The Mask 2, la recensione del sequel

Un fumettista entra in possesso della maschera di Loki e anche il di lui figlio, appena nato, comincia a manifestare incredibili poteri.

The Mask 2, la recensione del sequel
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In The Mask 2 Loki è tornato sulla Terra per recuperare la sua maschera, concedente a chi la indossa straordinari poteri. L'artefatto viene trovato da Otis, il cane di Tim Avery, aspirante fumettista con il sogno ancora irrealizzato di sfondare nel settore. Mentre la moglie è intenzionata ad avere al più presto un bambino, Tim si reca a una festa di Halloween dopo aver accidentalmente indossato proprio la maschera, trasformandosi in un individuo dalla faccia verde e manifestando curiose peculiarità, che attirano l'attenzione del suo capo, determinato a creare una serie a fumetti sul personaggio. La sera stessa, tornato a casa e ancora sotto le influenze del magico oggetto, Tim mette incinta la compagna. Peccato che il prossimo nascituro, nato da uno spermatozoo contaminato dai poteri divini, dopo la nascita non tardi a manifestare anch'egli strabilianti doti di origini magiche, con il Dio dell'inganno pronto a intervenire per riavere ciò che è suo.

La fine della magia

Nella maggior parte dei casi i sequel non reggono il confronto con l'originale ma nel caso di The Mask 2 si è realizzato un vero e proprio disastro, di critica e di pubblico, con pochi eguali. Undici anni dopo il prototipo, senza la presenza della star Jim Carrey e del regista Chuck Russell, vede così la luce un titolo che prova a ricalcare la formula del precedente in una versione pensata a uso e consumo per un pubblico di bambini, a cominciare già dalla scelta di rendere il piccolo infante un vero e proprio co-protagonista del racconto, capace anch'esso di trasformarsi e dar vita a oggetti sempre più impensabili. Manca quella piacevole ironia citazionista in una narrazione che, come l'ha definita il compianto decano della critica statunitense Roger Ebert, "sembra una puntata di Wile E. Coyote e Beep Beep lunga novanta minuti".
Mancano inventiva e personalità in questo confronto a suon di mirabolanti battaglie tra il protagonista, interpretato da un anonimo Jamie Kennedy (pagante anche colpe non sue, in primis una caratterizzazione fin troppo sui generis), e il bizzarro villain Loki che prende il volto da un inutilmente gigione Alan Cumming.
La presenza di Odino quale figura ammonitrice, del cagnolino che indossa la maschera flirtando sulla scia di Lilli e il vagabondo, e il contorno sentimental/professionale inerente la vita del Nostro rivelano un background troppo debole per catturare l'attenzione del pubblico, e i soli effetti speciali, seppur più che discreti, poco possono per instillare almeno un minimo di divertimento che non si riveli una pessima copia del cult datato 1994.

The Mask 2 Non bastano i decorosi effetti speciali e una manciata di discrete invenzioni a tema per rendere The Mask 2 se non un film completo quanto meno accettabile. In questo sequel nuovo di zecca dal punto di vista tecnico e attoriale l'atmosfera si rivolge principalmente a un pubblico di età inferiore rispetto all'originale, con tanto di bambino (il titolo inglese non a caso è Son of the mask) a giocare un ruolo chiave all'interno della narrazione. La presenza di Loki quale villain e di Odino quale comprimario di lusso appaiono quantomai forzate e il protagonista con il poco carismatico volto di Jaime Kennedy impediscono di affezionarsi alla storia e ai personaggi.

4

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