Winfrey, con una serie di "yes" a suggellare il definitivo crollo del mito.

The Armstrong Lie

Una vicenda paradigmatica, che già nel 2013 era stata raccontata sul grande schermo da un documentarista magistrale quale Alex Gibney nel film The Armstrong Lie, per poi costituire materiale narrativo anche per il cinema di finzione: e così, quasi a tempo di record, ecco arrivare The Program, una pellicola basata sul libro inchiesta Seven Deadly Sins, pubblicato nel 2012 dal giornalista del Sunday Times David Walsh (a cui presta il volto l'attore Chris O'Dowd). A firmare il copione è John Hodge, uno sceneggiatore che delle droghe si era già occupato vent'anni fa nel cult Trainspotting, mentre la regia è affidata a uno dei maestri del cinema inglese: Stephen Frears, reduce dal successo di un altro film del filone "based on a true story", l'ottimo Philomena. Se però in Philomena Frears si metteva al servizio di una sceneggiatura solidissima, capace di esplorare appieno sentimenti, motivazioni e conflitti dei suoi protagonisti, in The Program il regista non riesce del tutto a sopperire ai limiti di un copione non sempre convincente, che adotta un approccio semi-documentaristico, con una canonica cronistoria dei successi sportivi di Armstrong, senza però conferire ulteriori sfumature né al campione truffaldino, né agli altri personaggi in gioco.

Ascesa e caduta di un falso campione

A costituire il cuore pulsante del film, a conti fatti, è un bravissimo Ben Foster, che aveva già dimostrato il suo talento in Oltre le regole di Oren Moverman e che in The Program offre una performance di ammirevole intensità e mimetismo, in grado di restituire il carisma di Armstrong, ma anche e soprattutto la cieca determinazione, l'ambiguità e l'arroganza: quell'arroganza che, anno dopo anno, sarebbe sfociata nella hybris di un campione che si riteneva al di sopra dei codici morali e della legge sportiva. Ed è appunto su tale "delirio di onnipotenza" che vorrebbero soffermarsi Frears e Hodge, in quello che rimane l'aspetto più interessante di un dramma non privo di sbavature e di false piste: la vita privata di Armstrong è liquidata con la fulminea sequenza del suo matrimonio (un subplot abbandonato del tutto un istante più tardi), mentre la figura del medico corrotto Michele Ferrari risente del miscasting di Guillaume Canet e di un trattamento da "genio del male" che giova ben poco alla credibilità del film stesso (senza contare la scena del suo arresto, talmente assurda da rasentare il ridicolo). The Program, nella sua linearità addirittura eccessiva, lascia dunque il rimpianto per un'occasione colta solo a metà: un lavoro pulito, diligente, ma dallo sviluppo troppo didascalico per potersi sottrarre alle convenzioni di una qualunque docu-fiction.

The Program A dispetto di un protagonista validissimo come Ben Foster, capace di reggere sulle proprie spalle quasi tutto il peso del film, The Program sconta la difficoltà nel gestire una quantità di temi e di eventi che a fatica si lasciano comprimere in poco più di un'ora e mezza. Stephen Frears restituisce sullo schermo luci e ombre di questo antieroe contemporaneo, ma in più occasioni la sceneggiatura di John Hodge pare indecisa sul percorso da seguire, rinunciando ad un vigoroso approfondimento dei vari aspetti al centro della torbida storia di Lance Armstrong.

6.5

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