The Lost City Recensione: una divertente avventura con Sandra Bullock

Il film, diretto da Aaron e Adam Nee, reinterpreta sul grande schermo un genere, regalando spassose risate senza osare troppo

The Lost City Recensione: una divertente avventura con Sandra Bullock
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The Lost City è il nuovo ed irriverente film diretto da Aaron e Adam Nee (The Last Romantic, Band of Robbers) che, in modo del tutto spassoso, prende in giro apertamente un genere che negli ultimi anni sta spopolando nelle sale di tutto il mondo, ovvero i titoli d'avventura. Abbiamo visto ultimamente tante declinazioni di questo filone, come la nuova serie cinematografica di Jumanji (vi consigliamo di dare un'occhiata alla recensione di Jumanji The Next Level), variabili derivative da altri media come Jungle Cruise (da un'attrazione tematica dei parchi Disney) e Uncharted (dal videogioco di Naughty Dog) e anche il tentativo di rilanciare uno storico franchise come Indiana Jones - è partita la fase di editing di Indiana Jones 5.

Ad un primo sguardo sembra che abbiamo già una ricca scelta senza per forza scomodare questa inedita pellicola, ma per quanto all'apparenza non ce ne sia affatto bisogno, lo stile comico perseguito e le risate generate, per quanto non siano rivoluzionarie o particolarmente creative, intrattengono genuinamente gli spettatori. Tra una situazione irriverente e l'altra, nel corso del film con Sandra Bullock e Channing Tatum si nota fortemente la versatilità e il talento degli attori in campo (sia comprimari che non), ma anche una fase conclusiva non proprio brillantissima. L'opera, prodotta da Paramount Pictures, 3dot productions, Exhibit A, Fortis Films con la distribuzione italiana di Eagle Pictures, è arrivata nelle sale italiane il 21 aprile 2022.

The Lost City: un ribaltamento radicale dei canoni classici

The Lost City si apre con la fantasia della protagonista, la romanziera rosa Loretta Sage (Sandra Bullock), che si concretizza vividamente, settando già i toni della storia, che dal primo minuto non si prende per nulla sul serio e, anzi, mano a mano che avanza alza sempre di più l'asticella dell'irriverenza.

La nostra eroina si trova casualmente catapultata in un'avventura più grande di lei, rapita da un pazzo miliardario (Daniel Radcliffe) e costretta a collaborare con il modello delle copertine dei suoi libri (Channing Tatum) per avere salva la pelle. Fin qui sembra tutto perfettamente in linea con quanto abbiamo visto in altri illustri lungometraggi, ma in realtà è nella caratterizzazione dei personaggi che bisogna individuare la differenze. Ogni archetipo narrativo è volutamente ribaltato: dalla protagonista goffa e inesperta, al magico e carismatico principe azzurro che viene colpito sulle chiappe da un'invasione di sanguisughe; dal sanguinario combattente dal nome ridicolo all'antagonista per nulla minaccioso. A sostenere in modo verosimile tali cambiamenti c'è anche un cast d'eccezione che si è messo in gioco per divertirsi e poi, in seconda battuta, coinvolgere il pubblico.

Se la scrittura dei ruoli è efficace, sono altrettanto riuscite le interpretazioni, in modo particolare, di Sandra Bullock, Brad Pitt, Channing Tatum e Daniel Radcliffe, grandi talenti votati questa volta ad una comicità scoppiettante e immediata che li vede adattarsi perfettamente ad un contesto non proprio nelle loro corde (anche se si sono già trovati in situazioni analoghe). Il risultato di questo capovolgimento ruolistico è veramente inaspettato e alle battute demenziali e scorrette si aggiungono espressioni ridicole, movimenti goffi e ingessati che regalano delle piccole perle di comicità che mai ci saremmo aspettati di vedere.

Una chiusura non proprio degna

Se pensate però di scoprire, con la visione di The Lost City, delle gag di livello sopraffino o anche il futuro della comicità sul grande schermo, siete fuori strada. Il progetto è volutamente privo di qualsivoglia ambizione e proprio grazie a tale obiettivo il divertimento è assicurato, perché non c'è nessuna velleità particolare se non quella di far divertire gli spettatori anche nel modo più rozzo e meno elegante (la scena dello spogliarello di Tatum è perfetta per descrivere questa attitudine).

In tal senso, se dobbiamo soffermarci sui singoli avvenimenti che accadono all'interno della pellicola o semplicemente sui passaggi narrativi, c'è da dire che è stato fatto in generale un buon lavoro, con una linearità funzionale alla storia trattata, una semplice avventura alla ricerca di un tesoro. La parte conclusiva del film, però, soffre di un appiattimento generale che va a toccare anche gli spunti comici che purtroppo non risultano riusciti e divertenti come quelli usati in precedenza.

Per quanto aspettarsi un finale esplosivo e straordinario sarebbe forse sembrato troppo, tenendo conto dello spirito del progetto, la chiusura della storia è priva di mordente e un pochino troppo banale, senza particolari ribaltamenti sia di scrittura che di regia. A livello registico e visivo, in The Lost City l'avventura viene narrata in modo intelligente giocando molto sull'implicito, con poche sequenze realmente d'azione, delle quali però non sentiamo per nulla la mancanza.

Il fascino del mistero, tra le varie battute, sopravvive grazie alla forza delle ambientazioni, alle prove che i nostri eroi sono chiamati ad affrontare e anche a scene spassosissime, concepite in modo assurdo e bislacco dalla macchina da presa. A livello tecnico, come anche per la sceneggiatura, i registi sono stati i primi a sbellicarsi dalle risate e questo loro continuo divertimento per fortuna si vede di continuo, con un'attitudine light e morbida alla materia, senza voler stravolgere, ma nemmeno imitare più di tanto.

The Lost City of D The Lost City è un'avventura scanzonata, un guilty pleasure comico che punta tutto sull'umorismo e su un cast che è pronto a non prendersi sul serio, ridendo di gusto e dando vita a personaggi spassosissimi. L'opera, a fronte di un copione lineare e ben costruito e una regia che elimina quasi del tutto combattimenti al cardiopalma, rallenta inesorabilmente nella parte finale, con battute pigre e non efficaci e una chiusura che purtroppo è del tutto contraria al ribaltamento visto qualche scena prima. Un lungometraggio che si lascia vedere e non vuole per nulla ambire all'eleganza formale, ma ad una più rozza e disequilibrata irriverenza.

7

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