Recensione The Incredible Hulk

Un mito che si rinverdisce.

Recensione The Incredible Hulk
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Cinecomics!

In questo 2008 davvero ricco e di un certo peso per quanto concerne le trasposizioni da fumetto trova spazio anche il nuovo “The Incredible Hulk”, particolare sequel del precedente “Hulk” diretto da Ang Lee. ‘Particolare’ in quanto il cast tecnico e artistico è stato quasi completamente rinnovato per l’occasione, e poiché la storia prende sì le mosse dal lungometraggio del 2003, ma si distacca, tuttavia, in alcuni punti.

Dove eravamo rimasti.....

Dopo i titoli di testa, che reinterpretano gli esperimenti condotti su Bruce Banner (Edward Norton) a Desert Base e le sue conseguenze, il nuovo regista Louis Leterrier (Transposrter 1 e 2) ci catapulta direttamente nel luogo dove il primo film si concludeva: il Brasile.
Senza infatti perdersi in troppi preamboli narrativi atti a spiegare l’origine del personaggio (che per tutta la durata del film non citerà due character chiave del prequel, David Banner e il Maggiore Glenn Talbot), ritroviamo il nostro riluttante “eroe” non più in veste di improvvisato dottore al servizio dei più poveri ma di un semplice operaio tuttofare in una malandata fabbrica di bibite energetiche. La nuova vita da fuggiasco di Banner è ricca di tre sole cose: privazione, ricerca -di sé stessi e di una cura per il proprio “male”, fisico e psicologico- e tanta, troppa solitudine, anche in mezzo ad una metropoli come Rio de Janeiro.
Bruce passa ben cinque anni in incognito, addestrandosi nella capoeira e nella meditazione, nel disperato tentativo di tenere a bada il suo “lato oscuro”, in attesa di trovare un antidoto alla sua anomalia genetica scatenata dai raggi gamma.
Nonostante tutti gli accorgimenti adottati, per un caso fortuito il nostro viene rintracciato dalle forze del Generale Ross, che in tutti questi anni non ha mai smesso di braccarlo. Sulle sue tracce “Thunderbolt” Ross sguinzaglia i migliori commando sul mercato, tra cui il veterano Emil Blonsky (Tim Roth), uomo che ha visibilmente dato tutto alla guerra, mentre la guerra gli ha regalato solo un cuore duro in cerca di emozioni forti. Ecco allora scatenarsi una “caccia all’uomo” dalle enormi proporzioni che si snoda tra il Sud America e la Grande Mela, con Bruce aiutato o ostacolato, spesso suo malgrado, da comprimari vecchi e nuovi, tra cui, naturalmente, Betty Ross, ex collega, figlia del suo acerrimo nemico e soprattutto, donna a cui il suo cuore è legato. Per tutto il film Bruce/Hulk non fa che scappare, in cerca di pace e redenzione per la sua “colpa” involontaria, in una fuga interrotta solo nella parte finale della pellicola, quando è lui a partire all’offensiva, pronto a scatenare il suo istinto e la sua rabbia, al fine di scongiurare la minaccia rappresentata dal titanico Abominio.

Rabbia verde.

