L'impero mediatico di Netflix, con la conseguente trasformazione del mondo dell'intrattenimento in quell'assurda macchina di visualizzazioni che oggi tutti conosciamo, deve molto all'estro creativo di David Fincher. Il regista per il quale negli anni si è formato una sorta di culto, autore di vere e proprie bombe culturali del calibro di Fight Club, ha infatti prestato più volte la sua inventiva alla società di Reed Hastings anche in veste di produttore: prima ancora di plasmare l'agghiacciante perfezione di Mindhunter, nel 2013 aveva contribuito alla creazione della prima serie tv made in Netflix, quell'House of Cards che proprio di recente è arrivato sul catalogo italiano della piattaforma (trovate qui tutte le serie Netflix di Novembre 2023).
Non deve quindi sorprendere come questo sodalizio continui a generare opere subito disponibili allo streaming, visto che soltanto tre anni fa abbiamo tessuto le lodi dell'accoppiata con la nostra recensione di Mank, ma è comunque una strana creatura la nuova pellicola del regista americano per la grande N. The Killer è a tutti gli effetti un cinecomic d'altri tempi, un film gravato da un soggetto a tratti troppo elementare, eppure il magnetismo delle sue immagini - unito a performance attoriali e musicali di caratura elevatissima - lo rende un'esperienza così appagante che è impossibile da odiare.
Uccidi, riscuoti, ripeti
L'assassino a cui Michael Fassbender presta il volto è semplicemente infallibile. La sua grandiosa capacità di troncare vite non è frutto di poteri sovrannaturali, né di particolari abilità maturate in seguito ad allenamenti continui e spietati, ma deriva dal semplice rigore di un professionista che non si affida mai alla fortuna. Lo studio della vittima è certosino, lungo e mai affrettato. Come un predatore senza ansia il killer analizza ogni singola possibilità dettata dall'ambiente circostante ed attende, calcolatore, finché tutte le variabili del caso non sono maturate in certezze. Solo in quel momento preme il grilletto, mai un istante prima.

Chi può permettersi i suoi servigi sa benissimo di affidarsi ad una fredda macchina dispensa-morte, ma l'universo è comandato dal caos, ed anche i migliori possono sbagliare. Un piccolo movimento inatteso impedisce al proiettile di raggiungere la testa alla quale era stato promesso, la preda è terrorizzata ma illesa, e la reputazione dell'assassino crolla.
La fuga rocambolesca dalla Francia precede la realizzazione che il mondo di questi mercenari al soldo del miglior offerente non è affatto incline al perdono, perché le conseguenze di un fallimento si ripercuotono sul killer e sulle persone che gli stanno vicino: ne origina una spirale di sanguinosa vendetta che porta il protagonista a visitare svariati Paesi, alla ricerca di un nuovo inizio su cui poter ricostruire la propria immagine di impeccabilità.
Una trama banale
Le scialbe premesse narrative, così come le prevedibili evoluzioni di una trama incapace di sorprendere un pubblico ormai assuefatto ai regolamenti di conti, provengono da una serie di fumetti francesi pubblicati a partire dal 1998. The Killer, scritto da Matz per i disegni di Luc Jacamon, racconta una storia violenta puntando tutto sul carisma dello scrupoloso protagonista, senza affannarsi nella ricerca di originalità o colpi di scena che infatti latitano fino all'epilogo.
È un soggetto peculiare quello scelto da Fincher, ben lontano dagli assurdi incastri di sceneggiatura che hanno reso memorabile la sua carriera, perché - oltre a trame indimenticabili - il regista di Denver ha sempre portato sullo schermo personalità complesse e stupefacenti. L'assassino della sua ultima opera è invece il solo protagonista di una trama lineare, la quale procede spedita dal punto A all'ovvio punto B, in una scia di sangue che tradisce la propria provenienza dal mondo dei fumetti con un look dal forte impatto visivo ed un carattere poco costante. Vestito come un ricco turista tedesco, e quindi evitato dai passanti che non vogliono mai interagire con questi burberi spendaccioni, il killer sconfessa la sua minuziosa presentazione iniziale lasciando che le proprie azioni vengano dettate dall'impulsività e dai desideri personali, assumendosi rischi enormi durante una caccia all'uomo che lo porterà a risalire la gerarchia del suo spietato ambiente lavorativo. In assenza degli irresistibili e disturbanti incroci che hanno puntellato le sceneggiature precedenti del regista, la produzione Netflix deve dunque affidarsi completamente alla visione di Fincher per risollevare un progetto arrivato fuori tempo massimo - The Killer segue per larghi tratti un canovaccio tematico che si è già esaurito con la saga di John Wick - ma, a differenza del facoltoso cliente visto nella pellicola, lasciare tutto nelle mani di questo artista delle immagini non è mai una scelta sbagliata.
La regia sensuale di Fincher
Che la base narrativa sia abbastanza lontana dai soliti lidi del regista appare chiaro quando si nota l'insolita propensione ai movimenti di camera ed al montaggio veloce, a differenza della classica rigidità espressiva di opere come Panic Room e The Social Network: le numerose soggettive, le riprese mobili ed un'ottima scena di combattimento archiviano nel frangente l'idea di "occhio sovrannaturale" che Fincher implica normalmente per la propria telecamera.
Il film-maker, utilizzando inquadrature fisse piazzate sempre nel miglior punto di osservazione, è solito calare lo spettatore nel ruolo del narratore onnisciente che osserva il dipanarsi della storia rimanendo al di fuori dalla stessa, ma con The Killer ci invita ad entrare nella vita, e nella psiche, del protagonista attraverso la prospettiva del sicario prezzolato. Sebbene la profondità del personaggio non permetta analisi interessanti dal punto di vista caratteriale - la costanza e la precisione suggeriscono l'ossessione, ma siamo ad esempio molto lontani dalla compulsione di La Casa di Jack, il lavoro di Von Trier che segue la stessa impostazione "personale" per il suo assassino -, la costruzione delle immagini segue schemi così precisi ed equilibrati che finisce col risucchiare all'interno della storia, in una sorta di vortice dal quale è difficile venirne fuori. La simmetria degli elementi a schermo, unita ad una fotografia che non ha paura di osare con i toni scuri della notte, si trasforma in vera dipendenza per occhi che vengono catturati dalle linee perfette di ogni singola scena, rendendo inclini al perdonare una trama sottile la quale ringalluzzisce soltanto per l'ennesima ottima interpretazione del suo attore protagonista.
Vicino alla freddezza analitica dell'androide già visto in Prometheus, Michael Fassbender si lascia ammirare non solo per le precise movenze del suo assassino, ma anche per l'impostazione vocale di una voce narrante che accompagna durante le due ore di visione. L'assoluta meraviglia tecnica dell'ultima produzione Netflix risplende infine con una colonna sonora superba: continua la duratura collaborazione tra David Fincher ed il duo Trent Reznor ed Atticus Ross, i quali regalano alla pellicola le solite sonorità aggressive e glaciali, ben sfruttate nel corso di una pellicola che sa quando far esplodere il lungo silenzio con la musica. Nota a margine per la scelta delle canzoni originali presenti durante la visione, perché il protagonista è solito concentrarsi con le note di Morrissey, e l'unione tra i Nine Inch Nails e gli Smiths dona un piacere unico alle orecchie desiderose di armonie complesse e rotonde.