Recensione The Lazarus Effect

Olivia Wilde ritorna dal mondo dei morti nell'esordio di finzione dell'apprezzato documentarista David Gelb: una storia sfilacciata che nonostante qualche breve sussulto scade nei più comuni leit-motiv del genere.

Recensione The Lazarus Effect
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Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato.Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».

Recita così la bibbia uno dei passaggi più famosi della vita di Gesù, relativo alla resurrezione di Lazzaro. Ed è proprio dal mito cristiano che prende ispirazione, sin dal titolo, il nuovo horror del documentarista David Gelb (Jiro e l'arte del sushi) al suo esordio in un prodotto di mera finzione. The Lazarus Effect, stroncato dalla critica americana, vede nel cast come assoluta protagonista la bella Olivia Wilde (Tron: Legacy) accompagnata da volti più o meno conosciuti come Mark Duplass (Zero dark thirty) e Sarah Bolger (I Tudors), senza dimenticare il breve cameo del grande Ray Wise (Twin Peaks).

Hard to be a god

Frank e la sua fidanzata Zoe, a capo di un team di ricercatori, fanno una scoperta incredibile creando in laboratorio un siero che permette di riportare in vita i defunti: il loro primo test, sperimentato sul cadavere di un cane, riesce alla perfezione, nonostante l'animale in seguito al "ritorno" dimostri comportamenti inquietanti. Quando il direttore dell'università che finanziava il progetto scopre però i risultati, decide di sospendere ogni attività per motivi etici. Frank e la sua squadra però non sono dello stesso parere e una notte si intrufolano di nascosto nel laboratorio per provare altri test. Durante il nuovo tentativo però Zoe rimane vittima di una scarica elettrica che la uccide sul colpo. Nonostante l'avversione dei suoi colleghi, Frank decide di sperimentare il siero sulla compagna deceduta, che risorge anch'essa. Ma sfuggita al regno dei morti, la donna non è più la stessa e inizia a manifestare inquietanti poteri...

Un breve supplizio

Una sceneggiatura dalle infinite potenzialità che si ritorce su se stessa in un'evoluzione banale e spesso illogica, con personaggi stereotipati che seguono il classico leit-motiv di certi horror nei quali "se muori è perché sei idiota". Andando a sfidare le leggi di Madre Natura infatti il gruppo di protagonisti si muove su soluzioni abusate e risvolti spesso poco credibili, in un lungo susseguirsi di tempi morti che appesantiscono il già esiguo minutaggio (75 minuti, titoli di coda esclusi). Gelb, che pur aveva dimostrato ottimi dote registiche nei suoi documentari, sembra perdere di vista le caratterizzazioni dei personaggi, per concentrarsi esclusivamente sulla componente di genere che, pur non brillando per originalità, riesce ad offrire qualche scorcio suggestivo supportata dai discreti effetti speciali. Con omaggi, più o meno voluti, a classici come Shining o la saga di Nightmare, in The Lazarus Effect qualche spavento è assicurato, ma il terrore vero e pulsante che un buon horror dovrebbe possedere è qui sbiadito e incapace di suscitare la giusta dose di tensione. A guastare ulteriormente l'immedesimazione ci pensano gli interpreti, e se Olivia Wilde è discretamente convincente soprattutto dopo la sua "trasformazione" (discreti gli effetti speciali in cui è "impegnata"), il resto del cast si mantiene su un livello di irritante anonimato.

The Lazarus Effect E' con l'epilogo che lascia le porte aperte ad un potenziale sequel che The Lazarus Effect fa veramente tremare di paura il pubblico pagante. Un titolo scialbo e banale che, nonostante qualche buona soluzione registica (ma dal pluripremiato documentarista Gelb ci si attendeva di più), si sfilaccia sin da subito in una narrazione forzata e frustrante, a cui non basta la magnetica bellezza di Olivia Wilde e uno sguardo alla serie B più sana per salvarsi dalle sue pecche di storyline.

4.5

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