Come il predecessore, The Incredible Hulk si presenta come un film di supereroi piuttosto atipico, incentrato com’è più sulla sottile psicologia dei personaggi che sull’azione e i superpoteri.
Il protagonista non è costretto a seguire la classica “via dell’eroe”, imbarcandosi in un’avventura che lo porterà a nuove vette di consapevolezza. Il suo è anzi quasi un percorso inverso che, dopo averlo portato a conoscere, nel primo film, cosa significa fare i conti con la propria coscienza repressa, la propria voglia di libertà, i propri limiti e il superamento degli stessi, si ritrova ora a voler tornare a vivere una vita normale, serena, e a ritrovarsi, riluttantemente, dopo anni passati a ricacciarla via, a dover far ricorso proprio alla sua parte peggiore per salvare ciò che ha di più caro. Ad accettarsi per come è, con i propri pregi e i propri difetti. Anche se ciò può alienargli le cose e le persone più care: a voler forzare se stessi se ne esce molto male, come vediamo nel suo antagonista principale.
Le scene di combattimento, seppure ben realizzate, non sono centrali nel film, andando a rappresentare, più che semplici ricettacoli di adrenalina -come accade di solito in questo genere di film- , la rappresentazione grafica dei sentimenti di rabbia e disagio dei protagonisti. La psicologia dei personaggi è decisamente ben curata, e sebbene i due Ross dimostrino alcune attitudini diverse rispetto al primo film (dove Betty era un personaggio complessivamente più pacato e compassionevole, mentre suo padre era più interessato alla sicurezza nazionale -e a quella della figlia- che non al segreto del dna del gigante verde) è interessante notare le similitudini tra due personaggi in teoria assolutamente distanti fra loro come Blonsky e Banner, soprattutto nel loro bisogno estremo di qualcosa che non c’è o non può essere, a contorno della propria solitudine senza rimedio, vero e proprio leit-motiv del film.
Bruce è infatti ancor più solo della maggior parte dei suoi “colleghi in calzamaglia” : la paura di fare involontariamente del male a qualcuno lo accompagna da sempre (fors’anche da prima di diventare Hulk) e si concretizza nell’impossibilità palese di poter avere un rapporto stabile con chiunque. Il reincontro con la donna amata non è infatti per lui motivo di gioia e sollievo, quanto di ulteriore sofferenza, ad averla vicino e non poterla tuttavia amare come vorrebbe. Come e più che in una comune rivisitazione de “King Kong” o “La Bella e la Bestia”.
E questo timore dei rapporti umani è ravvisabile, in diverse misure e modi, in tutti gli altri personaggi principali della storia.

Un cast azzeccato.

Le prove d’attore dei vari interpreti sono tutte assolutamente convincenti, e i momenti di sdrammatizzazione risultano piacevolmente spiazzanti.
Introspettivo quanto e più del film di Lee, la “creatura” di Le Terrier riesce tuttavia a farsi apprezzare senza punti morti e vagamente tediosi, complici anche le gustose gag o le citazioni piazzate sempre nel punto giusto atte a catturare l’attenzione dello spettatore.
Edward Norton e Liv Tyler sostituiscono egregiamente i precedenti Eric Bana e Jennifer Connelly, e Tim Roth restituisce bene l’immagine del soldato che non ha più niente da perdere, con la sua classica espressione strafottente e disincantata. William Hurt, infine, è ottimo nella parte del Generale in carriera, ed è, tra i tre protagonisti mutuati dal primo film, quello che meno fa sentire uno “stacco” di somiglianza fisica fra gli attori.
Da segnalare i tre cameo presenti nella pellicola: quelli immancabili del creatore del personaggio originale, Stan Lee (ormai presenza fissa in ogni produzione Marvel) e dell’inossidabile Lou Ferrigno (primo interprete cinematografico di Hulk, quasi trent’anni fa), nonché quello, inaspettato quanto gradito, di un attore baffuto che ultimamente ha avuto molto a che fare con la “Casa delle Idee”...
L’unica cosa che fa rimpiangere il regista taiwanese sono le inquadrature e la regia in generale, decisamente troppo d’accademia, senza un minimo di verve o sperimentalismo, che aveva invece caratterizzato il "vecchio" Hulk, con le sue inquadrature multi angolo che andavano incastrandosi e sovrapponendosi come le vignette dei comic book.

L'incredibile Hulk “The Incredible Hulk” non è un film per bambini, contrariamente alle aspettative. E non certo per la violenza mostrata nella pellicola. Spiace quasi che sia tratto da un fumetto, perché il suo interessante messaggio rischia di non venir compreso dalla maggioranza del suo potenziale pubblico, al quale viene fornito un prodotto di pregevole fattura ma poco consono alle aspettative dello stesso. Le notevoli, seppure poco originali scene di combattimento, per quanto belle, non rappresentano l’essenza del film, e il pubblico stesso si è abituato a giocattoloni ancora più rumorosi e spettacolari, come Transformers o Speed Racer. Però a noi amanti del buon cinema, di quel cinema che ha qualcosa da dire al di là degli effetti speciali, i “supereroi con superproblemi” cominciano a piacere sempre di più. Attendiamo ora volentieri i prossimi progetti Marvel in proposito, tra sequel, spin off e cross-over, come l’attualmente chiacchieratissimo “The Avengers”.

7

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