The Last Stand - L'ultima sfida, recensione del film con Arnold Schwarzenegger

Il ritorno di Schwarzy protagonista! La recensione di The Last Stand, l'ultima fatica del mito anni ‘80.

The Last Stand - L'ultima sfida, recensione del film con Arnold Schwarzenegger
Articolo a cura di

Insieme a Sylvester Stallone, è stato negli anni Ottanta il mito del machismo reaganiano su celluloide, grazie a cult e classici del cinema d'azione del calibro di Terminator (1984) di James Cameron e Commando (1985) di Mark L. Lester, i quali hanno fatto parte della sua filmografia precedente al periodo in cui, nel decennio successivo, si è cominciato ad avvicinare alla politica.
Universo, quest'ultimo, cui si è dato totalmente nel 2003, dopo essere diventato membro attivo del partito repubblicano, per poi ritrovarsi eletto governatore dello Stato della California e riconfermato alla stessa carica tre anni dopo; lasciando sempre, in ogni caso, i suoi fan con la speranza di un suo ritorno allo schermo cinematografico.
Speranza che, al di là della sua apparizione non accreditata ne I mercenari (2010), diretto dal succitato Stallone, se ha cominciato a concretizzarsi in seguito al termine del proprio mandato tramite la partecipazione a I mercenari 2 (2012) di Simon West, si è finalmente trasformata in occasione di rivedere nelle vesti di protagonista il colosso austriaco classe 1947 Arnold Schwarzenegger grazie a questo The last stand-L'ultima sfida, primo lungometraggio girato in lingua inglese dal cineasta sudcoreano Kim Jee-Woon.

Uno sceriffo extra... e terrestre

Lungometraggio in cui concede anima e corpo all'implacabile sceriffo Ray Owens, il quale, abbandonata la polizia di Los Angeles a causa di un'operazione antidroga che gli ha lasciato solo rimorsi e ferite, ha deciso di continuare a portare avanti la propria professione in una tranquilla cittadina dell'Arizona al confine con il Messico.
Tranquilla, almeno, fino al momento in cui Gabriel Cortez alias Eduardo"Tesis"Noriega, il più letale e ricercato narcotrafficante degli Stati Uniti, riesce a fuggire dal convoglio-prigionieri dell'FBI, ritrovandosi inseguito dalla polizia federale guidata dall'agente John Bannister, ovvero il premio Oscar Forest Whitaker.
Nel corso di una lunga caccia all'uomo che, ovviamente, vede anche Owens impegnato a difendere il suo nuovo "paradiso", affiancato da un manipolo di leali alleati comprendenti, tra gli altri, il vice sceriffo Sarah Torrance, con il volto della Jaimie Alexander di Thor (2011), e lo scapestrato Lewis Dinkum.

Il segno del commando

Con le fattezze del Johnny Knoxville della serie Jackass, un folle personaggio che richiama vagamente alla memoria il Murdock di A-Team quest'ultimo, tanto che, a tratti, sembra quasi di trovarci dinanzi a un elaborato a firma del Joe Carnahan che ha provveduto a trasporre cinematograficamente il popolare telefilm interpretato da George Peppard e Mr. T.
Ma, chi ben conosce i precedenti lavori di Kim Jee-Woon, dall'horror Two sisters (2003) a Il buono, il matto, il cattivo (2008), passando per il noir Bittersweet life (2005), sa benissimo che il regista non rientra tra coloro che concedono immediatamente spazio all'alta spettacolarità; pur infarcendo, in questo caso, la prima parte della quasi ora e cinquanta di visione con cadaveri sparsi a seguito di piccole sparatorie e frenetiche scorribande automobilistiche probabilmente influenzate dalla saga Fast and furious.
Soltanto piccoli accenni d'azione che, scanditi dai tipici ritmi di preparazione, precedono il secondo tempo, all'insegna del movimento e delle emozioni, di quello che presenta a tutti gli effetti i connotati di un moderno western, immerso in polverosi scenari rurali e con possenti quattroruote "cavalcate" al posto dei cavalli.
Secondo tempo che, tra l'altro, vede maggiormente coinvolti sia l'imponente Schwarzy che l'indispensabile ironia, man mano che viene tirato in ballo anche uno scuolabus e si approda al lungo scontro finale orchestrato tra i campi di grano e un ponte.
Di sicuro, il momento più riuscito di un'operazione sì godibile e non deludente, ma che, sinceramente, lasciava sperare in qualcosa di molto meno modesto per l'attesissimo ritorno alla celluloide dell'Arnold maggiormente conosciuto nell'ambito dei possenti bicipiti.

The Last Stand - L'ultima sfida Occhio a dire ad Arnold Schwarzenegger “Il tuo tempo è finito, nonnino”, perché l’austriaco classe 1947, nei panni di uno sceriffo, sembra essere ancora in grado di sbarazzarsi di cattivoni dai modi poco gentili e altamente violenti (tra i quali il Peter Stormare di Fargo). Certo, per il ritorno sullo schermo, da protagonista, di colui che regalò battute memorabili e situazioni da antologia dell’action-movie tramite cult del filone quali Commando (1985) e Predator (1987), c’era da aspettarsi qualcosa di molto più esplosivo e sorprendente; ma, in ogni caso, il sudcoreano Kim Jee-Woon - autore de Il buono, il matto, il cattivo (2008) - confeziona un vero e proprio western moderno che, pur senza eccellere, non lascia delusi. Soprattutto grazie alla sua riuscita parte parte finale.

6.5

Che voto dai a: The Last Stand - L'ultima sfida

Media Voto Utenti
Voti: 15
6.3
nd